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Accordi patrimoniali tra coniugi e condizione sospensiva lecita: la Cassazione ribadisce la centralità dell’autonomia negoziale nella crisi familiare – Cass. civ, sez. I, ord., 21 luglio 2025, n. 20415

- 25 Settembre 2025

SOMMARIO: 1. Massima. 2. Il fatto. 3. La decisione. 4. Conclusioni.

Massima

È valido l’accordo stipulato tra coniugi in costanza di matrimonio che, in previsione dell’eventuale separazione, preveda l’assunzione da parte di uno di essi di obblighi patrimoniali in favore dell’altro.

Tale accordo costituisce un contratto atipico con condizione sospensiva lecita, espressione dell’autonomia negoziale dei coniugi e diretto a realizzare interessi meritevoli di tutela ex art. 1322 c.c., senza interferire con l’assetto inderogabile dei doveri matrimoniali, né con l’istituto dell’assegno divorzile.

Il fatto 

La vicenda trae origine da una scrittura privata del 27 novembre 2011, con la quale i coniugi, molti anni prima della successiva separazione (2019), concordavano la regolamentazione dei loro rapporti patrimoniali in caso di crisi coniugale.

In particolare, il marito riconosceva l’apporto economico della moglie al pagamento del mutuo e alle spese familiari, impegnandosi a corrisponderle, in caso di separazione, la somma di €146.400, mentre la moglie rinunciava ad alcuni beni mobili in suo favore.

All’esito del giudizio, il Tribunale e successivamente la Corte d’Appello riconoscevano la validità dell’accordo, qualificandolo come contratto atipico sottoposto a condizione sospensiva (la separazione personale).

A.A. ricorreva per Cassazione lamentando la nullità della scrittura per contrarietà agli artt. 143 e 160 c.c., nonché l’erronea interpretazione delle clausole contrattuali.

La decisione

La Suprema Corte respinge il ricorso.

In primo luogo, conferma la validità degli accordi stipulati tra coniugi in previsione di una futura crisi matrimoniale, purché non abbiano ad oggetto diritti indisponibili e non contrastino con norme imperative. Tali patti – sottolinea la Corte – costituiscono un esercizio legittimo dell’autonomia privata ex art. 1322 c.c., nella forma di un contratto atipico con condizione sospensiva lecita.

La decisione si inserisce in un filone giurisprudenziale ormai consolidato (Cass. 23713/2012; Cass. 19304/2013; Cass. 18066/2014; Cass. 11012/2021; Cass. 13366/2024), che ha progressivamente riconosciuto ai coniugi la possibilità di disciplinare anticipatamente i propri rapporti patrimoniali per il caso di separazione o divorzio.

La Corte esclude inoltre che la somma prevista costituisca una prestazione “una tantum” sostitutiva dell’assegno divorzile, trattandosi piuttosto di un riconoscimento di debito correlato a contributi economici effettivamente resi da uno dei coniugi.

Quanto alla censura interpretativa, la Cassazione la dichiara inammissibile, ribadendo che il giudizio di ermeneutica contrattuale è riservato al giudice di merito e non può essere sostituito dalla mera prospettazione alternativa del ricorrente.

Conclusioni

La pronuncia si colloca nel solco dell’ormai chiaro superamento della concezione “pubblicistica” del matrimonio, inteso come istituzione insuscettibile di regolazione negoziale, in favore di una prospettiva che valorizza l’autonomia privata dei coniugi anche nella fase patologica del rapporto.

Il principio affermato dalla Corte appare coerente con l’evoluzione normativa (dalla riforma del 1975 fino al D.L. 132/2014 sulla negoziazione assistita) e giurisprudenziale, che tende a riconoscere spazio all’autonomia contrattuale in funzione sia di prevenzione del contenzioso, sia di modulazione dei reciproci interessi patrimoniali (v. ex multis, Cass. civ., Sez. I, ord. 15 maggio 2024, n. 13366, Cass. civ., Sez. I, 27 aprile 2021, n. 11012).

Tuttavia, la soluzione adottata non è esente da criticità: da un lato, il rischio di patti squilibrati, specie in presenza di una disparità di forze contrattuali tra i coniugi; dall’altro, la difficoltà di distinguere tali accordi da clausole che, di fatto, possono incidere indirettamente sull’assegno divorzile.

La sentenza n. 20415/2025 conferma, dunque, l’apertura della giurisprudenza verso un modello di autonomia familiare responsabile, nel quale il vincolo coniugale non costituisce più un limite insuperabile all’autoregolamentazione privata, purché resti fermo il presidio dei diritti indisponibili e l’esigenza di tutela della parte debole e dei figli.

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