SOMMARIO: 1. Massima. 2. Svolgimento del processo. 3. Motivi della decisione. 4. Dispositivo.
Massima
La clausola che escluda o limiti la responsabilità contrattuale di Poste Italiane S.p.A. per ritardo nella consegna è nulla per contrasto con le norme imperative ed è sostituita di diritto dalla regola in tema di responsabilità del diritto comune. Stante la dichiarazione di illegittimità costituzionale, per violazione del principio di uguaglianza, della norma che statuiva la limitazione o l’esonero della responsabilità, la stessa regola non può trovare applicazione nemmeno in virtù di un accorto tra le parti.
Svolgimento del processo
Icnos srl conveniva in giudizio Poste Italiane S.p.A, dinanzi al Tribunale, assumendo di esser stata esclusa dalla gara indetta da un Comune, a causa di un ritardo nella consegna da parte di poste Italiane S.p.A, la quale aveva garantito una consegna celere nei termini indicati da parte attrice.
Pertanto, Icnos srl promuoveva azione di responsabilità contrattuale con conseguente risarcimento dei danni contro parte convenuta.
Il Tribunale delle prime cure accoglieva la domanda attorea affermando l’esistenza della responsabilità contrattuale da ritardo, del resto mai contestata da parte convenuta, ritenendo però, che, in base alla normativa speciale e segnatamente al decreto ministeriale del 26 febbraio 2004, le Poste sono soggette ad un regime speciale: non rispondono dei danni integralmente, ma soltanto nei limiti del rimborso del prezzo della spedizione, circa 9 euro, nel caso di specie.
Parte attrice impugnava la sentenza di primo grado dinanzi alla Corte d’Appello di che, però, rigettava integralmente l’appello.
Avverso la sentenza d’appello Icnos srl proponeva Ricorso per Cassazione articolato in tre motivi illustrati da memoria; Poste Italiane S.p.A. si costituiva con controricorso.
Motivi della decisione
(…)
I motivi in virtù dei quali la Corte di Cassazione ha accolto con ordinanza il ricorso principale possono essere così riassunti:
Con il primo motivo, la ricorrente denunciava la violazione degli articoli 1176, 1218, 1223, 1225 c.c.-
La Suprema Corte accoglieva il primo motivo sostenendo che in virtù della pronuncia di illegittimità costituzionale della norma che limitava la responsabilità del gestore del servizio postale, escludendo il risarcimento del danno e prevedendo soltanto un indennizzo pari al costo, il gestore del servizio postale è soggetto alle regole contrattuali di diritto comune in tema di inadempimento e risarcimento del danno.
Con il secondo motivo, parte ricorrente prospettava la violazione degli articoli 1341 e 1342 c.c., assumendo che la limitazione di responsabilità pattuita in contratto, ossia posta tra le condizioni generali sottoscritte dal cliente, si atteggia come clausola vessatoria, che richiede l’approvazione specifica, e non quella in blocco, e ciò a prescindere dalla circostanza che la sottoscrizione ha avuto ad oggetto clausole non presenti nel bollettino, richiamate nel retro, ma neanche ivi riportate e di cui dunque non si conosce il contenuto.
La Suprema Corte accoglieva il secondo motivo, ritenendolo fondato, operando un esame congiunto dello stesso con il primo motivo di ricorso, stante la connessione logica che li lega.
Ab origine, ai sensi della L. n. 156 del 1973, il gestore di posta godeva di un regime speciale di responsabilità, distinto da quello contrattuale di diritto comune e più favorevole rispetto a quest’ultimo.
Tale norma, però, è stata ritenuta illegittima dalla Corte Costituzionale, prima con la decisione n. 254 del 2002, in relazione alla totale esenzione da responsabilità, e poi, con specifico riferimento alla limitazione del risarcimento, con la decisione n. 46 del 2011, con la quale i giudici hanno espressamente statuito che: “La norma impugnata, pertanto, determina in favore del gestore un ingiustificato privilegio, svincolato da qualsiasi esigenza connessa con le caratteristiche del servizio, senza dunque realizzare alcun ragionevole equilibrio tra le esigenze del gestore e quelle degli utenti del servizio, equilibrio che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il legislatore avrebbe invece dovuto realizzare, essendo venuta meno la concezione puramente amministrativa del servizio postale, e quindi la possibilità di collegare tali limitazioni di responsabilità alla necessità di garantire la discrezionalità dell’Amministrazione” .
I giudici di legittimità, nel caso di specie, hanno contestato la decisione della Corte d’Appello che si era posta in contrasto con le suindicate sentenze della Corte Costituzionale e con una modifica legislativa all’ art. 19 del D. Lgs. 261/99, operata dall’articolo 15 L. n. 58 del 2011, che così recita: “L’articolo 19 del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, è sostituito dal seguente: «Art. 19- 1. La responsabilità per la fornitura dei servizi postali è disciplinata, per quanto non stabilito dal presente decreto o da disposizioni speciali, dalle norme del codice civile».
Alla luce di tutto quanto fin qui esposto, la Suprema Corte ha evidenziato la palese erroneità della tesi secondo cui va dato rilievo alla pattuizione contrattuale della limitazione di responsabilità a favore di Poste Italiane, avendo il mittente sottoscritto le relative clausole e le ha approvate ai sensi degli articoli 1341 e 1342 c.c.
Ancora, i giudici di legittimità assumevano egualmente errata la decisione impugnata nella parte in cui escludeva responsabilità in ragione della imprevedibilità del danno.
Con il terzo motivo parte ricorrente denunciava la violazione del principio di eguaglianza nella interpretazione proposta dalla corte di merito nella sentenza impugnata.
La Suprema Corte riteneva il detto motivo assorbito dall’accoglimento dei primi due.
(…)
Dispositivo
La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbito il terzo. Cassa in relazione la decisione impugnata e rinvia alla Corte d’Appello, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di Cassazione.