448 views

Cass. Pen., sez II, ud. 10 aprile 2024 (dep. 30 aprile 2024), n. 17503

- 29 Maggio 2024

SOMMARIO: 1. Massima. 2. Svolgimento del processo. 3. Motivi della decisione. 4. Dispositivo.

Massima

Ai fini della configurabilità del delitto tentato di rapina impropria occorre l’accertamento da parte dell’organo giudicante dell’idoneità causale degli atti rispetto al fine criminoso e l’univocità dei medesimi, secondo una valutazione ex ante che tenga conto delle circostanze fattuali, delle modalità con cui si esplica la condotta, e dell’offesa rispetto all’interesse protetto.

Svolgimento del processo 

La Corte di Appello ha confermato la decisione con cui il GIP ha condannato, ad esito di giudizio abbreviato, l’imputato per i reati di tentata rapina e danneggiamento.

 Nel caso di specie, l’agente, in concorso con altro individuo al momento ignoto, tentava di penetrare presso un appartamento condominiale e, datosi alla fuga, proferiva condotte minacciose e violente nei riguardi di un parente di una delle persone che abitavano nello stabile, causando un danno alla sua bicicletta.

  Avverso la sentenza impugnata, il difensore del ricorrente proponeva ricorso per cassazione sulla base dei seguenti motivi:

Con il primo motivo, il legale dell’imputato eccepiva violazione delle norme di legge, giacchè i comportamenti criminosi contestati al prevenuto non risultavano caratterizzati dalla valenza idonea e univoca degli atti, tali da integrare il tentativo.

Sotto tale profilo, si desumeva poi vizio di motivazione in virtù della mancata valorizzazione di ulteriori dichiarazioni della parte offesa che avrebbero consentito di escludere la responsabilità penale del prevenuto.

Invero, sulla base delle successive dichiarazioni della teste, la fuga dei due correi era avvenuta prima che quest’ultimi riuscissero a penetrare nell’abitazione della vittima, in quanto erano stati individuati nei pressi della cancellata esterna adiacente alla via pubblica.

Da ciò deriva l’inidoneità di queste condotte criminose a configurare gli estremi del delitto tentato di rapina impropria, in quanto non in grado di esporre a pericolo l’interesse protetto.

Quanto al secondo motivo, inerente il vizio di motivazione e inosservanza di legge, il legale dell’imputato eccepiva il mancato riconoscimento del prevenuto da parte dei due testimoni e l’assenza di un effettivo confronto tra le impronte digitali rinvenute nel luogo in cui era stato commesso il fatto e quelle appartenenti all’agente.

Con riguardo agli ulteriori motivi, inerenti vizi di motivazione, il difensore del ricorrente ravvisava la mancata valorizzazione delle dichiarazioni probatorie rese dalle parti testimoniali e il disconoscimento dell’esistenza della desistenza volontaria di cui all’art. 56, terzo comma, c.p.-

Giova poi osservare che il rigetto della circostanza attenuante del danno patrimoniale di particolare tenuità di cui art. 62, n. 4 c.p., risultava fallace nella misura in cui sarebbe giustificata dal timore patito dalla parte offesa e dalla presenza di precedenti penali in capo all’imputato, valevoli da soli a giustificarne la pericolosità sociale.

Sul punto, il giudice di merito non ha tenuto conto dell’esiguità patrimoniale del danno patito dalla vittima che, in base alla documentazione presentata dal legale, sarebbe pari a 25 euro, mentre la violenza equivarrebbe ad una spinta, per cui ben potrebbe riconoscersi la circostanza attenuante in esame.

Motivi della decisione

(…)

I motivi analizzati dalla Suprema Corte possono così essere articolati:

Preliminarmente, il primo motivo di doglianza della difesa del ricorrente risulta fondato e comporta il parziale annullamento della decisione impugnata.

 Invero, un seguito indirizzo giurisprudenziale ha ritenuto che integri gli estremi del delitto tentato di rapina impropria l’ipotesi in cui il soggetto attivo, dopo aver commesso atti conformi all’asportazione del bene altrui, non realizzati integralmente per fattori estranei alla sua volontà, promuova condotte minacciose o violente per garantirsi l’impunità.

