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Cass. Pen., sez II, ud. 16 gennaio 2024 (dep. 22 gennaio 2023), n. 2617

- 11 Aprile 2024

SOMMARIO: 1. Massima. 2. Svolgimento del processo. 3. Motivi della decisione. 4. Dispositivo.

Massima

Per potersi ritenere integrato il delitto tentato è sufficiente anche la sussistenza di quegli atti classificabili come preparatori che tuttavia facciano ritenere che l’agente, avendo definito il piano criminoso in ogni dettaglio, abbia iniziato ad attuarlo; che l’azione abbia significative probabilità di conseguire l’obbiettivo programmato e che il delitto sarà commesso, salvo il verificarsi di eventi non prevedibili indipendenti dalla volontà dell’agente.

Svolgimento del processo 

Le indagini preliminari costituiscono non di rado un terreno fertile per l’insorgere di controversie che si concentrano su importanti profili sostanziali del diritto penale.

Nel caso di specie, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo proponeva ricorso per Cassazione avverso un’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari con cui era stata rigettata una richiesta di applicazione di misura cauterale nei confronti di una persona, a cui era contestato il tentativo di estorsione a mente degli artt. 56, 629 c.p.

Orbene, censurando le argomentazioni del Tribunale, il ricorso sollevava delle perplessità laddove il Giudice, nel sostenere la necessità di una chiara manifestazione del proposito estorsivo ai fini della configurabilità del tentativo di estorsione, che nel caso di specie sarebbe rimasto nella sfera interna dei coindagati, affermava sostanzialmente che il tentativo dovesse coincidere con l’inizio dell’azione tipica prevista dalla disposizione incriminatrice (che nella vicenda in esame sarebbe coincisa con la manifestazione della minaccia verso al persona offesa).

Siffatta impostazione si poneva in contrasto con la giurisprudenza di legittimità, che ritiene sufficiente per potersi ritenere integrato il delitto tentato anche quegli atti classificabili come preparatori che consentano di ritenere che l’agente, avendo definito il piano criminoso in ogni dettaglio, abbia iniziato a attuarlo; che l’azione abbia significative probabilità di conseguire l’obbiettivo programmato e che il delitto sarà commesso, salvo il verificarsi di eventi non prevedibili indipendenti dalla volontà dell’agente.

Oltre a dogllianze che investono i requisiti per la configurabilità del delitto tentato, il ricorrente lamente un vizio del provvedimento impugnato sotto il profilo della prova travista od omessa.

Agli atti processuali emergeva che un’intercettazione avesse captato una conversazione tra l’indagato e un suo collaboratore: dal fugace scambio di parole, ove tra l’altro i due non celavano la necessità di non parlare al telefono di tale accordo, era emerso che proprio il collaboratore avesse ben compreso il motivo per il quale gli veniva richiesto di fissare un appuntamento con la titolare dell’impresa (la persona offesa) alla quale gli indagati volevano estorcere denaro.

Per tesi del ricorrente, questo aspetto non sarebbe stato presa in debita valutazione da parte del Giudice per le indagini preliminari.

La Cassazione deve allora dirimiere un dubbio che sottende un interrogative di merito: si può allora affermare che il “piano fosse pronto?”; che tradotto giuridicamente conduce a chiedersi: “si era configurato il tentativo di estorsione?”.

Motivi della decisione

(…)

La Corte di Cassazione annulla l’ordinanza impugnata e dispone il rinvio per nuovo giudizio.

Va premesso come la Cassazione non esamina di per sé i profili attinenti alla rilevanza degli atti preparatori ai fini dell’integrazione del tentativo.

Invero, evidenzia come il ricorso del Procuratore della Repubblica fosse inammissibile per genericità dei motivi, dacché il motivo non conteneva una critica in relazione a specifici aspetti della fattispecie concreta oggetto del provvedimento impugnato, essendosi limitato il pubblico ministero ricorrente a proporre osservazioni di carattere generale ed astratto in ordine ai presupposti per la configurabilità del delitto tentato.

La massima di diritto che si ricava dalla lettura della sentenza è frutto dell’accoglimento del secondo motivo di ricorso.

Per la S.C. il ricorso coglie nel segno il profilo relativo all’omessa valutazione delle risultanze della conversazione intercorsa tra l’indagato e il suo collaboratore, nel corso della quale il secondo precisa che non utilizzerà il telefono per comunicare il messaggio alla persona offesa.

Tale elemento di prova, frutto di un’attività di intercettazione, doveva essere necessariamente soppesata dal Tribunale.

Ciò è indefettibile per valutare “se il proposito criminoso – dato per esistente dal Tribunale – sia stato estrinsecato, superando la soglia di punibilità del delitto tentato” (come afferma la S.C. nella sentenza).

Dunque, ecco che si conferma il tralatizio orientamento dottrinale e giurisprudenziale per cui per potersi ritenere integrato il delitto tentato è sufficiente anche la sussistenza di quegli atti classificabili come preparatori che tuttavia:

– facciano ritenere che l’agente, avendo definito il piano criminoso in ogni dettaglio, abbia iniziato ad attuarlo;

– che l’azione abbia significative probabilità di conseguire l’obbiettivo programmato;

– che il delitto sarà commesso, salvo il verificarsi di eventi non prevedibili indipendenti dalla volontà dell’agente.

Si è scelto di richiamare all’attenzione del Lettore questa sentenza poiché è un palmare esempio di ciò che si potrebbe riassumere, storcendo un noto detto, che “tra il dire e l’affermare c’è di mezzo il mare!”.

In altre parole, è chiaro che il tentativo non si integra esclusivamente con l’inizio della azione tipica e che rilevino gli atti preparatori in un “punto di non ritorno” (il dire), ma tale statuizione (il fare) non è sempre agile quando si deve confrontare con la realtà delle fattispecie concrete.

(…)

Dispositivo

Annulla con rinvio la sentenza impugnata per nuovo giudizio.

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