SOMMARIO: 1. Massima. 2. Il fatto. 3. La decisione. 4. Conclusioni.
Massima
In tema di revocazione delle decisioni della Corte di cassazione ex art. 391-bis e art. 395, n. 4, c.p.c., l’errore revocatorio sussiste solo in presenza di una svista percettiva, immediatamente rilevabile dal raffronto tra la sentenza e gli atti di causa, e non può consistere in un errore di valutazione giuridica o interpretativa. Ne consegue l’inammissibilità del ricorso che, sotto la veste del vizio revocatorio, miri a censurare il giudizio di diritto espresso dalla Corte di legittimità, poiché la revocazione non è un ulteriore grado di giudizio ma un rimedio eccezionale, limitato a casi di travisamento materiale.
Il fatto
La Corte d’Appello di Bari, con sentenza n. 2156/2022, confermava la pronuncia di primo grado che condannava Maria Lopez a restituire a Poste Italiane S.p.A. oltre 106.000 euro, indebitamente percepiti in esecuzione di una decisione poi dichiarata improcedibile in sede di rinvio.
Avverso tale decisione la ricorrente proponeva ricorso in Cassazione, respinto con ordinanza n. 15438/2024. Successivamente, la stessa proponeva ricorso per revocazione ai sensi degli artt. 391-bis e 395, n. 4, c.p.c., deducendo l’erronea percezione degli atti processuali e la falsa rappresentazione della realtà processuale da parte della Corte.
La società controricorrente eccepiva, preliminarmente, l’inammissibilità del ricorso per difetto di procura speciale.
La decisione
La Corte Suprema, in via preliminare, ha ritenuto infondata l’eccezione relativa alla procura, ribadendo – in linea con Cass. SS.UU. n. 36057/2022 e n. 2075/2024 – che il requisito di specialità è soddisfatto anche quando la procura sia rilasciata su foglio separato ma materialmente congiunto all’atto, purché nel corretto intervallo temporale tra la pubblicazione del provvedimento e la proposizione del ricorso.
Quanto al merito, la Corte ha richiamato i consolidati principi in materia di revocazione:
- l’errore revocatorio deve consistere in una svista obiettiva e immediatamente rilevabile, frutto di una mera supposizione percettiva;
- non rientrano nel rimedio gli errori di giudizio, le valutazioni giuridiche o le interpretazioni dei fatti (Cass. SS.UU. n. 5303/1997; n. 4413/2016; Cass. n. 14656/2017; Cass. n. 6945/2022);
- la revocazione non costituisce un ulteriore grado di giudizio, ma un rimedio straordinario di carattere eccezionale.
Applicando tali principi, la Corte ha ritenuto che le censure della ricorrente non indicassero alcuna svista percettiva, ma si limitassero a contestare il percorso argomentativo e le valutazioni di diritto svolte nell’ordinanza n. 15438/2024.
Rilevante, in particolare, il richiamo al principio secondo cui l’estinzione del giudizio di rinvio (art. 393 c.p.c.), successiva alla cassazione della sentenza d’appello che aveva riformato il capo condannatorio, comporta l’inesistenza di qualunque titolo giudiziale, con conseguente obbligo restitutorio in capo alla parte che abbia percepito somme in esecuzione del provvedimento riformato.
Conclusioni
La pronuncia conferma un orientamento rigoroso nel delimitare l’ambito della revocazione delle sentenze della Cassazione. L’istituto rimane confinato alle sole ipotesi di errore materiale o percettivo, escludendo qualsiasi forma di rivalutazione del merito o di contestazione delle interpretazioni giuridiche.
In questo senso, la decisione si colloca nel solco tracciato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. SS.UU. n. 20321/2025; Cass. n. 20013/2024) e dalla giurisprudenza eurounitaria e convenzionale (CGUE Kobler, Kapferer; Corte EDU Omar c. Francia, Erfar-Avef c. Grecia), che sottolineano il valore della stabilità del giudicato come presidio di certezza del diritto e di buona amministrazione della giustizia.
La sentenza n. 24067/2025, dunque, rafforza la concezione della revocazione come rimedio eccezionale, volto a correggere esclusivamente errori percettivi “grossolani” della Corte, e non come strumento surrettizio per riaprire il dibattito su questioni già decise.




