SOMMARIO: 1. Massima. 2. Svolgimento del processo. 3. Motivi della decisione. 4. Dispositivo.
Massima
Il creditore fondiario può avvalersi del privilegio processuale ai sensi dell’art. 41, 2 comma, D. Lgs. 385/93 (c.d. TUB), nei casi in cui il debitore esecutato sia sottoposto al procedimento di liquidazione giudiziale di cui agli artt. 121 ss’. D. Lgs. 14/2019, nonché alla liquidazione controllata ai sensi degli artt. 268 ss’.
Svolgimento del processo
E. C. A. s.r.l., cessionaria del credito vantato da UBI Banca s.p.a. nei confronti di A. M. V. in forza di un contratto di mutuo fondiario, proponeva dinanzi al Tribunale di Brescia istanza di esecuzione per espropriazione immobiliare nei confronti della debitrice, la quale, successivamente, veniva ammessa alla procedura di liquidazione controllata da sovraindebitamento ex artt. 268 e segg. del d.lgs. n. 14/2019.
La resistente chiedeva al giudice adito di dichiarare l’improcedibilità dell’esecuzione, con esito negativo.
Il Tribunale riteneva operante l’art. 41, comma 2 d.lgs. n. 385/1993 (di seguito, per brevità, TUB) e, pertanto, disponeva la prosecuzione della procedura esecutiva.
Parte resistente, dunque, sollevava opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., avverso il provvedimento del G.E.
Nell’ambito di detto giudizio, il Tribunale di Brescia in composizione monocratica, con ordinanza del 3 ottobre 2023, rimetteva gli atti alla Suprema Corte di Cassazione, proponendo rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 363 bis c.p.c., per la risoluzione della seguente questione di diritto :«se il privilegio processuale di cui all’art. 41, comma 2, d.lgs. n. 385/1993 sia opponibile a fronte dell’apertura di una delle procedure concorsuali di cui al CCII a carico del debitore esecutato ed in particolare della liquidazione controllata di cui agli artt. 269 ss. CCII».
Entrambe le parti depositavano memorie.
L’ordinanza superava il vaglio preliminare previsto dall’art. 363-bis e la questione, non ancora affrontata dalla Corte di Cassazione, veniva affidata alla Prima Sezione Civile, essendo stata ritenuta «esclusivamente di diritto » e «di particolare importanza per le conseguenze che proietta sull’accertamento dei crediti, il riparto endoconcorsuale del ricavato fra i loro titolari, la disciplina delle interferenze fra procedure esecutive individuali e concorsuali».
Motivi della decisione
(…)
I motivi in virtù dei quali la Corte di Cassazione ha accolto con sentenza il ricorso ed enucleato il principio di diritto in merito alla questione oggetto dell’istanza, possono essere così riassunti:
I giudici di legittimità, in primo luogo, hanno analizzato e risolto, a monte, la questione relativa alla potenziale “sopravvivenza” del privilegio processuale fondiario, dopo l’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, dal momento che solo se a tale quesito si fosse data risposta positiva, nel senso di ritenere il privilegio non abrogato e dunque opponibile alla liquidazione giudiziale, sarebbe stato possibile interrogarsi sulla sua opponibilità anche alla procedura di liquidazione controllata.
Nella disciplina previgente il fondamento normativo dell’operatività del privilegio processuale si rinveniva nel coordinamento fra l’art. 51 l.fall. e l’art. 41, comma 2, TUB: il primo stabiliva il divieto di azioni esecutive e cautelari individuali, «salvo diversa disposizione della legge»; il secondo integrava, per l’appunto, una clausola di salvezza, disponendo che «L’azione esecutiva sui beni ipotecati a garanzia di finanziamenti fondiari può essere iniziata o proseguita dalla banca anche dopo la dichiarazione di fallimento del debitore».
