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Contratto nullo, azione di indebito e controprestazioni non restituibili – Cass. Civ., sez. III, ud. 11 luglio 2024 (dep. 16 dicembre 2024), n. 32696

- 6 Febbraio 2025

SOMMARIO: 1. Massima. 2. Il fatto. 3. La decisione. 4. Conclusioni.

Massima

In caso di nullità del contratto di locazione per difetto di forma scritta e di registrazione, il conduttore può chiedere il rimborso dei canoni ai sensi dell’art. 2033 c.c., ma il locatore può contestare un arricchimento senza causa ai sensi dell’art. 2041 c.c., valorizzando ai fini della liquidazione la diminuzione patrimoniale effettivamente subita da quest’ultimo, che non può coincidere sic et simpliciter con i canoni percepiti.

Il fatto 

La Corte d’appello di Roma, con la sentenza n. 3102/2022, riformando parzialmente la decisione emessa dal Tribunale di Roma con la sentenza n. 16854/2017, dopo aver ricondotto nell’alveo dei rapporti di locazione ad uso abitativo quello sorto “de facto” tra le parti, ha dichiarato la nullità di tale contratto per difetto di forma scritta e registrazione, confermando però il rigetto della domanda di restituzione dei canoni corrisposti dal conduttore fino al rilascio dell’immobile, sul presupposto che egli, comunque, aveva goduto dell’immobile, sicché una restituzione integrale avrebbe determinato un arricchimento senza causa in suo favore.

Avverso quest’ultima sentenza, il difensore del conduttore/ricorrente proponeva ricorso per cassazione, articolato in sette motivi.

Con il primo motivo, il legale del ricorrente denunciava la violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’avvenuto rilievo d’ufficio dell’ingiusti-ficato arricchimento da parte del giudice d’appello, in carenza di iniziativa assunta dalla controparte, laddove questa eccezione risulta riservata alla parte ai sensi degli artt. 2041 e 2042 c.c., nonché violazione e falsa applicazione dell’art. 2033 c.c. per non aver riconosciuto il diritto dell’assistito di ripetere le somme corrisposte in esecuzione del contratto nullo, in mancanza di valida ed efficace eccezione di parte.

Quanto al secondo motivo, il difensore del ricorrente affermava la violazione e la falsa applicazione dell’art. 13, comma 5 (ora comma 6) della l. 9 dicembre 1998, n. 431, sostenendo che la restituzione della sola somma eccedente il canone c.d. agevolato, e non degli integrali canoni pagati, non necessiti di un’apposita azione giudiziale, diversa rispetto a quella di ripetizione di indebito, bensì solo la prova del canone effettivamente pagato e dell’accordo normativo territoriale, utile al giudice per calcolare l’ammontare del canone agevolato e, quindi, della differenza da restituire.

Con il terzo motivo, affermava che, ai sensi dell’art. 13, comma 6, della l. cit., non era essenziale una formale domanda di riconduzione del rapporto di fatto alle condizioni legali, intesa come distinta e separata, bensì necessariamente cumulata alla domanda di determinazione del canone dovuto e di restituzione delle somme indebite, laddove l’azione si introduca dopo la cessazione del rapporto.

Quanto al quarto e al quinto motivo, il legale del ricorrente lamentava il mancato esame, rispettivamente, della domanda di restituzione delle somme eccedenti il canone agevolato e altresì della domanda di restituzione del deposito cauzionale, entrambe formulate in primo grado e ritenute invece domandate solo in appello.

Con il sesto motivo, lamentava l’errata quantificazione del canone di locazione (euro 500, anziché 530,00) avvenuta sia in primo che in secondo grado.

Con il settimo ed ultimo motivo, il difensore denunciava l’omessa pronuncia sul quinto motivo di appello con cui si censurava la decisione del Tribunale per aver escluso, quale fatto decisivo per la controversia, l’imposizione, da parte del locatore, del rapporto locativo di fatto.

Restava intimato il convenuto/locatore.

La decisione

La Suprema Corte ha ritenuto fondato il primo motivo di ricorso.

Con riguardo a detto motivo, la Corte ha dato atto che – come osservato dalla richiamata sentenza n. 20383/2016 – nell’ambito dei contratti a esecuzione continuata o periodica, come è la locazione, qualora si ricorra in un’ipotesi di mancanza ab origine della causa adquirendi, qualunque sia la causa che faccia venir meno il vincolo originariamente esistente, l’azione riconosciuta dalla legge per dare seguito alla restituzione di quanto prestato in esecuzione del contratto stesso, anche laddove la controprestazione sia irripetibile – vedasi nel caso di specie la concessione in godimento del bene –, è quella di ripetizione di indebito oggettivo.

Sicché la Corte d’appello capitolina ha errato nel non ricondurre la pretesa restitutoria del conduttore nell’ambito della figura dell’indebito oggettivo di cui all’art. 2033 c.c., ritenendo di dover fare applicazione dell’art. 1458 c.c.

La Corte Suprema, contrariamente, ha osservato che l’art. 1458 c.c. non può trovare applicazione al caso de quo, perché la sua operatività è limitata all’ipotesi della risoluzione per inadempimento. L’eccezionalità del disposto dell’art. 1458 c.c impedisce che esso possa trovare applicazione in ipotesi diverse da quelle espressamente previste.

Ad avviso della Corte, ragionando diversamente e applicando il principio anche alla domanda di nullità contrattuale, si giungerebbe alla paradossale conclusione che la nullità del contratto non produrrebbe effetti per il tempo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, per il solo fatto che una delle due prestazioni non sia suscettibile di ripetizione.

Si aggiunga poi che i precedenti richiamati dalla Corte di merito a sostegno della propria decisione – in base a cui la parte che abbia usufruito del godimento dell’immobile non può pretendere la restituzione di quanto versato a titolo di corrispettivo, in quanto ciò comporterebbe un inammissibile arricchimento senza causa in danno del locatore – non colgono nel segno, riguardando ipotesi diverse da quella afferente al caso in esame, ove addirittura il locatore risultava contumace, concretizzandosi, pertanto, un altro errore da parte del Collegio capitolino nel rilevare d’ufficio l’ingiustificato arricchimento, pur in mancanza di un’adeguata iniziativa, in termini di domanda o eccezione riconvenzionale, avanzata dal locatore.

Da ciò, dunque, si desume che alcun dubbio milita in favore del diritto all’invocata restituzione di quanto versato in esecuzione del contratto di locazione nullo,  con la precisazione che il valore della controprestazione deve venire in rilievo solo nei limiti dell’arricchimento e dell’impoverimento della parte che, rispettivamente, abbia ricevuto o effettuato la prestazione del contratto nullo, all’esito di una valutazione oggettiva che tenga conto dell’utilità effettivamente conseguita, entro i limiti della diminuzione patrimoniale subita dall’esecutore della prestazione, e non sulla base del mancato guadagno che la stessa avrebbe potuto trarre dall’instaurazione di un valido rapporto contrattuale.

Conclusioni

La Suprema Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiarando assorbiti i restanti, e cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Roma, per la decisione sul merito e sulle spese processuali, anche del giudizio di legittimità.

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