
SOMMARIO: 1. Massima. 2. Svolgimento del processo. 3. Motivi della decisione. 4. Dispositivo.
Massima
In sede di confisca di prevenzione non è richiesto l’accertamento della stretta derivazione causale dei beni confiscabili da singoli delitti, ipotesi questa riconducibile alla confisca quale misura di sicurezza, essendo sufficiente invece la verifica della consumazione di reati produttivi nel tempo di profitti illeciti e dell’assenza di altri redditi legittimi.
Svolgimento del processo
La Corte di Appello di Torino, sezione misure di prevenzione, con decreto in data 6 marzo 2023, in parziale riforma del decreto del Tribunale di Torino, revocava la confisca del saldo di un conto corrente intestato a R.L. limitatamente ai ratei di pensione e di un’autovettura intestata a G.K., confermando la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale per anni 3 applicata al R. e la confisca di vari beni immobili, mobili e c/c intestati al predetto ovvero a suoi familiari. Riteneva la Corte di Appello dovere confermare il giudizio di pericolosità sociale del proposto quale soggetto rientrante nel novero del D.Lvo. 6 settembre 2011, n. 159, art. 1 lett. b).
Avverso detto decreto proponeva ricorso per cassazione il difensore del proposto, Avv.to Michele Ambra, deducendo con distinti motivi qui riassunti ex art. 173 disp. att. c.p.p.: violazione ex art. 606 lett. b) c.p.p. in relazione al D.Lgs. 159/2011, art. 1 lett. b) per avere i giudici di merito basato il giudizio di pericolosità su fatti esclusi da sentenze definitive di assoluzione e ciò in contrasto con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità circa l’impossibilità di ribaltamento in sede di prevenzione del giudicato assolutorio definitivo.
Con il primo motivo si evidenziava la violazione ex art. 606 lett. b) c.p.p. in relazione al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 1 lett. b) per avere la corte di appello ritenuto i delitti di tentata estorsione e di detenzione di armi effettivamente produttivi di reddito illecito senza alcuna specifica valutazione circa la possibilità per il prevenuto di ottenere profitto
Con il secondo la violazione ex art. 606 lett. c) c.p.p. in relazione al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 1 lett. b) per mancanza di motivazione sulla congruità tra i profitti illeciti ipotizzati ed il patrimonio sequestrato.
Ed infine con il terzo la violazione ex art. 606 lett. b) c.p.p. in relazione al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 1 lett. b) in relazione al difetto del requisito della correlazione temporale tra manifestazione di pericolosità e confisca.
Motivi della decisione
(…)
Gli elementi valutati dalla Corte di Cassazione possono essere così evidenziati:
In via preliminare si afferma che non è precluso al giudice la valutazione delle condotte ricostruite in provvedimenti di archiviazione posto che, secondo l’indirizzo della corte di legittimità, in tema di misure di prevenzione, il giudicante può valutare autonomamente anche i fatti oggetto di un procedimento penale archiviato, purché effettui una attenta disamina del provvedimento di archiviazione, al fine di verificare se da esso emergano elementi ostativi alla trasmigrazione dei dati in sede di prevenzione.
Le misure di prevenzione disposte nei confronti dei soggetti c.d. pericolosi generici che rientrano nella categoria di cui all’art. 1, lett. b), D.Lgs. 159/2011, richiedono che il giudice della misura abbia accertato, sulla base di specifiche circostanze di fatto, che il proposto si sia reso autore di delitti commessi abitualmente in un significativo arco temporale, da cui abbia tratto un profitto che costituisca ovvero abbia costituito in una determinata epoca – il suo unico reddito o, quanto meno, una componente significativa del medesimo.
Ne deriva pertanto affermare che in sede di confisca di prevenzione non è richiesto l’accertamento della stretta derivazione causale dei beni confiscabili da singoli delitti, ipotesi questa riconducibile alla confisca quale misura di sicurezza, essendo sufficiente invece la verifica della consumazione di reati produttivi nel tempo di profitti illeciti e dell’assenza di altri redditi legittimi.
