
SOMMARIO: 1. Massima. 2. Svolgimento del processo. 3. Motivi della decisione. 4. Dispositivo.
Massima
In tema di legittima difesa, prevista dall’art. 52 c.p., non può ritenersi vi sia un difetto di proporzionalità della reazione del soggetto aggredito solo per i più gravi esiti che la medesima ha avuto sull’aggressore.
Svolgimento del processo
L’imputato era assolto dal delitto di lesioni, commesse in concorso con il fratello all’epoca minorenne, in danno di , dal quale erano all’esito derivate lesioni guaribili in giorni trenta.
Propone ricorso immediato per cassazione contro l’indicata pronuncia assolutoria il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale lamentando inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 52 c.p.
A fondamento della doglianza è evidenziato che: l’imputato si era posto volontariamente, accorrendo sul posto su richiesta del fratello, nella situazione di pericolo; non sussisteva la necessità della reazione in quanto egli avrebbe potuto darsi alla fuga o organizzare una difesa non violenta rispetto all’aggressione; mancava, ad ogni modo, la proporzionalità della reazione, stante anche le più gravi lesioni riportate, che pure aveva aggredito per primo, sferrando un pugno all’imputato.
Motivi della decisione
(…)
Gli elementi valutati dalla Corte di Cassazione possono essere così evidenziati:
– in via preliminare la Corte ha ritenuto infondato il ricorso in quanto non può ritenersi che l’imputato si sia posto volontariamente in una situazione di pericolo, poiché egli è solo accorso in loco su richiesta del fratello essendosi recato presso casa loro tre ragazzi, tra i quali la persona offesa, per chiarire alcune questioni, ciò che aveva determinato nello stesso un ragionevole stato di timore. Di talché non ricorre la determinazione volontaria dello stato di pericolo che esclude la configurabilità della legittima difesa per difetto del requisito della necessità della difesa, nel senso che l’esimente non è applicabile a chi agisce nella ragionevole previsione di determinare una reazione aggressiva, accettando volontariamente la situazione di pericolo da lui determinata;
– inoltre, la reazione dell’imputato era corredata dal requisito della necessità anche sotto l’ulteriore profilo dell’impossibilità o, comunque, della concreta difficoltà dello stesso di darsi alla fuga o di reagire con altre modalità pacifiche, alla presenza di altri due soggetti che si trovavano sul posto con la persona offesa e che avrebbero ragionevolmente impedito la fuga ovvero impedito di inibire l’ulteriore protrarsi dell’azione aggressiva. Sul punto, sussiste il requisito della necessità quando l’aggredito non ha la possibilità di sottrarsi al pericolo se non offendendo, a sua volta, l’aggressore e, quindi, quando si trova nell’alternativa fra il reagire ed il subire.
È stato precisato che il metro con il quale dev’essere valutato il suddetto criterio è quello relativo e non assoluto perché si deve tenere conto di tutte le circostanze del caso concreto (mezzo difensivo a disposizione, forza fisica delle persone coinvolte, condizioni di tempo e di luogo, modalità dell’aggressione, ecc.); onde è comprensibile come una stessa reazione, mentre può risulta giustificata per un individuo debole ovvero in certe condizioni di tempo e di luogo, può invece non apparire più tale per una persona fisicamente robusta ovvero in presenza di diverse condizioni spazio temporali;
– infine, con riferimento alla proporzionalità della reazione, va osservato che, ferma l’identità dei beni giuridici tutelati, è emerso nel corso dell’istruttoria svolta nel giudizio di primo grado, per come versata nella sentenza impugnata, in parte qua non attinta dal ricorso del Procuratore della Repubblica, che l’unica azione aggressiva dell’imputato nei confronti della persona offesa è consistita in quella, eguale e contraria, posta in essere per prima dalla stessa, ossia nello sferrargli a propria volta un pugno a mani nude. La proporzione sussiste quando il male inflitto all’aggressore è inferiore, eguale o tollerabilmente superiore, al male da lui minacciato.
Non basta cioè che il soggetto si trovi nella necessità di difendersi e nella impossibilità di farlo se non con l’offesa arrecata, ma occorre che questa non sia sproporzionata al male che si vuole evitare.
La valutazione fra la difesa e l’offesa va effettuata in relazione sia ai mezzi usati, ed a quelli a disposizione dell’aggredito, che ai beni giuridici in conflitto: di conseguenza, nel raffronto tra il bene di un aggressore e il bene di un aggredito il requisito della proporzione viene meno, nel caso di beni eterogenei in conflitto, quando la consistenza dell’interesse leso, quale la vita e l’incolumità della persona, sia enormemente più rilevante, sul piano della gerarchia dei valori costituzionali e di quelli penalmente protetti, dell’interesse patrimoniale difeso, ed il male inflitto all’aggredito abbia una intensità di gran lunga superiore a quella del male minacciato.
Talché non può ritenersi vi sia un difetto di proporzionalità della reazione solo per i più gravi esiti che la medesima ha poi avuto sulla persona offesa.
(…)
Dispositivo
Dichiara inammissibile il ricorso.