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Risoluzione anticipata del contratto per inadempimento del conduttore e determinazione (e liquidazione) del danno contrattuale risarcibile al locatore – Cass. Civ., Sez. Unite, 25 febbraio 2025, n. 4892

- 23 Aprile 2025

SOMMARIO: 1. Massima. 2. Il fatto. 3. La decisione. 4. Conclusioni.

Massima

Nell’ambito del contratto di locazione, in caso di risoluzione anticipata del rapporto per inadempimento del conduttore in relazione ai casi in cui la restituzione del bene locato intervenga prima della scadenza del contratto, il locatore ha diritto al risarcimento del danno da mancato guadagno per i canoni non percepiti, laddove dimostri di essersi attivato, una volta ottenuta la disponibilità dell’immobile, per una nuova locazione a terzi, ferma una valutazione in concreto del giudice, da effettuare secondo il principio della buona fede, ed esclusa l’applicabilità dell’art.1591 c.c.

Il fatto 

La vicenda trae origine dalla decisione con cui la Corte di appello di Roma, confermando la sentenza pronunciata dal Tribunale di Roma, dopo aver ritenuto che la materiale riconsegna dell’immobile locato prima della naturale scadenza del contratto escludeva la sussistenza di un residuo pregiudizio a carico della locatrice, sicché il patrimonio della stessa poteva ritenersi adeguatamente reintegrato attraverso il ripristino del materiale godimento dell’immobile, aveva parzialmente accolto la domanda della società attrice (locatrice), condannando il conduttore, resosi moroso nel pagamento di taluni canoni di locazione, al pagamento, in suo favore, della somma di euro 4.000,00.

Più precisamente, pur avendo la locatrice ottenuto la convalida dello sfratto per morosità e attivato il procedimento di rilascio, otteneva a distanza di tempo la restituzione spontanea dell’immobile, sicché invocava la condanna del conduttore al risarcimento dei danni dalla stessa subiti in conseguenza del comportamento contrattuale del conduttore, ivi compresi tutti i canoni di locazione non corrisposti fino alla data di naturale scadenza del contratto o, quantomeno, fino alla data dell’eventuale conclusione di una nuova locazione, oltre al pagamento delle spese relative al procedimento di convalida dello sfratto.

La Corte territoriale motivava come la pretesa risarcitoria al “maggior danno” ai sensi dell’art. 1591 c.c. andava ritenuta infondata, anche laddove più ampiamente interpretata ai sensi dell’art. 1453 c.c., in quanto la materiale riconsegna dell’immobile locato prima della scadenza del contratto escludeva la configurabilità di un pregiudizio in capo alla locatrice, essendo il relativo patrimonio adeguatamente reintegrato per mezzo del materiale godimento dell’immobile.

Avverso la pronuncia della Corte d’appello, il difensore del locatore/ricorrente proponeva ricorso per cassazione, articolato in tre motivi d’impugnazione.

Con il primo motivo, il legale della società ricorrente denunciava la violazione degli artt. 1453 e 1223 c.c. per avere la corte negato il risarcimento dei danni relativi all’ottenimento dei canoni di locazione fino alla naturale cessazione del contratto sulla base dell’orientamento minoritario della giurisprudenza di legittimità che riteneva il corrispettivo della locazione, versato dal conduttore in favore del locatore, coincidente con il compenso per il sacrificio della facoltà di godimento del bene sopportato dal medesimo locatore. Sotto detto profilo, il ricorrente contestava detta decisione in quanto non qualificava il contratto di locazione alla stregua di un’operazione economica più complessa, incentrata sullo scambio tra utilità di diversa natura, ove la mera riconsegna dell’immobile prima della naturale scadenza non poteva considerarsi idonea a reintegrare il patrimonio del locatore con riguardo a tutti i canoni convenuti. 

Quanto al secondo motivo, il difensore della società ricorrente affermava la violazione degli artt. 91 e 664 c.p.c., in combinato disposto con il d.m. n. 127/2004, sostenendo che la corte territoriale aveva omesso di liquidare, in suo favore, le spese di lite relative alla procedura di sfratto di morosità e di esecuzione per rilascio.

Con il terzo motivo, censurava la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. per avere la corte territoriale erroneamente disposto l’integrale compensazione tra le parti delle spese relative al procedimento di mediazione.

Resisteva con controricorso il convenuto/conduttore.

Con l’ordinanza di remissione del 9 novembre 2023, n. 231276, la Sezione Terza ha disposto, ai sensi dell’art. 374, comma 2, c.p.c., la trasmissione del ricorso al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, in ragione della rilevanza nomofilattica della questione, in particolare avuto riguardo alla riconoscibilità, in favore del locatore, al quale il conduttore inadempiente abbia riconsegnato l’immobile prima della naturale scadenza del contratto, del diritto al risarcimento del danno consistente nella mancata percezione dei canoni di locazione eventualmente dovuti per il periodo successivo a detta riconsegna fino alla naturale scadenza del contratto, o all’eventuale precedente data di conclusione di una nuova locazione.

