
SOMMARIO: 1. Massima. 2. Il fatto. 3. La decisione. 4. Conclusioni.
Massima
In tema di azione proposta dal passeggero contro un vettore aereo per ottenere la compensazione pecuniaria prevista dal Reg. CE n. 261/2004, relativa al ritardo o alla cancellazione di un volo interno all’Unione europea, non trova applicazione la Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999, che disciplina unicamente il risarcimento del danno da trasporto aereo internazionale. Ne consegue che la giurisdizione va individuata esclusivamente sulla base del Reg. UE n. 1215/2012, il quale consente alle parti di derogare convenzionalmente alla giurisdizione ordinaria, anche nei contratti conclusi online, mediante clausola di proroga validamente accettata con modalità point-and-click, purché la controversia non ricada nell’ambito della tutela rafforzata del consumatore ex artt. 17-19 del medesimo regolamento.
Il fatto
Il quesito sottoposto all’attenzione delle Sezioni Unite della Suprema Corte è prettamente nomofilattico, attenendo all’interpretaizione di una determinata normativa dalla quale discende, indirettamente, anche la corretta applicazione della giuridiszione competetente.
M.A. P. ed E. B. presentavano ricorso in Cassazione contro una sentenza del Tribunale che, ribaltando una precedente decisione del Giudice di Pace, stabiliva che il giudice italiano non aveva giurisdizione per decidere la loro causa contro una nota compagnia aerea low cost. Il Tribunale li codannava al pagamento delle spese processuali per entrambi i gradi di giudizio.
La vicenda nasceva da un disservizio legato ad un volo. A causa del ritardo e dei disagi subiti, i due passeggeri avevano chiesto un risarcimento pari a 517,38 euro: 500 euro a titolo di compensazione forfettaria prevista dal Regolamento europeo n. 261/2004 e la restante parte come rimborso spese.
Il Tribunale riteneva che, poiché la richiesta dei passeggeri era fondata sul Regolamento europeo, la vicenda doveva essere trattata secondo il diritto dell’Unione Europea. Alla luce di ciò, si dava rilievo alla clausola contenuta nelle condizioni generali di contratto accettate al momento dell’acquisto online del biglietto. Tale clausola prevedeva che eventuali controversie dovessero essere sottoposte alla competenza esclusiva dei tribunali irlandesi, nazione in cui aveva la sede legale la compagnia aerea citata in giudizio. A parere del Tribunale, detta clausola era valida e sufficiente ad escludere la competenza del giudice italiano.
La questione sollevava un problema giuridico ampio e complesso: comprendere se il diritto europeo — in particolare in casi di trasporto aereo interno operato da una compagnia straniera — possa prevalere su clausole contrattuali che limitano la scelta del foro.
La domanda dei ricorrenti poneva le proprie basi sul Regolamento CE n. 261/2004, che prevede un indennizzo automatico per i passeggeri in caso di cancellazione, ritardo prolungato o negato imbarco. Il giudice di primo grado aveva accolto la domanda, ma in appello il Tribunale aveva – invece – dichiarato che non spettava al giudice italiano decidere, in quanto le parti avevano accettato, al momento della prenotazione online, una clausola di devoluzione della giurisdizione a favore del giudice irlandese.
I ricorrenti si sono quindi rivolti alla Corte di Cassazione, sostenendo che quella clausola fosse nulla.
Le Sezioni Unite della Cassazione non si erano ancora espresse in modo chiaro e univoco sul punto, pertanto la questione veniva rimessa alla loro competenza. La Suprema Corte, con ordinanza, decideva di trattare il caso in pubblica udienza, riconoscendo l’importanza della questione per la tutela dei diritti dei passeggeri e per il coordinamento tra le diverse fonti del diritto nazionale, europeo ed internazionale.
La decisione
Secondo quanto dedotto dai ricorrenti innanzi al Giudice di Legittimità si sarebbe dovuta applicare la Convenzione di Montreal del 1999, che stabilisce in quali Stati si possa intentare una causa per danni derivanti dal trasporto aereo. Tale Convenzione, secondo i ricorrenti, avrebbe dovuto prevalere sul Regolamento europeo, impedendo – di fatto – di spostare la giurisdizione in Irlanda mediante un simplice click su una clausola contrattuale accettata virtualmente.
La Corte di Cassazione rigettava il ricorso rilevando, innanzitutto, che la richiesta dei passeggeri riguardava esclusivamente l’indennizzo previsto dal Regolamento 261/2004, e non un risarcimento “aggiuntivo” per altri danni, come sarebbe invece previsto dalla Convenzione di Montreal. Di conseguenza, doveva concludersi che detta Convenzione non era applicabile al caso in esame.
La normativa da applicare per stabilire quale tribunale sia competente è il Regolamento UE n. 1215/2012 (noto anche come “Bruxelles I bis”), il quale disciplina la giurisdizione nelle controversie civili e commerciali tra cittadini europei e consente alle parti di accordarsi validamente su quale tribunale debba decidere in merito a eventuali controversie, anche quando il contratto viene concluso online.
La Suprema Corte ribadiva che le clausole di proroga della giurisdizione, purché chiare e accessibili (come accade nei contratti online con spunta delle condizioni), sono pienamente valide, anche se il passeggero è un consumatore, purché – come in questo caso – il contratto non preveda pacchetti turistici o servizi combinati (cioè di trasporto più alloggio).
Infine, richiamando la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, si è ribadita la distinzione fra il Regolamento 261/2004 e la Convenzione di Montreal. I due strumenti normativi rispondono a logiche diverse e si applicano in contesti diversi: la Convenzione riguarda i danni da trasporto internazionale, mentre il Regolamento 261/2004 riguarda soltanto il diritto all’indennizzo per disservizi e si applica anche ai voli interni.
Alla luce delle summensionate considerazioni, la Corte stabiliva che nel caso di specie è correttamente applicabile la clausola contrattuale che attribuisce la competenza al giudice irlandese, di conseguenza il giudice nazionale italiano non è dotato di giurisdizione.
Conclusioni
Il ricorso veniva rigettato, senza la condanna alle spese a carico dei ricorrenti poiché la compagnia aerea non aveva svolto attività difensiva in Cassazione.
I ricorrenti erano soltanto tenuti al versamento dell’ulteriore contributo unificato previsto dalla legge in caso di rigetto del ricorso.