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Corte di Giustizia 3 luglio 2025 nella causa c-610/23, al Nasiria, ECLI:EU:C:2025:514

- 22 Luglio 2025

SOMMARIO: 1. Massima. 2. Antefatto della causa. 3. Le motivazioni della decisione della Corte di Giustizia

Massima

Nel contesto della protezione internazionale, la normativa greca che obbliga il richiedente a presentarsi di persona all’udienza per l’esame del proprio ricorso, prevedendo inoltre che l’assenza comporti la presunzione di irregolarità del ricorso stesso, è stata ritenuta in contrasto con il diritto dell’Unione europea.

Antefatto della causa 

Il 28 febbraio 2019, FO, cittadino iracheno, ha presentato una domanda di protezione internazionale presso il Perifereiako Grafeio Asylou Samou (Ufficio regionale per l’asilo di Samos, Grecia), adducendo che la sua vita era in pericolo nel paese di origine.

Nel corso di un colloquio, svoltosi il 24 febbraio 2020 presso l’Ufficio regionale per l’asilo di Salonicco, FO ha ulteriormente precisato di essere stato vittima di un grave episodio di violenza a causa di una relazione sentimentale con una giovane donna, venendo colpito con un’arma da fuoco da un membro della famiglia di quest’ultima. Nonostante avesse denunciato l’accaduto alle autorità di polizia, nessun provvedimento era stato adottato. FO ha inoltre dichiarato di essere stato condannato a morte da una decisione tribale, per aver proseguito tale relazione, presentando a sostegno un documento datato 1° ottobre 2018 che, secondo una traduzione non ufficiale, ordinava la sua esecuzione.

Ciononostante, con decisione del 18 maggio 2020, l’Ufficio regionale per l’asilo di Salonicco ha respinto la sua domanda ritenendo le sue dichiarazioni non credibili e il documento prodotto privo di valore probatorio, a causa dell’imprecisione del contenuto e dell’impossibilità di verificarne l’autenticità.

FO ha quindi presentato ricorso, il 27 agosto 2021, dinanzi alla 3ª commissione di ricorso indipendente, con l’assistenza di un avvocato mandatario. In tale occasione, gli è stato notificato che l’esame del ricorso si sarebbe tenuto l’11 ottobre 2021 e che, nonostante la procedura fosse generalmente scritta, egli avrebbe dovuto presentarsi personalmente all’udienza, salvo ricorressero particolari eccezioni previste dalla normativa.

FO, tuttavia, non si è presentato all’udienza. Dopo aver verificato l’assenza di impedimenti giuridici o di forza maggiore, la commissione ha respinto il ricorso in quanto manifestamente infondato ai sensi dell’articolo 97, paragrafo 2, della legge 4636/2019, senza procedere all’esame del merito. È stata inoltre disposta la misura del rimpatrio immediato senza concessione di un termine per la partenza volontaria.

Avverso tale decisione, FO ha proposto un ricorso di annullamento dinanzi al Dioikitiko Protodikeio Thessalonikis (Tribunale amministrativo di primo grado di Salonicco), giudice del rinvio, sostenendo che la sua assenza era dovuta a gravi difficoltà economiche che gli avevano impedito di recarsi da Salonicco ad Atene, e che la decisione della commissione aveva violato il suo diritto a un ricorso effettivo, non avendo esaminato il merito della domanda.

Il giudice del rinvio ha ritenuto rilevante la questione, evidenziando che le commissioni di ricorso indipendenti, istituite con l’articolo 4, paragrafo 1, della legge 4375/2016, esercitano funzioni giurisdizionali conformemente all’articolo 46 della direttiva 2013/32/UE e all’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Alla luce della sentenza D. e A. (C-175/11), tali commissioni devono garantire un esame effettivo e completo, in fatto e in diritto, delle domande di protezione.

In tale contesto, il giudice si è interrogato sulla compatibilità dell’obbligo di comparizione personale e delle relative conseguenze processuali – segnatamente la presunzione di infondatezza del ricorso in caso di mancata comparizione – con il diritto dell’Unione. In particolare, si è chiesto se tale meccanismo nazionale sia conforme ai principi di effettività e di equivalenza, nonché se costituisca un onere sproporzionato per i richiedenti, soprattutto in assenza della possibilità di rappresentanza legale in udienza o della previsione di misure compensative.

Secondo il giudice, tale obbligo procedurale potrebbe rendere eccessivamente difficile l’esercizio del diritto a un rimedio effettivo, compromettendo le garanzie previste dalla direttiva 2013/32 e dalla direttiva 2008/115. Inoltre, ha osservato che il rigetto per manifesta infondatezza, così come applicato dalla normativa greca, produce effetti giuridici ulteriori – tra cui l’immediato rimpatrio senza termine per la partenza volontaria e il divieto d’ingresso – che si discostano dalla logica dell’ordinamento dell’Unione, che ammette invece solo una presunzione di ritiro tacito della domanda in casi simili, e non una presunzione di infondatezza nel merito.

Alla luce di tali considerazioni, con ordinanza di rinvio pregiudiziale, il giudice del rinvio ha sottoposto alla Corte di giustizia dell’Unione europea le seguenti questioni interpretative, concernenti l’articolo 46 della direttiva 2013/32, il principio di equivalenza, il principio di effettività e la coerenza con la direttiva 2008/115.

