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Cass. Civ., SS.UU., ud. 21 novembre 2023 (dep. 13 febbraio 2024), n. 3925

- 11 Marzo 2024

SOMMARIO: 1. Massima. 2. Svolgimento del processo. 3. Motivi della decisione. 4. Dispositivo.

Massima

In tema di servitù prediali, la norma ex art. 1027 c.c. non impedisce la possibilità di costituire, mediante convenzione, una servitù che abbia ad oggetto il parcheggio di un veicolo su un fondo altrui, purché dall’esame del titolo e dalla verifica della fattispecie concreta, emerga che tale facoltà consista in un vantaggio in favore del fondo dominante strumentale alla sua migliore utilizzazione.

Svolgimento del processo 

Nel 2016 V.F. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Venezia, la società A. s.r.l, proponendo domanda di nullità della servitù “di parcheggio temporaneo, transito e manovra di automezzi in genere” costituita con atto per notaio R.P., dai signori E.Z. e U.S. a carico dei loro mappali, specificati nel detto atto, alienati a parte convenuta.

Il Tribunale, con sentenza n. 1348, rigettava integralmente la domanda attorea.

V.F., pertanto, proponeva appello, dinanzi alla Corte d’Appello di Venezia, avverso la sentenza di primo grado che lo vedeva soccombente.

La Corte d’Appello confermava l’esito del giudizio di primo grado, rigettando integralmente l’appello.

La conferma del rigetto della domanda di nullità del contratto costitutivo di servitù prediale era stata motivata dalla Corte alla stregua dei seguenti passaggi:

– l’appellante V.F. aveva acquistato l’immobile dai sig.ri E.Z. e U.S. ben sapendo dell’esistenza della servitù;

– la servitù non poteva, in alcun modo, qualificarsi irregolare in quanto, dalla chiara lettera dell’atto costitutivo, era possibile ricavare la predialità;

– l’eccezione di nullità della servitù doveva ritenersi infondata, in quanto essa restava comunque un’utilità residua per il fondo dominante;

– l’appellante non aveva dato adeguata prova della carenza di utilità della servitù;

– sussistevano, in ogni caso, tutti i requisiti tipici della servitù.

Avverso la sentenza d’appello, V.F. proponeva Ricorso per Cassazione articolato in cinque motivi. Resistevano con separati controricorsi la società A.  s.r.l. e il Notaio R.P. (che era stato chiamato in garanzia da parte convenuta nel giudizio dinanzi al Tribunale); gli alienanti, sig. ri E. Z. e U. S. (anch’essi chiamati in garanzia da parte convenuta nel processo di primo grado), rimanevano intimati in questa sede.

Con istanza, proposta ai sensi dell’art. 374, co 2, c.p.c., il ricorrente chiedeva al Primo Presidente della Suprema Corte di assegnare il ricorso alle Sezioni Unite al fine di dirimere il contrasto giurisprudenziale, formatosi nel corso del tempo, in merito alla facoltà di costituire servitù prediali di parcheggio.

Motivi della decisione

(…)

In via preliminare all’esame dei motivi del ricorso principale, risulta necessario procedere alla ricognizione dell’evoluzione giurisprudenziale e dottrinale sul tema suindicato.

Un orientamento della Suprema Corte, consolidatosi nel lontano 2004, aveva ritenuto che il parcheggio di un’autovettura su un fondo può costituire legittima espressione di possesso a titolo di proprietà del suolo, ma non anche estrinsecazione di un potere, di fatto, riconducibile al diritto di servitù, in quanto viene meno la “realitas”, intesa come inerenza al fondo dominante dell’utilità, così come al fondo servente del peso, caratteristica necessaria del diritto di servitù.

In linea con tale impostazione si ponevano Cass. Civ., Sez. II, Sent. n. 15334/2012, Cass. Civ. Sez. II, Sent. n. 5769/2013.

Di diversa opinione era, invece, la dottrina che si mostrava favorevole alla tesi per cui è possibile costituire, tramite convenzione, una servitù prediale di parcheggio di autoveicoli, in ragione del fatto che la facoltà di parcheggiare il veicolo sul fondo servente è certamente idonea ad arrecare un’utilità personale al soggetto, ma anche un vantaggio al fondo dominante, rendendolo maggiormente utilizzabile.

