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Cass. Pen., sez I, ud. 12 ottobre 2023 (dep. 21 dicembre 2023), n. 51180

- 14 Febbraio 2024

SOMMARIO: 1. Massima. 2. Svolgimento del processo. 3. Motivi della decisione. 4. Dispositivo.

Massima

In tema di rito abbreviato, la riduzione di un ulteriore sesto della pena irrogata (come previsto dalla c.d. riforma Cartabia in relazione all’art. 442 co. 2-bis c.p.p.) spetta solo nel caso di radicale mancanza dell’impugnazione e non anche nel caso di rinuncia all’impugnazione già proposta.

Svolgimento del processo 

Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno, giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza dell’imputato, ammesso al rito abbreviato, di poter accedere all’ulteriore riduzione di un sesto, come previsto dall’art. 442 co. 2-bis c.p.p., della pena irrogata con sentenza dal medesimo giudice, poi impugnata innanzi alla Corte di appello di Salerno con appello dichiarato inammissibile per rinuncia.

Il G.i.p. escludeva dal perimetro dello strumento premiale l’ipotesi della rinuncia dopo la proposizione dell’appello.

Avverso l’ordinanza l’imputato deduceva il vizio di erronea applicazione dell’art. 442 co. 2-bis c.p.p. e la manifesta illogicità della motivazione, posto che la rinuncia all’appello era intervenuta in epoca antecedente alla trattazione nel merito dell’impugnazione, di fatto realizzando l’intento deflattivo nelle intenzioni dell’intervento legislativo e, inoltre, sottolineando come la norma de qua avesse natura sostanziale e non processuale, sicché lo ius novum avrebbe dovuto trovare applicazione anche nelle more della vacatio legis.

Motivi della decisione

(…)

Gli elementi presi in considerazione dalla Su-

prema Corte di Cassazione possono essere compendiati come segue:

-la condizione processuale che consente

l’applicazione dell’ulteriore riduzione di un sesto della pena irrogata è costituita dall’irrevocabilità della sentenza per mancata impugnazione ed essa, in quanto soggetta al principio tempus regit actum, appare ravvisabile solo con riferimento a sentenze di primo grado divenute irrevocabili dopo l’entrata in vigore del d.lgs. 150/2022, anche se pronunciate precedentemente;

è solo la radicale mancanza dell’impugnazione che, impedendo l’ingresso del procedimento nella fase d’appello, realizza l’effetto deflattivo perseguito dalla norma de qua agitur: milita nel senso poc’anzi ricostruito la scelta effettuata dalla norma di individuare il giudice competente a sancire la riduzione nel giudice dell’esecuzione, sicché solo la mancanza dell’impugnazione avverso la sentenza di primo grado integra la condizione che apre alla possibilità di ottenere la riduzione stessa, posto che – diversamente – laddove il legislatore avesse inteso estendere tale riduzione premiale altresì alla diversa fattispecie della rinuncia all’impugnazione già proposta, avrebbe individuato il giudice competente per l’applicazione di essa nel medesimo giudice della cognizione;

-il principio di retroattività della lex mitior, così come emergente dall’interpretazione dell’art. 7 CEDU, è un principio afferente alle sole disposizioni aventi natura sostanziale e la sua applicazione risulta preclusa ex art. 2, co. 4 c.p. tutte le volte in cui è stata pronunciata sentenza divenuta definitiva in epoca antecedente;

-la disciplina in esame non confligge con i principi di uguaglianza e di responsabilità penale poiché la diversità del trattamento sanzionatorio determinata dalla riduzione di cui all’art. 442 co. 2-bis c.p.p. trova giustificazione nella diversità delle situazioni oggetto di regolazione ed essa non potrà essere recepita contra ius dal condannato che abbia inteso perseguire il medesimo obiettivo compiendo altre scelte processuali;

con riferimento alla necessità di estendere al caso de quo lo ius novum, al fine di pervenire all’anticipazione degli effetti della riforma favorevoli al condannato al tempo della vacatio legis, la Suprema Corte ha richiamato la sentenza n. 151/2023 con cui la Consulta ha evidenziato che il d.l. 162/2022, convertito dalla l. 199/2022 – che ha posposto la data di entrata in vigore della riforma in parola – ha inciso sull’obbligatorietà dell’atto normativo e non sull’efficacia delle disposizioni in esso contenute, sicché non può esservi applicazione del principio di retroattività in mitius perché, con l’avvenuta riformulazione della data di entrata in vigore della legge, non si è determinato un fenomeno di successione di leggi nel tempo.

(…)

Dispositivo

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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