L’art. 150 del Codice della Crisi d’impresa e dell’Insolvenza riproduce il contenuto lessicale dell’art. 51 l. fall., confermando, in tal senso, il divieto di azioni esecutive individuali dopo l’apertura della procedura concorsuale maggiore, salvo eccezioni. 3.3.
L’art. 41, comma 2, TUB, invece, non è stato interessato da alcuna modifica e, continuando a prevedere la possibilità per il creditore fondiario di iniziare o proseguire l’azione esecutiva dopo «il fallimento» del debitore, ha suscitato dubbi circa la sua effettiva portata applicativa.
A fronte della teoria minoritaria che afferma che il privilegio fondiario sia applicabile esclusivamente al fallimento e non alla liquidazione giudiziale, la Suprema Corte sosteneva la tesi che ammette l’operatività del privilegio fondiario anche nella liquidazione giudiziale e ciò in quanto l’ omesso richiamo nell’art. 369 Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza all’art. 41 comma 2 TUB non si presta idoneo a provare, in mancanza dell’abrogazione o di modifiche sostanziali, che il privilegio processuale non possa più essere fatto valere dal creditore fondiario se il debitore è sottoposto a liquidazione giudiziale.
Più complessa risultava la risoluzione della questione che costituisce il fulcro del giudizio instaurato dinanzi alla Suprema Corte, concernente l’applicabilità o meno del privilegio fondiario alla liquidazione controllata.
Anche sulla appena individuata questione si registravano opinioni dissonanti in dottrina e nella giurisprudenza di merito.
I fautori della linea interpretativa che estendeva il privilegio fondiario anche alla liquidazione controllata muovevano ancora una volta dallo stretto dato normativo concernente l’istituto: questo, prima della entrata in vigore del codice della crisi, trovava il suo omologo nella procedura di liquidazione del patrimonio regolata dagli artt. 14 ter e segg. della l. nr. 3/2012, che prevedeva il divieto assoluto di esercizio di azioni esecutive individuali dopo l’apertura della liquidazione del patrimonio del debitore sovraindebitato, senza alcuna eccezione; il Codice della crisi non contiene un’analoga disposizione.
Secondo il contrapposto indirizzo giurisprudenziale (di merito) e dottrinale, invece, l’art. 270, 5 comma, del Codice della crisi andrebbe interpretato in senso restrittivo, ovvero ritenendo che esso non rinvii all’intero microsistema normativo di cui all’art. 150, bensì esclusivamente alla regola, tale per cui si realizzerebbe una scissione del contenuto della citata norma, la quale risulterebbe in parte applicabile e in parte no.
I giudici di legittimità preferivano la ricostruzione esegetica secondo cui il privilegio fondiario di cui all’art. 41, comma 2, TUB trova applicazione anche nella liquidazione controllata.
La Suprema Corte riteneva indubbio il fatto che l’art. 270, 5 comma, Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, nel prevedere che alla liquidazione controllata «si applicano l’art. 143 in quanto compatibile e gli artt. 150 e 151», operi un rinvio materiale e recettizio ad altra norma e che, pertanto, l’art. 270, 5 comma, Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza va letto come se vi fosse trascritto l’art. 150, oggetto del rinvio.
In conclusione, sulla scorta delle considerazioni sopra svolte, appariva evidente, secondo la Suprema Corte, che l’intenzione palesata dal legislatore delegato del 2019 fosse, in chiara contrapposizione con il criterio direttivo di cui all’art. 7, 4 comma, l. 155/2017, non solo quella di conservare il privilegio processuale nella liquidazione giudiziale, ma anche quella di estenderlo alla liquidazione controllata, così da trattarle in modo analogo, alla stregua della comunanza di disciplina che le caratterizza, in relazione alle procedure esecutive promosse dai creditori fondiari.
(…)
Dispositivo
La Corte, pronunciando sul rinvio pregiudiziale disposto dal Tribunale di Brescia con ordinanza del 28/10/2023, dispone la restituzione degli atti al Tribunale di Brescia che dovrà provvedere anche sulle spese del presente giudizio.