È a partire dal 2017 che la Suprema Corte si è discostata dal filone che seguiva la tesi restrittiva, ammettendo la possibilità di costituire una servitù di parcheggio, a determinate e specifiche condizioni.

Nel dirimere il detto contrasto giurisprudenziale, i giudici di legittimità hanno riaffermato l’operatività del suddetto principio, nelle ipotesi in cui, in concreto, risulti che il diritto di servitù avente ad oggetto il parcheggio di un’autovettura sia attribuito come vero e proprio vantaggio al fondo dominante.

I motivi in virtù dei quali la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso principale possono essere così riassunti:

Con il primo motivo, il ricorrente denunciava la violazione/falsa applicazione dell’art. 24 Costituzione e degli artt. 1027 e 1028 c.c. in quanto, i giudici di merito avevano affermato la validità della servitù pur in assenza del requisito dell’utilità concreta al fondo dominante e a fronte della sola esistenza di un’utilità personale, del tutto estranea al fondo dominante.

La Suprema Corte accoglieva il primo motivo del ricorso principale ravvisando un vizio nell’attività di valutazione della questione nel merito: nello specifico, i giudici di legittimità contestavano l’omissione di un passaggio logico-giuridico decisivo da parte dei giudici di merito, ovvero l’esame del titolo negoziale.

Posta dunque, a certe condizioni, la configurabilità della servitù di parcheggio, la Corte di Venezia avrebbe dovuto verificare, in concreto, la sussistenza dei requisiti del diritto di servitù, scendendo nel dettaglio della pattuizione.

Con il secondo motivo, il sig. V. F. denunciava, in subordine, l’ulteriore violazione degli artt. 1027 e 1028 c.c. avendo i giudici del merito affermato che l’utilitas di natura prediale potesse essere desunta dal “bisogno di piazzali per sosta temporanea e manovra di automezzi nonché per il passaggio dei medesimi”, dimenticando che la stessa debba consistere in un vantaggio reale diretto sul fondo dominante, non potendo ricorrere, ai fini della sua determinazione, ad elementi soggettivi quali le attività personali del proprietario del fondo dominante.

Con il terzo motivo, parte ricorrente denunciava, sempre in via subordinata, la violazione degli artt. 1027, 1028, 1063, 1065 e 1068 c.c.,  per aver la corte d’Appello di Venezia ritenuto che la servitù di parcheggio, estesa per l’intero fondo servente, poteva consentire l’ utilizzo da parte del suo proprietario in quanto, al contrario, essa comporta la compressione totale delle facoltà dominicali in concreto esercitabili dal proprietario del fondo servente.

La Corte accoglieva il terzo motivo del ricorso principale, il quale, tra l’altro, si prestava ad un esame unitario con il primo motivo sopraindicato per la stretta connessione al tema della verifica dei requisiti del diritto di servitù.

I giudici di legittimità contestavano il mancato approfondimento della localizzazione, nel senso soprainteso, non essendo concepibile una servitù di parcheggio che si estenda, a mera discrezione del titolare del fondo dominante, in qualsiasi momento e su tutto il perimetro del fondo servente.

Con il quarto motivo, parte ricorrente contestava la violazione degli artt. 111 Cost. e 2697 c.c., affermando la violazione dei principi che riguardano il riparto dell’onere probatorio, avendo i giudici di merito attribuito al ricorrente un onere che, invece, la legge attribuisce a parte convenuta.

Con il quinto ed ultimo motivo, si denunciava la violazione o falsa applicazione di norme di diritto contenute nelle N.T.A. “Zone Agicole” del comune di Scorzé, che “vietano qualsivoglia destinazione a parcheggio di aree che non siano destinate al servizio di attività agricole”, per essersi la Corte d’Appello limitata a dichiarare che la “destinazione agricola del fondo servente non riveste alcuna importanza”.

(…)

Dispositivo

La Corte accoglie il primo ed il terzo motivo del ricorso principale e dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Venezia in diversa composizione.

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