Difatti i presupposti oggettivi per procedere alla confisca sono delineati dagli artt. 20 e 24 D.Lgs. 159/2011e si sostanziano nella disponibilità, diretta o indiretta, del bene da parte del proposto e, come evidenziato, nella sufficienza indiziaria della provenienza illecita.
La disponibilità diretta si desume dalla formale titolarità del bene accertata sulla base delle ordinarie regole del diritto civile con gli opportuni adattamenti per evitare elusioni della normativa di prevenzione.
Per la disponibilità indiretta occorre la prova che il proposto risulti il dominus del bene. La disponibilità non può ritenersi limitata alla mera relazione naturalistica o di fatto con il bene ma deve essere esteso, al pari della nozione civilistica del possesso, a tutte quelle situazioni nelle quali il bene medesimo ricada nella sfera degli interessi economici del soggetto, anche se costui eserciti il proprio potere per il tramite di altri che pure ne godano direttamente. La prova della disponibilità indiretta deve essere rigorosa, anche se può essere fornita sulla base di requisiti della gravità, precisione e concordanza, che avallino concretamente l’ipotesi del carattere puramente formale dell’intestazione e, corrispondentemente, del permanere della disponibilità dei beni nell’effettiva ed autonoma disponibilità di fatto del proposto, idonei a costituire prova indiretta della disponibilità.
La giurisprudenza non differenzia la natura dell’onere probatorio nel momento del sequestro o della confisca. In quest’ultima fase, col pieno esplicarsi del contraddittorio, a fronte della prova offerta dall’organo proponente ritenuta idonea dal tribunale in sede di sequestro, i terzi intestatari possono allegare elementi diretti a inficiare la ricostruzione accusatoria introducendo temi o tracce di prova ritenuti utili a fini difensivi.
Sono previste presunzioni iuris tantum, sulla base delle persone coinvolte o della natura degli atti (art. 26, comma 2, D.Lgs. 159/2011).
La disponibilità indiretta si può desumere anche dai rapporti che legano il proposto e l’apparente titolare del bene con i soggetti per i quali, ai sensi dell’art. 19, comma 3, D.Lgs. 159/2011 devono essere svolte indagini patrimoniali: coniuge, figli e coloro che nell’ultimo quinquennio hanno convissuto con il proposto (F. Menditto, Le misure di prevenzione personali e patrimoniali, Milano, 2019).
Per la provenienza illecita, occorre accertare l’esistenza di sufficienti indizi, primo tra tutti la sproporzione tra il valore dei beni e i redditi dichiarati o l’attività svolta, tali da far ritenere che i beni stessi siano frutto di attività illecita o ne costituiscano il reimpiego. Si tratta di uno standard probatorio inferiore alla prova costituito da quegli indizi che, in misura sufficiente, conducano alla genesi illecita dei beni o al loro reimpiego, in primo luogo la sproporzione tra il valore dei beni nella disponibilità (diretta o indiretta) del proposto e i suoi redditi e le attività da lui svolte;
Con riferimento poi ai vizi deducibili nel procedimento di prevenzione, il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, sicché il vizio di travisamento della prova per omissione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p. è estraneo al procedimento di legittimità, a meno che il travisamento non abbia investito plurime circostanze decisive totalmente ignorate ovvero ricostruite dai giudici di merito in modo talmente erroneo da trasfondersi in una motivazione apparente o inesistente, riconducibile alla violazione di legge.
Infine, la competenza per territorio a decidere in materia di applicazione di misure di prevenzione spetta al tribunale del capoluogo della provincia nella quale il proposto ha la sua dimora la quale, anche se non coincidente con la residenza anagrafica, va individuata nel luogo in cui il proposto ha tenuto comportamenti sintomatici idonei a lasciar desumere la sua pericolosità, a nulla rilevando eventuali modificazioni intervenute successivamente alla proposta di applicazione della misura.
Ne consegue che detta competenza deve essere individuata con riferimento allo spazio geografico-ambientale in cui il soggetto manifesta i suoi comportamenti socialmente pericolosi, anche se tale luogo sia diverso da quello di dimora abituale.
(…)
Dispositivo
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.