Corte di giustizia del 5 giugno 2023 nella causa c-204/21, commissione c. Polonia (indipendenza e vita privata dei giudici), ecli:eu:c:2023:442

- 19 Settembre 2023

SOMMARIO: 1. Massima. 2. Antefatto della causa. 3. Le motivazioni della pronuncia della Corte di giustizia.

Massima

Stato di diritto: la riforma della giustizia polacca di dicembre 2019 viola il diritto dell’Unione. Il valore dello Stato di diritto fa parte dell’identità stessa dell’Unione quale ordinamento giuridico comune e si concretizza in principi che comportano obblighi giuridicamente vincolanti per gli Stati membri.

Antefatto della causa

Nel 2017, sono state istituite due nuove camere all’interno del Sąd Najwyższy (Corte Suprema, Polonia), precisamente l’Izba Dyscyplinarna (Camera Disciplinare) e l’Izba Kontroli Nadzwyczajnej i Spraw Publicznych (Camera per la Revisione Straordinaria e gli Affari Pubblici).

Con una legge del 20 dicembre 2019 che ha modificato la Legge sulla Corte Suprema, entrata in vigore nel 2020, le suddette camere hanno ottenuto nuove competenze, in particolare l’autorizzazione all’avvio di procedimenti penali contro i giudici o la loro detenzione provvisoria. Inoltre, la Camera per la Revisione Straordinaria e gli Affari Pubblici ha ottenuto la competenza esclusiva per esaminare reclami e questioni di legge relative all’indipendenza di un tribunale o di un giudice.

Inoltre, secondo la legge di modifica, la Corte Suprema, compresa l’ultima camera menzionata, non può mettere in discussione la legittimità dei tribunali, degli organi costituzionali dello Stato e degli organi responsabili della revisione e della protezione della legge, né stabilire o valutare la legittimità della nomina di un giudice. Tale legge interviene anche sul concetto di responsabilità disciplinare da parte dei giudici, fortemente strumentalizzata.

La stessa legge di modifica ha anche emendato la legge relativa all’organizzazione dei tribunali ordinari, introducendo disposizioni simili a quelle che modificano la Legge sulla Corte Suprema. Essa stabilisce anche il regime applicabile a qualsiasi procedura penale avviata nei confronti dei giudici dei tribunali ordinari. Inoltre, richiede loro, così come ai giudici della Corte Suprema, di effettuare dichiarazioni riguardanti l’appartenenza a associazioni, fondazioni non a scopo di lucro e partiti politici, compresi i periodi precedenti l’assunzione della loro carica, e prevede che tali informazioni siano pubblicate online. Un gran numero di queste nuove disposizioni si applica anche ai tribunali amministrativi.

Considerando che, con l’adozione del nuovo regime disciplinare, la Repubblica di Polonia aveva mancato di adempiere agli obblighi derivanti dal diritto dell’UE, la Commissione europea ha presentato un ricorso per inadempimento degli obblighi dinanzi alla Corte di giustizia ai sensi dell’articolo 258 TFUE.

Nel giudizio pronunciato in quel caso, la Corte di giustizia ha confermato l’azione intrapresa dalla Commissione e la Polonia è stata condannata, con ordinanza provvisoria del vicepresidente della Corte del 27 ottobre 2021, a pagare alla Commissione una penalità di un milione di euro al giorno, importo poi ridotto a cinquecento mila euro al giorno, sino alla data della sentenza definitiva.

Il 5 giugno 2023, la Corte di giustizia, riunitasi come Gran Camera, ha in definitiva ritenuto che le nuove disposizioni nazionali contrarie al principio dell’indipendenza dei giudici garantita dalla seconda comma dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE insieme all’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, e che violino, inoltre, sia gli obblighi imposti ai tribunali nazionali nel contesto della procedura di rinvio pregiudiziale che il principio del primato del diritto dell’Unione europea. In aggiunta, le disposizioni che istituiscono meccanismi dichiarativi riguardo ai giudici e la pubblicazione online dei dati nelle modalità espresse dalla legge violano il diritto al rispetto della vita privata e il diritto alla protezione dei dati personali sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e nel Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (il “RGPD”).

