
Abstract
Le sentenze in commento hanno ad oggetto controversie nascenti dalla mancata ricezione di un messaggio di posta elettronica: nel caso del Tribunale di Milano si tratta di una e-mail ordinaria tramite la quale la convenuta informava parte attrice sulle disposizioni della merce; nel caso della Corte d’Appello di Napoli, invece, la mancata ricezione è riferita aduna PEC contente una notifica di un decreto ingiuntivo.
Analizzando i criteri su cui si fonda la paternità di una e-mail ordinaria e quali sono gli oneri e gli obblighi gravanti sui titolari di una casella PEC e sui loro gestori, il presente contributo intende esaminare e poi confrontare i riflessi di questi due metodi di comunicazioni in ambito probatorio.
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SOMMARIO: 1. Due recenti riscontri giurisprudenziali. 2. La “paternità” della e-mail ordinaria e la “sottoscrizione elettronica”. 3. La posta elettronica certificata come metodo di notifica. Oneri e obblighi gravanati sui titolari di una casella PEC e sui loro gestori. 4. I riflessi probatori: l’e-mail ordinaria. 5. (segue): la PEC. 6. Spunti finali di comparazione.
*Il contributo ha superato con esito favorevole la valutazione anonima da parte di un revisore scelto tra i membri del comitato di valutazione/scientifico ovvero da un revisore esterno da questi indicato e confluirà nel numero 2 del 2024.
Citazione del contributo:
A. Prandi, L’efficacia probatoria della posta elettronica, in De Iustitia, 2, 2024.