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La disciplina della prescrizione, ex art. 159 c.p., nel testo introdotto dalla l. N. 103/2017 e ambito di applicazione – Cass. Pen. SS. UU., 5 giugno 2025, n. 20989

- 6 Novembre 2025

SOMMARIO: 1. Massima. 2. Il fatto. 3. La decisione. 4. Conclusioni.

Massima

Le Sezioni Unite penali hanno affermato che la disciplina della sospensione del corso della prescrizione di cui all’art. 159 c.p., nel testo introdotto dalla legge n. 103 del 2017, si applica ai reati commessi nel tempo di vigenza della legge stessa, ovvero dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019, non essendo stata abrogata con effetti retroattivi dalla legge n. 3 del 2019, prima, e dalla legge n. 134 del 2021, poi, mentre per i reati commessi dall’1 gennaio 2020 si applica la disciplina posta a sistema dalla legge n. 134 del 2021.

Il fatto 

Il Giudice di primo grado aveva pronunciato sentenza di condanna in capo all’imputato per il reato di cui all’art. 4 L. n. 110/1975 in ordine ad un fatto commesso il 17 agosto 2017.

Il prevenuto proponeva appello innanzi alla Corte territoriale che pronunciava sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione. Nel motivare la propria decisione, la Corte d’Appello osservava come il termine di prescrizione per la contravvenzione de qua fosse spirato in data 17 agosto 2022 ritenendo inapplicabile, in mancanza di una norma transitoria, l’art. 159, comma secondo, c.p. come modificato dall’art. 1 L. n. 103/2017, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 2, comma 1, lett. a), L. n. 134/2021 che ha integralmente abrogato l’art. 1, comma primo, L. n. 3/2019, travolgendo le modifiche normative intermedie.

Veniva proposto ricorso per Cassazione dal Procuratore generale della Repubblica, chiedendo l’annullamento della sentenza di secondo grado con un unico motivo di doglianza, articolato sulla violazione degli artt. 2, comma 4, 157, 159 e 161 c.p.

Secondo il ricorrente, la Corte territoriale aveva trascurato di considerare l’opposto orientamento giurisprudenziale secondo cui per i reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019 non operava il regime introdotto dalla legge n. 134/2021 cosicché per tale lasso temporale l’art. 159 c.p. sarebbe ancora applicabile.

La questione è stata dapprima sottoposta alla Prima Sezione della Corte di cassazione, la quale, dato atto di un contrasto giurisprudenziale, ha rimesso la decisione alle Sezioni Unite.

La decisione

La Corte di cassazione a Sezioni Unite ha preliminarmente effettuato un excursus normativo sulla disciplina della prescrizione, dando atto di come la L. n. 134/2021 nulla disponga espressamente in ordine alla disciplina transitoria.

La Corte ha poi rilevato l’esistenza di orientamenti giurisprudenziali divergenti.

Secondo l’orientamento maggioritario, non vi sarebbe successione delle leggi penali nel tempo ai sensi dell’art. 2 c.p. e, dunque, ai reati commessi tra il 3 agosto 2017 e il 31 dicembre 2019 sarebbe applicabile la c.d. Riforma Orlando, ivi compresa la disciplina afferente ai periodi di sospensione ai sensi dell’art. 159, comma secondo, c.p.: a rigore della Corte, questa costituisce una norma certamente più favorevole di quelle successive che l‘hanno abrogata, perché prevedrebbe un allungamento dei termini di prescrizione a fronte di una sua definitiva cessazione alla data della scadenza di primo grado, con conseguente applicazione ai reati commessi nell’indicato periodo.

L’indirizzo giurisprudenziale opposto sostiene invece che, in virtù del principio di retroattività della legge penale più favorevole, per reati commessi tra il 3 agosto 2017 e il 31 dicembre 2019 trovi applicazione la disciplina prevista dalla L. n. 251/2005, che non prevedeva la causa di sospensione del corso della prescrizione durante il tempo di celebrazione del giudizio di appello e di cassazione.

Le Sezioni Unite, pur ribadendo la natura sostanziale dell’istituto della prescrizione, che entrambe le tesi non mettono in discussione, hanno affermato che il principio di cui all’art. 2, comma quarto, c.p., non godendo della tutela privilegiata sancita all’art. 25, comma secondo, Cost., può essere derogato da una legge ordinaria, sempre che ricorra una sufficiente ragione giustificativa relativa ad interessi analoghi o superiori. I medesimi principi devono essere rispettati anche in caso di sospensione della prescrizione.

La prescrizione rientra nell’ambito costituzionale presidiato dal principio di legalità penale sostanziale e compete al legislatore la funzione di modulare la sua disciplina attraverso il ragionevole bilanciamento tra esigenze contrapposte, tra il diritto all’oblio e l’interesse a perseguire i reati fino a quando l’allarme sociale indotto dal reato non sia venuto meno.

La Corte Costituzionale ha riaffermato l’applicabilità alla prescrizione del principio di retroattività della legge penale più favorevole, valutando la denunciata violazione dell’art. 3 Cost. a cagione del fatto che la norma impugnata avrebbe derogato ingiustificatamente al disposto dell’art. 2, comma quarto, c.p., norma costantemente interpretata dalla giurisprudenza nel senso che la locuzione “disposizioni più favorevoli al reo” si riferisca a tutte quelle normative che apportino modifiche in melius alla disciplina di una fattispecie criminosa, ivi comprese quelle che incidono sulla prescrizione del reato.

Le Sezioni Unite aderiscono al primo orientamento, affermando come il passaggio dalla disciplina sulla sospensione della prescrizione dettata dalla c.d. Riforma Orlando, e quelle successive del 2019 e del 2021, non possa risolversi con l’applicazione dell’art. 2 c.p., poiché quest’ultime prevedono espressamente la loro applicabilità ai reati commessi a decorrere solo a partire dal 1° gennaio 2020.

Rispetto al precedente, il nuovo regime di sospensione della prescrizione impone un blocco della prescrizione a seguito della sentenza di primo grado, nonché l’impossibilità di dichiarare estinto il reato in corso di impugnazione.

Secondo le Sezioni Unite si tratta di una disciplina completamente nuova e innovativa, dunque non applicabile retroattivamente.

Ne consegue, che l’entrata in vigore della L. n. 3/2019, in parziale modifica degli artt. 158, 159 e 160 c.p., ha determinato la coesistenza di due differenti regimi: il primo relativo alla L. n. 103/2017, disciplinante solo i reati commessi fino al 31 dicembre 2019, e il secondo a seguito dell’entrata in vigore della Riforma Bonafede che disciplina invece tutti i reati commessi dal 1° gennaio 2020, e su cui è intervenuta la L. n. 134/2021, con l’affiancamento dell’istituto dell’improcedibilità, senza però effetti retroattivi.

Conclusioni

Alla stregua di tali argomenti la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile.

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