Le motivazioni della pronuncia della Corte di Giustizia

Con le sue due questioni, , il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 46 della direttiva 2013/32, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta, debba essere interpretato nel senso che osta alla normativa di uno Stato membro che, in caso di inosservanza da parte di un richiedente protezione internazionale dell’obbligo procedurale di comparire personalmente dinanzi al giudice competente a statuire sul suo ricorso, presentato avverso una decisione di rigetto della sua domanda, stabilisce una presunzione di proposizione abusiva del ricorso e prevede che esso sia respinto in quanto manifestamente infondato, senza alcun esame nel merito.

Nel caso di specie, i dubbi del giudice del rinvio derivano dal fatto che, conformemente alla normativa nazionale di recepimento dell’articolo 46 della direttiva 2013/32, la mancata comparizione personale del richiedente dinanzi all’organo giurisdizionale determina una presunzione secondo cui il ricorso sarebbe stato proposto unicamente allo scopo di ritardare o ostacolare l’esecuzione di una decisione di allontanamento, autorizzandone quindi il rigetto in quanto manifestamente infondato. Tuttavia, tale presunzione automatica non tiene conto delle circostanze individuali e potrebbe pregiudicare il diritto del richiedente a un esame completo nel merito, in violazione del principio di effettività della tutela giurisdizionale.

Secondo il giudice del rinvio, infatti, l’assenza del richiedente potrebbe essere dovuta a cause indipendenti dalla volontà di eludere o ritardare l’espulsione, come problemi logistici, sanitari o amministrativi. In tal senso, la direttiva 2013/32 prevede che dall’inosservanza di determinati obblighi procedurali possa derivare, al massimo, una presunzione di ritiro implicito della domanda, ma non un rigetto per manifesta infondatezza. Tale distinzione non è meramente formale: mentre il ritiro implicito comporta la cessazione dell’esame per mancato interesse, il rigetto nel merito produce effetti preclusivi più rilevanti, incidendo sull’eventuale riproposizione della domanda.

L’articolo 46 della direttiva, al paragrafo 1, sancisce il diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, senza stabilire in maniera esaustiva le modalità procedurali. Tuttavia, al paragrafo 3, viene precisato che tale ricorso deve comportare un esame completo ed ex nunc degli elementi di fatto e di diritto rilevanti, anche ai fini della valutazione delle esigenze di protezione internazionale secondo la direttiva 2011/95. Come affermato nella sentenza Alheto (C‑585/16), l’obiettivo è assicurare un esame esaustivo e aggiornato, senza dover rinviare la decisione all’autorità amministrativa, promuovendo la celerità e l’efficienza del sistema senza sacrificare il rispetto delle garanzie procedurali.

A tal fine, l’articolo 46, paragrafo 4, lascia agli Stati membri il compito di stabilire le modalità procedurali necessarie all’esercizio del diritto al ricorso, nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento dell’Unione, in particolare del principio di effettività e dell’articolo 47 della Carta, che garantisce il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale. La giurisprudenza costante della Corte conferma che, pur nell’autonomia procedurale degli Stati membri, ogni misura deve rispettare i diritti fondamentali e non vanificare l’esercizio dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione.

Nel caso di specie, la normativa greca di recepimento, in particolare gli articoli 92 e 97 della legge 4636/2019, prevede l’obbligo per il richiedente di comparire dinanzi alle commissioni di ricorso, tutte con sede ad Atene, pena la presunzione che il ricorso sia abusivo e il conseguente rigetto per manifesta infondatezza. Sebbene la previsione di obblighi procedurali rientri nella discrezionalità nazionale, tale conseguenza automatica si configura come una restrizione sproporzionata al diritto a un ricorso effettivo, in quanto ostacola l’accesso a un esame nel merito per motivi potenzialmente estranei alla volontà del richiedente.

L’articolo 52, paragrafo 1, della Carta consente limitazioni ai diritti fondamentali solo se previste dalla legge, proporzionate e giustificate da obiettivi di interesse generale. In questo caso, sebbene gli obiettivi di efficienza e celerità del procedimento siano legittimi, la misura in questione appare eccessiva rispetto a tali fini, poiché sacrifica in modo automatico l’esame individuale della domanda e compromette il contenuto essenziale del diritto alla tutela giurisdizionale. L’articolo 46, paragrafo 11, della direttiva 2013/32, pur consentendo agli Stati membri di stabilire presunzioni di ritiro del ricorso, non giustifica la sostituzione di tale ritiro con un rigetto per manifesta infondatezza senza valutazione individuale.

In definitiva, la Corte di giustizia ha sottolineato che sebbene una normativa nazionale possa prevedere obblighi procedurali e presunzioni volte ad assicurare che solo i ricorsi effettivamente motivati siano trattati, tali misure devono essere compatibili con l’esigenza di garantire un ricorso effettivo. Una presunzione come quella prevista dal diritto greco, che comporta il rigetto del ricorso senza alcun esame nel merito, in caso di mancata comparizione personale, si rivela sproporzionata e, pertanto, contraria agli articoli 46 della direttiva 2013/32 e 47 della Carta.

Conclusioni

Condanna l’appellante al pagamento delle spese del presente grado di giudizio che liquida in complessivi € 3.000,00 oltre accessori di legge.

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