La Suprema Corte registrava in ordine alla suddetta questione, di particolare rilievo nella prassi applicativa e da inquadrarsi nella più ampia problematica della risarcibilità dell’interesse positivo leso dalla risoluzione ex art. 1453 c.c. nei contratti di durata, la sussistenza di due contrapposti orientamenti in seno alla medesima giurisprudenza di legittimità.

Secondo un primo orientamento – più risalente e tendenzialmente prevalente (cfr. Cass. N. 194 del 2023; n. 8482 del 2020; n. 2865 del 2015; n. 10677 del 2008; n. 676 del 1980) – il locatore, che abbia chiesto e ottenuto la risoluzione anticipata del contratto di locazione per inadempimento del conduttore, aveva diritto al risarcimento del danno per la anticipata cessazione del rapporto, da individuare nella mancata percezione dei canoni concordati fino al reperimento di un nuovo conduttore, e il cui ammontare era riservato alla valutazione del giudice di merito sulla base di tutte le circostanze del caso concreto.

In senso opposto, un secondo orientamento (cfr. Cass. N. 1426 del 2017; n. 27614 del 2013), invece, sosteneva che in ipotesi di risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del conduttore ex art. 1453 c.c., una volta intervenuto il rilascio del bene locato, il locatore aveva diritto a percepire unicamente i canoni che maturavano fino alla riconsegna dell’immobile ex art. 1591 c.c., in quanto la mancata percezione da parte del locatore di canoni che sarebbero stati esigibili fino alla scadenza convenzionale o legale del rapporto, ovvero fino al momento in cui il locatore stesso conceda ad altri il godimento del bene con una nuova locazione, non configurava di per sé un danno da “perdita subita” o un danno da “mancato guadagno”.

Al contrario, un danno correlato alla mancata percezione del canone in seguito al rilascio poteva, tuttavia, configurarsi laddove, per le concrete condizioni in cui si trovava l’immobile, la restituzione del bene non consentiva al locatore di poterne esercitare il godimento, tanto in via diretta quanto indiretta, commisurandosi in tal caso la perdita del tempo occorrente per il relativo ripristino quale conseguenza dell’inesatto adempimento dell’obbligazione di rilascio ai sensi dell’art. 1590 c.c.

Ne derivava che, come osservato nell’ordinanza di rimessione, il punto di divergenza fra i due orientamenti stava nelle differenti conseguenze che andavano ricollegate alla valutazione in termini di godimento indiretto del bene locato.

Infatti, in forza del secondo indirizzo – recepito dalla corte territoriale – una volta intervenuto il rilascio del bene da parte del conduttore, la mancata percezione dei canoni che sarebbero stati esigibili fino alla scadenza del contratto non determinava un danno risarcibile, in quanto il canone di locazione integrava un corrispettivo per la privazione del bene da parte del locatore, sicché la re-immissione dell’immobile nella disponibilità del locatore faceva venire meno il presupposto a fronte del quale si giustificava il pagamento.

Diversamente, secondo il primo indirizzo, ciò che rilevava era l’interesse leso dall’inadempimento del conduttore, cioè lo specifico interesse al godimento indiretto del bene, da identificarsi con la possibilità, per il locatore, di percepire il corrispettivo pattuito a fronte della concessione ad altri della cosa locata. In tal senso, l’inadempimento concretizzava una violazione del programma negoziale previsto per detto godimento indiretto, sicché il “danno risarcibile” coincideva con il canone pattuito fino alla scadenza del contratto o fino alla nuova locazione, ovvero, secondo una interpretazione più recente volta a valorizzare la diversa natura dell’azione risarcitoria rispetto all’azione di adempimento, al quantum determinato dal giudice di merito.

La decisione

Le Sezioni Unite, ritenendo fondato il primo motivo di ricorso, hanno aderito al primo indirizzo interpretativo, sia pure con delle precisazioni.

In primis, le Sezioni Unite, tenendo conto dell’attuale “realtà contrattuale della locazione”, identificano la “causa” del contratto di locazione nello scambio (in sé considerato) tra l’utilità economico-sociale rappresentata dal godimento di un bene immobile e l’importo monetario del canone, prendendo così le distanze dalla tesi sostenuta dall’indirizzo minoritario (e dalla corte territoriale) secondo cui la dimensione causale del contratto in esame risiederebbe nella sola “rinuncia al godimento diretto” del bene da parte del locatore.

Siffatta interpretazione, infatti, terrebbe conto di tutta quella prassi in cui chi loca un bene non si priva semplicemente della possibilità di goderne direttamente ma intende utilizzarlo per trarne rendite o trarne profitti.

In tal senso, il contratto di locazione realizza un nuovo, originale e più avanzato assetto economico-giuridico delle sfere di entrambi i contraenti, ove, da un lato, il locatore soddisfa il suo specifico interesse alla “trasformazione”, in una definitiva disponibilità monetaria, della temporanea utilizzabilità del bene e, dall’altro, il conduttore il suo particolare interesse a “trasformare” la sua originaria disponibilità monetaria nel temporaneo godimento delle specifiche utilità offerte dal bene altrui.