Le motivazioni della pronuncia della Corte di giustizia

Innanzitutto, la Corte di giustizia ha ribadito che la sua autorità si estende al controllo dell’adesione di uno Stato membro ai valori e ai principi fondamentali contenuti nei Trattati, quali lo Stato di diritto, la tutela giurisdizionale effettiva e l’indipendenza del sistema giudiziario. Gli Stati membri devono conformarsi a tali obblighi derivanti dal diritto dell’Unione quando organizzano il loro sistema giudiziario. È altresì essenziale che evitino qualsiasi regressione nel rispetto dello Stato di diritto attraverso l’adozione di norme che possano mettere a repentaglio l’indipendenza dei giudici. Questo valore, cruciale per l’identità dell’Unione, comporta obblighi legalmente vincolanti che gli Stati membri non possono eludere basandosi su disposizioni o giurisprudenza nazionali, comprese quelle di rango costituzionale.

In secondo luogo, la Corte di giustizia ha ribadito la sua posizione, in linea con precedenti sentenze, secondo cui la Sezione disciplinare della Corte suprema non soddisfa il requisito essenziale di indipendenza e imparzialità. Pertanto, la Corte di giustizia ha concluso che il rischio che i giudici dell’Unione possano essere soggetti a decisioni della suddetta Sezione disciplinare, che potrebbe riguardare il loro status, le loro funzioni o questioni importanti relative ai loro diritti nel contesto del lavoro, della previdenza sociale o delle pensioni, costituisce una minaccia alla loro indipendenza.

In terzo luogo, la Corte di giustizia ha ritenuto che, date le disposizioni ampie e vaghe contenute nella legge di modifica segnalata dalla Commissione, unitamente al contesto particolare in cui tali disposizioni sono state adottate, queste potrebbero essere interpretate in modo tale da consentire l’utilizzo del regime disciplinare applicabile ai giudici e delle relative sanzioni per impedire agli organi giurisdizionali nazionali di valutare se un organo giurisdizionale o un giudice rispettano i requisiti di tutela giurisdizionale effettiva previsti dal diritto dell’Unione, eventualmente ricorrendo alla Corte di giustizia attraverso un procedimento pregiudiziale. Le misure adottate dal legislatore polacco in questo modo risultano inconciliabili con le garanzie di accesso a un giudice indipendente, imparziale e stabilito per legge. Di fatto, queste garanzie implicano che in determinate circostanze, i tribunali nazionali devono esaminare se loro stessi, i loro giudici o altri organi giurisdizionali soddisfino i requisiti stabiliti dal diritto dell’Unione.

In quarto luogo, il fatto che la legge di modifica conferisca a un unico organo nazionale (ovvero la Sezione di controllo straordinario e delle questioni pubbliche della Corte suprema) il potere di verificare il rispetto dei requisiti fondamentali relativi alla tutela giurisdizionale effettiva costituisce una violazione del diritto dell’Unione. Il rispetto di tali requisiti deve essere garantito in modo uniforme in tutti i settori di applicazione del diritto dell’Unione e in tutte le corti nazionali coinvolte in controversie rientranti in tali settori. Tuttavia, il monopolio di controllo introdotto dalla legge di modifica, unito all’istituzione dei divieti e delle infrazioni disciplinari menzionati, rischia di indebolire ulteriormente il diritto fondamentale a una tutela giurisdizionale effettiva previsto dal diritto dell’Unione.

Infine, secondo la Corte di giustizia, le leggi nazionali che richiedono ai giudici di presentare una dichiarazione scritta in cui indicano se sono membri di un’associazione, di una fondazione senza scopo di lucro o di un partito politico e che prevedono la pubblicazione online di queste informazioni violano i diritti fondamentali dei giudici alla protezione dei loro dati personali e al rispetto della loro vita privata. Nel caso specifico, la pubblicazione online di informazioni sulla precedente appartenenza a un partito politico non serve allo scopo dichiarato di rafforzare l’imparzialità dei giudici. Per quanto riguarda le informazioni sull’appartenenza dei giudici a associazioni o fondazioni senza scopo di lucro, queste potrebbero rivelare le loro convinzioni religiose, politiche o filosofiche. La pubblicazione online di tali informazioni potrebbe permettere a persone che cercano informazioni sullo stato personale del giudice in questione per motivi estranei all’interesse pubblico di accedere liberamente a tali dati. Considerando il contesto particolare delle misure introdotte dalla legge di modifica, la pubblicazione online di tali informazioni espone inoltre i giudici a rischi di stigmatizzazione ingiustificata, danneggiando la percezione sia da parte degli individui che del pubblico in generale.

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