282 views

Revenge porn in caso di ricezione (o acquisto) di materiali da siti limitati ai soli iscritti – Cass. Pen., sez. V, 10 luglio 2025, n. 25516

- 29 Luglio 2025

SOMMARIO: 1. Massima. 2. Il fatto. 3. La decisione. 4. Conclusioni.

Massima

Integra il reato di cd. revenge porn la condotta di chi, avendo ricevuto (o comunque acquisito), materiale visivo pubblicato su un sito web di incontri il cui accesso è limitato ai soli iscritti, lo trasmetta a terzi senza il consenso della persona ritratta. Quest’ultima facoltà, invero, in virtù del consenso espresso dalla persona offesa al momento dell’apertura dell’”account”, è limitata ai soli appartenenti alla comunità virtuale a cui il materiale era stato originariamente inviato e unicamente all’interno di essa.

Il fatto 

Il Tribunale del Riesame di Santa Maria Capua Venere ha confermato il decreto di convalida di perquisizione e sequestro preventivo disposto in relazione al delitto di cui all’art. 612 ter c.p. dal pubblico ministero.

Avverso l’ordinanza il ricorrente articolava diversi motivi.

In particolare, il ricorrente lamentava violazio

ne di legge. Premessa di tale censura è che il delitto di cd. revenge porn punisce la diffusione di immagini o video, dal contenuto sessualmente esplicito, “destinati a rimanere privati”. È su quest’ultimo sintagma che si appunta la doglianza.

Osserva, infatti, il ricorrente che la piattaforma da cui era stato estrapolato il video è liberamente accessibile, nonché a tiolo gratuito, mentre il reato contestato richiede che l’accesso al sito web sia limitato ai soli registrati allo stesso.

La decisione

La Cassazione non ha aderito alla tesi prospettata dal ricorrente e ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato.

Dapprima, invero, la Corte ribadisce che, in base al disposto dell’art. 325 c.p.p., contro le ordinanze di riesame in materia di misure cautelari reali è possibile esclusivamente ricorso per violazione di legge. Nella nozione di “violazione di legge” sono ricompresi non solo gli errores in iudicando e in procedendo ma anche i vizi di motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a supporto della decisione o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, pertanto, inidoneo a rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice. Deve, dunque, trattarsi di un vizio processuale che sostanzia una inosservanza della specifica norma processuale che impone, a pena di nullità, l’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali.

Poi, i giudici di legittimità evidenziano che il ricorso è in contrasto con la giurisprudenza di legittimità occupatasi del reato previsto e punito dall’art. 612 ter c.p. In particolare, infatti, si osserva che sia il sito web che la piattaforma da cui il video è estrapolato nel caso di specie richiedono la previa registrazione dell’utente. Quanto alla piattaforma, poi, essa è accessibile ai soli iscritti.

Dunque, come già stabilito in precedenti pronunce sul tema e come correttamente statuito nella decisione impugnata, integra il reato la condotta di chi, avendo ricevuto (o comunque acquisito), materiale visivo pubblicato su un sito web di incontri il cui accesso è limitato ai soli iscritti, lo trasmetta a terzi senza il consenso della persona ritratta. Quest’ultima facoltà, invero, in virtù del consenso espresso dalla persona offesa al momento dell’apertura dell’”account”, è limitata ai soli appartenenti alla comunità virtuale a cui il materiale era stato originariamente inviato e unicamente all’interno di essa.

Conclusioni

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

- Published posts: 385

webmaster@deiustitia.it

Leave a Reply
You must be logged in to post a comment.