
SOMMARIO: 1. Massima. 2. Svolgimento del processo. 3. Motivi della decisione. 4. Dispositivo.
Massima
Il porto in luogo pubblico di una bomboletta contenente spray a base di “oleoresin capsicum” (principio estratto dalle piante di peperoncino) integra la contravvenzione di cui all’art. 4, comma 2, legge 18 aprile 1975, n. 110, nel caso in cui le particolari circostanze di tempo e di luogo della detenzione depongano per la destinazione della “res” a finalità univocamente illecita (nella specie, in danno di soggetti rapinati) e del tutto incompatibile con quella di autodifesa, per la quale è normativamente consentito il porto in luogo pubblico.
Svolgimento del processo
La Corte di Appello di Roma confermava la sentenza di condanna nei confronti di due imputati ritenuti responsabili di due episodi di rapina aggravata, lesione personali, nonchè della contravvenzione disciplinata dall’art. 4, comma 2, legge 18 aprile 1975, n. 110.
In particolare, agli imputati era stato contestato, inoltre, di aver portato al di fuori della loro abitazione una bomboletta spray contentente il principio attivo “oleoresin capsicum”.
In conseguenza dell’uso dello spray, gli imputati riuscirono a impossessarsi di una borsa della persona offesa cagionandole anche una lesione personale diagnosticata in “iperemia congiuntivale da spray al pepperoncino”.
Fra i molteplici motivi dedotti nel ricorso per Cassazione, gli imputati censuravano le decisioni di merito sicché la condanna sarebbe stata inflitta in violazione di legge, giacché il porto della bomboletta al di fuori dell’abitazione era da rintenersi consentito per legittima difesa.
La questione di diritto sottoposta al vaglio della Cassazione è chiara e ha un impatto particolarmente incisivo perché perimetra ciò che può essere detenuto e portato all’esterno della propria abitazione ai fini di autodifesa; si tratta, dunque, di una materia di estrema attualità.
Motivi della decisione
(…)
La Corte di Cassazione esplora i referenti normativi sottesi al porto e all’utilizzo delle bombolette spray contenenti oleoresin capsicum, evidenziando come il D.M. n. 103/2011 del Ministero dell’Interno, recante “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica“, qualifica questi strumenti di per sé inoffensivi a condizione che siano connotati da specifiche caratteristiche tecniche (in dettaglio, devono: a) contenere una miscela non superiore a 20 ml; b) contenere una percentuale di oleoresin capsicum disciolto non superiore al 10 per cento, con una concentrazione massima di capsaicina e capsaicinoidi totali pari al 2,5 per cento; c) la miscela erogata dal prodotto non deve contenere sostanze infiammabili, corrosive, tossiche, cancerogene o aggressivi chimici; d) essere sigillati all’atto della vendita e muniti di un sistema di sicurezza contro l’attivazione accidentale; e) avere una gittata utile non superiore a tre metri).
In assenza di tali requisiti – da accertarsi previa verifica giudiziale – la bomboletta spray è considerata uno strumento atto ad offendere la cui detenzione integra la fattispecie ex art. 699 c.p., come tra l’altro già deciso in pregresse pronunce di legittimità (cfr. Cass. pen., sez. 1, 10 febbraio 2021, n. 15083, per cui “Integra la contravvenzione di porto abusivo di armi, di cui all’art. 699 c.p., il porto in luogo pubblico di una bomboletta contenente “spray” urticante a base di “oleoresin capsicunn” che non rispetti le caratteristiche stabilite dal decreto ministeriale 12 maggio 2011 n. 103”).
Nel caso in esame, invece, il Pubblico ministero non aveva contestato agli imputati il reato ex art. 669 c.p. (invero, non aveva disposto alcun accertamento tecnico sulla bomboletta spray sequestrata), ma aveva ritenuto integrata la contravvenzione di cui alla l. n. 110 del 1975, art. 4, sul rilievo che il porto sarebbe stato ingiustificato per circostanze di tempo e di luogo.
La Cassazione, con motivazione succinta e diretta al fulcro della questione, rammenta che la contravvenzione ex art. 4 l. n. 110/75 distingue due categorie di oggetti: quelli indicati specificamente nella prima parte dell’art. 4, comma 2, sono equiparabili alle armi improprie, per cui il loro porto costituisce reato alla sola condizione che avvenga “senza giustificato motivo”, mentre per gli altri oggetti, non indicati in dettaglio, cui si riferisce l’ultima parte della citata disposizione, occorre anche che appaiano “chiaramente utilizzabili, per le circostanze di tempo e di luogo, per l’offesa alla persona”.
Dunque, a prescindere che la bomboletta spray urticante al peperoncino sia conforme alle caratteristiche del richiamato decreto ministeriale, è innegabile che rimanga comunque uno strumento ontologicamente e funzionalmente deputato a recare (anche) offesa alla persona.
In altre parole, gli spray al peperoncino costituiscono senza ombra di dubbio dei validi ausili per evitare o interrompere aggressioni, ma se usati per aggredire anziché per difendersi perdono quella destinazione finalistica che imprime al porto il carattere di liceità, diventando strumenti pienamente idonei a vincere resistenze al fine di commettere o rendere più agevole la commissione di reati, tra i quali notoriamente rientra proprio quello di rapina di natura plurioffensiva, poiché viene in rilievo anche la lesione della libertà morale e/o dell’integrità fisica del soggetto verso cui è esercitata la violenza predatoria, avendo l’uso della bomboletta un’idoneità a neutralizzare, per un tempo apprezzabile, le capacità di difesa della vittima.
Traendo le proprie conclusioni, la Corte di Cassazione precisa che laddove non ricorrano le condizioni per contestare il reato di cui all’art. 699 c.p., per la cui configurazione occorre fare applicazione del combinato disposto della l. n. 110 del 1975, art. 2, comma 3, e D.M. n. 203 del 2011, art. 1, comma 1, che prefigura una condotta illecita ancorata alle caratteristiche di offensività degli strumenti di autodifesa fondati sull’uso di capsaicina (su cui si impone un accertamento giurisdizionale da parte del giudice del merito), nulla osta alla possibilità di contestare la contravvenzione ex art. 4, comma 2, l.n. 110/75, qualora le particolari circostanze di tempo e di luogo depongano per un porto univocamente finalizzato a finalità illecite e del tutto incompatibile con quello della difesa legittima per cui è normativamente consentito.
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Dispositivo
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.