Quest’ultimo orientamento ermeneutico ha poi statuito che ai fini della configurabilità penale del tentativo la tradizionale differenziazione tra atti di tipo preparatorio e di stampo esecutivo risulti superata, in quanto il criterio peculiare è rappresentato dall’univocità della loro direzione, da valutarsi mediante un accertamento ex ante, in ordine alle circostanze fattuali e alle modalità d’azione (Cass. pen. S.U. 19.04.2012 n. 34952; Cass. pen. Sez. V. 21.01.2015 n. 7341).

In proposito, l’individuazione del requisito dell’idoneità presuppone l’accertamento causale tra comportamento criminoso e il fine prefissato dall’agente, cioè la particolare conformità degli atti a delineare l’offesa del bene giuridico tutelato.

 Ai fini della sussistenza della punibilità del tentativo occorre però anche la prova della direzione univoca di tali atti a realizzare lo scopo criminoso (Cass. pen. Sez. I, 24.09.2008 n. 40058).

Da ciò deriva che il giudice di merito non ha adeguatamente argomentato in ordine all’individuazione dei parametri fondamentali del tentativo, in quanto la ricostruzione logico-giuridica dell’organo giudicante si è limitata alla mera rievocazione del fatto storico e alla presunzione dell’esistenza di una finalità furtiva derivante dall’accesso abusivo rispetto all’altrui proprietà, senza approfondire l’effettiva idoneità di tali atti criminosi ad esporre a pericolo l’interesse protetto.

Nel caso di specie, il testimone ha riferito il superamento, da parte dell’imputato e del correo rimasto ignoto, del cancelletto adiacente al cortile dello stabile e di aver percepito dei colpi con cui i due agenti cercavano inutilmente di introdursi nel portone dell’ingresso principale.

Successivamente, grazie all’azione del teste, i due correi, privi di oggetti da scasso, si allontanavano dal luogo del delitto e, inseguiti dal fratello di uno dei condomini dell’appartamento, lo minacciavano e cagionavano danni alla sua bici.

Come può osservarsi, la condotta promossa da entrambi i soggetti attivi si esplica nell’illecita introduzione presso uno stabile condominiale, e non è idonea ad integrare nemmeno gli estremi del tentato furto in abitazione poichè è stata interrotta nella fase della mera preparazione, ove non può desumersi con certezza nemmeno lo scopo determinato del fine criminoso.

Da ciò consegue la richiesta di annullamento senza rinvio della decisione impugnata poiché il delitto di violazione di domicilio, fattispecie penale astrattamente sussumibile nel caso di specie, non risulta procedibile per mancanza della querela.

Quanto al secondo motivo, il difensore espone doglianze nel merito, insistendo per un diverso esame della documentazione probatoria, distinta rispetto a quella in possesso dall’organo giudicante di merito, in virtù di un ragionamento logico-giuridico immune dai vizi desunti; mentre il terzo motivo, dedicato al tema della desistenza volontaria, è incluso nell’accoglimento del primo.

Infine, il quarto motivo, relativo alla concessione della circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 4, c.p. è in parte annesso in virtù della differente natura della condotta contestata al capo A e dalla relativa dichiarazione di mancata procedibilità nell’ipotesi di violazione di domicilio.

Sotto tale profilo, si propone rinvio degli atti alla Corte di Appello con contestuale rivalutazione del livello sanzionatorio da adottare in ordine al delitto di danneggiamento imputato al capo b), per cui è rilevata la sussistenza di querela da parte dell’avente diritto.

(…)

Dispositivo

La Suprema Corte ha disposto l’annullamento senza rinvio della decisione impugnata con riferimento al primo capo oggetto di contestazione, e contestuale riqualificazione del reato nel delitto di violenza privata, mentre con riguardo al capo b) inerente alla determinazione del trattamento sanzionatorio ha statuito l’annullamento con rinvio alla Corte d’Appello, dichiarando altresì definitiva la valutazione della responsabilità.

- Published posts: 300

webmaster@deiustitia.it

Leave a Reply
You must be logged in to post a comment.