Emerge, dunque, come la restituzione dell’immobile prima della conclusione del contratto da parte del conduttore inadempiente non sia idonea di per sé a ricostituire la condizione economico-giuridica del locatore così come configurata dalla conclusione del contratto di locazione.

Le Sezioni Unite, così, prendono le distanze dall’orientamento minoritario che, ancorando alla restituzione del bene concesso in locazione la neutralizzazione del danno risarcibile, finiva per neutralizzare altresì la rilevanza giuridica dell’inadempimento.  

Osservano, infatti, come, anche secondo una prospettiva volta a valutare il fenomeno dell’inadempimento (in sé considerato), la restituzione anticipata dell’immobile da parte del conduttore inadempiente rende non solo impossibile la realizzazione del programma contrattuale originariamente pattuito, ma altresì impedisce alle parti di raggiungere un diverso e più avanzato assetto economico-giuridico della propria sfera patrimoniale, rivisto attraverso il prisma delle proprie prospettive d’interesse.  

In breve, si rende necessario valorizzare il rapporto obbligatorio tenendo conto del complessivo assetto di interessi determinato nel regolamento contrattuale, in quanto destinato a rivestire un ruolo decisivo nella ricostruzione della disciplina applicabile al contratto, sia nella sua fase interpretativa che esecutiva, ed eventualmente patologica.

Da tali premesse, le Sezioni Unite confermano la correttezza d’impostazione delle riflessioni avanzate dalla giurisprudenza maggioritaria secondo la quale il locatore, il quale abbia chiesto ed ottenuto la risoluzione anticipata del contratto di locazione per inadempimento del conduttore, ha diritto, ai sensi dell’art. 1223 c.c., anche al risarcimento del danno per l’anticipata cessazione del rapporto da individuare nella mancata percezione dei canoni concordati fino alla scadenza del contratto o al reperimento di un nuovo conduttore, il cui ammontare costituirà valutazione del giudice di merito che terrà conto di tutte le circostanze del caso concreto, fra cui, ad esempio, l’utile ricavato, o che avrebbe potuto ricavare, dall’immobile nel periodo intercorso tra la risoluzione prematura e il termine convenzionale del rapporto.

Detto orientamento, tuttavia, viene mitigato dalla pronuncia in commento in punto di determinazione (e liquidazione) del danno contrattuale risarcibile.

Ed invero, le Sezioni Unite, rammentando la distinzione tra azione di adempimento e azione risarcitoria nonché, in punto di liquidazione, tra danno-evento e danno-conseguenza, sottolineano l’esigenza di escludere ogni automatismo volto a identificare il “danno” del locatore con l’insieme dei canoni non percepiti e pongono, ai sensi dell’art. 2697 c.c., in capo al locatore, l’onere di comprovare che, nonostante la restituzione dell’immobile prima della scadenza del contratto, il “danno” costituito dalla mancata percezione del canone fino alla scadenza o alla stipulazione di una nuova locazione, si sia ugualmente verificato.

Dal che è richiesta al locatore la prova del nesso di causalità giuridica tra l’evento di danno e le relative conseguenze pregiudizievoli immediate e dirette.

Da questa prospettiva egli dovrà dimostrare di essersi tempestivamente attivato, dopo aver ottenuto la disponibilità del bene, per una nuova locazione a terzi, con la conseguenza che un atteggiamento di inerzia ingiustificata e persistente nel riattivarsi potrà costituire un elemento di valutazione della sua correttezza da parte del giudice di merito.

Da ultimo, il Supremo Consesso ha escluso l’applicabilità, in via analogica, dell’art. 1591 c.c. in quanto istituto riferibile alle sole conseguenze risarcitorie dovute dal ritardo nella restituzione dell’immobile da parte del conduttore costituito in mora. 

In conclusione, le Sezioni Unite della Cassazione hanno enunciato il seguente principio di diritto: “il diritto del locatore a conseguire, ai sensi dell’art. 1223 c.c., il risarcimento del danno da mancato guadagno a causa della risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore non viene meno, di per sé, in seguito alla restituzione del bene locato prima della naturale scadenza del contratto, ma richiede, normalmente, la dimostrazione, da parte del locatore, di essersi tempestivamente attivato, una volta ottenuta la disponibilità dell’immobile, per una nuova locazione a terzi, fermo l’apprezzamento del giudice delle circostanze del caso concreto anche in base al canone della buona fede e restando in ogni caso esclusa l’applicabilità dell’art.1591 c.c.”.

Conclusioni

La Suprema Corte, a Sezioni Unite, accoglie il primo motivo in applicazione del principio di diritto di cui in motivazione e rimette gli atti alla Terza Sezione civile per la decisione degli ulteriori motivi di ricorso.

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