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Corte Cost. ud. 21 giugno 2023 (dep. 27 luglio 2023), n. 175

- 27 Ottobre 2023

SOMMARIO: 1. Massima. 2. Svolgimento del processo. 3. Motivi della decisione. 4. Dispositivo.

Massima

I singoli organi giurisdizionali sono legittimati a promuovere conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, in quanto competenti, in posizione di indipendenza costituzionalmente garantita, a dichiarare definitivamente, nell’esercizio delle funzioni attribuitegli, la volontà del potere cui appartengono[1]. Il Senato della Repubblica è legittimato a essere parte del conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, quale organo competente a dichiarare in modo definitivo la propria volontà in ordine all’applicazione dell’art. 68, primo comma, Cost.[2]

Svolgimento del processo 

La presente ordinanza, adottata in ottemperanza all’art. 37, l. n. 87/1953, ammette il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato (c.d. inter-organico) in relazione al caso Giarrusso, ex Senatore della Repubblica per il Movimento 5 Stelle (XVIII Legislatura).

Il caso trae origine da un’annosa questione politica, che aveva visto il Senatore Giarrusso al centro delle polemiche poiché questi, tramite il social network Facebook, avrebbe insultato e diffamato, ai sensi dell’art. 595, cc. 1 e 3, c.p. la giornalista Deborah Borgese, definita – di fatto – una iettatrice, nonché affiancata a soggetti pregiudicati per reati di mafia nell’ambito di un consesso elettorale di un piccolo paese siciliano.

Motivi della decisione

(…)

Il conflitto di attribuzione sarebbe ammissibile – sostiene la Sez. IV penale del Tribunale Monocratico di Catania – in virtù della lesione delle attribuzioni del potere giudiziario operata dalla Giunta per le Elezioni e le Immunità parlamentari, che aveva incluso il comportamento di Giarrusso nell’ambito di applicazione dell’art. 68, c. 1, Cost., in materia di insindacabilità dei parlamentari per le opinioni espresse nell’esercizio delle proprie funzioni.

La Consulta, nell’ordinanza de qua, si è trovata concorde con il giudice di merito e ha ritenuto opportuno optare per l’ammissibilità del ricorso per conflitto di attribuzione: la questione giuridica, dunque, ora viene trasferita all’attenzione del giudice costituzionale, che provvederà a decidere (bisognerà capire come, se in via demolitoria ovvero sposando un modus operandi più morbido, più flessibile, che è quello delle c.d. sentenze monitorie).

Innanzitutto, si passi brevemente in rassegna l’orientamento giurisprudenziale sulla c.d. diffamazione aggravata a mezzo stampa, tipologia di reato in cui è stata sussunta la fattispecie in oggetto dal Tribunale monocratico di Catania: il c. 3, art. 595, c.p. è stato più volte oggetto di trattazione dalla giurisprudenza di legittimità.

Si ricordi Cass. Pen., Sez. V, 25 marzo 2022 (ud. 10 dicembre 2021) n. 10762: il caso potrebbe essere definito un gemello di quello in oggetto, poiché riguarda – anch’esso – un caso di diffamazione aggravata ex c. 3, art. 595, c.p. mediante post pubblici su Facebook in cui non venga esplicitato il nome della persona offesa, ma la cui identità sia desumibile dal contesto e dal tenore sociale della pubblicazione.

Gli Ermellini, in questo caso, si sono limitati a consolidare un indirizzo diffuso presso i giudici di merito e in dottrina (ex plurimis, cfr. Trib. Milano, sez. VIII, 16 novembre 2005).

La giurisprudenza costituzionale, dal canto suo, non rileva direttamente per la trattazione di casistiche similari, avendo sì trattato della legittimità costituzionale dell’art. 595 c.p., tuttavia in relazione al quomodo sanzionatorio, statuendo la non obbligatorietà del carcere in caso di condanna per diffamazione a mezzo stampa.

Passando ora ad analizzare il panorama di dottrina e giurisprudenza che si staglia sull’escamotage di cui si è servita la Giunta per le elezioni e le immunità parlamentari, ossia l’art. 68, c. 1, Cost. è opportuno premettere – preliminarmente – il vizio lamentato dal Tribunale monocratico di Catania.

Il Tribunale a quo dichiara, nel ricorso per conflitto di attribuzione, di essere stato privato del potere di sindacato di merito poiché il Senato della Repubblica avrebbe posto il veto sulla questione, monopolizzandone impropriamente l’esito; ciò che lamenta il ricorrente è una necessità ermeneutica in relazione alla “extra-murarietà” delle dichiarazione dell’Onorevole: le opinioni – presunte diffamatorie – espresse su Facebook presentano una connessione funzionale con l’attività parlamentare, rientrando esse nella categoria di ciò che è lecito esprimere “nell’esercizio delle funzioni”?

(…)

“… esiste la materia di un conflitto, la cui risoluzione spetta alla competenza di questa Corte, (…) P.Q.M. la Corte Costituzionale

1) dichiara ammissibile, ai sensi dell’art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato promosso dal Tribunale ordinario di Catania, sezione quarta penale, in composizione monocratica, nei confronti del Senato della Repubblica, indicato in epigrafe;

dispone:

  1. che la cancelleria di questa Corte dia immediata comunicazione della presente ordinanza al predetto giudice, che ha promosso il conflitto di attribuzione;
  2. che il ricorso e la presente ordinanza siano, a cura del ricorrente, notificati al Senato della Repubblica, in persona del suo Presidente, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui al punto a), per essere successivamente depositati, con la prova dell’avvenuta notifica, nella cancelleria di questa Corte entro il termine di trenta giorni previsto dall’art. 26, comma 3, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.”

(…)

Dispositivo

Sul punto, la Consulta ha statuito (Corte cost., 9 giugno 2015, n 144) che, per considerare un’attività extra moenia rientrante nella fattispecie ex art. 68, c. 1, Cost., debbano sussistere due requisiti:

  1. Legame cronologico tra l’attività intra moenia e quella extra moenia;
  2. Che vi sia una corrispondenza di significato tra le opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni e gli atti esterni, non essendo sufficienti né semplici collegamenti tematici, né un mero contesto politico.

Il riferimento giurisprudenziale per i requisiti predetti è da rinvenire in due sentenze, ossia Corte cost., 4 maggio 2007, n. 152 e Corte cost., n. 131/2003.

Tuttavia, la Consulta ha più volte chiosato che la libertà di opinione ex art. 68, c. 1, Cost., comunque non sia tale da rendere leciti dei semplici insulti solo perché connesse a battaglie ideologico-politiche perpetrate dal parlamentare.

Nel ricorso, anzi, il Tribunale di Catania ritiene non invocabile l’art. 68 Cost. perché non sarebbero opinioni, ma giudizi di valore, essendo anche esclusa una connessione del fatto de quo con l’art. 21 Cost.

[1] Precedenti: O. 34/2023 – mass. 45357, O. 35/2022 – mass. 44519, O. 148/2020 – mass. 43530.

[2] Precedenti: O. 34/2023 – mass. 45357, O. 148/2020 – mass. 43530, O. 69/2020 – mass. 43150.

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