SOMMARIO: 1. Massima. 2. Svolgimento del processo. 3. Motivi della decisione. 4. Dispositivo.
Massima
In un sistema di messaggistica telematica che ormai, per effetto dell’ulteriore progresso delle telecomunicazioni, permette al destinatario di sottrarsi sempre all’interazione immediata con il mittente ponendo un filtro al rapporto con il soggetto che invia il messaggio molesto, l’equiparazione tra la invasività delle comunicazioni moleste effettuate tramite sistemi di messaggistica telematica e quella delle comunicazioni tradizionali effettuate con il mezzo del telefono non si giustifica più, perché la circostanza che il messaggio telematico abbia assunto quella maggiore invasività che lo rende assimilabile alla telefonata molesta ricevuta improvvisamente dipende non da una scelta del soggetto che invia, ma da una scelta del soggetto che riceve.
Svolgimento del processo
La Corte d’appello di Caltanissetta, riformando la pronuncia di primo grado emessa in rito abbreviato dal Tribunale di Caltanissetta, e riqualificato il fatto, originariamente contestato come reato previsto e punito dall’art. 612-bis c.p., in quello dell’art. 660 c.p., ha condannato D.P.F. alla pena di mesi 2 di arresto per avere inviato una richiesta di amicizia sul profilo Facebook dei figli naturali A. e B. , per aver inviato messaggi dello stesso tipo ai genitori adottivi di questi, per aver successivamente contattato tramite Facebook ed Instagram la nonna paterna adottiva dei minori, e per aver postato sempre su Facebook e Instagram fotografie ritraenti i propri figli naturali insieme ai genitori adottivi, fotografie su cui aveva apposto la frase di testo «i miei figli».
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso l’imputata, per il tramite del difensore, con i seguenti motivi di seguito descritti nei limiti strettamente necessari ex art. 173 disp. att. c.p.p.-
Con il primo motivo deduce inosservanza norma penale dell’art. 660 c.p., perché tale fattispecie prevede che il mezzo dell’azione molesta sia il telefono; la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che allo strumento del telefono possano essere equiparati altri mezzi di trasmissione, purché abbiano la caratteristica dell’essere imposti al destinatario, senza possibilità per questi di sottrarsi all’immediata interazione con il mittente, ed ha escluso l’esistenza del reato nel caso in cui la modalità della comunicazione sia asincrona perché l’azione del mittente si esaurisce nella memorizzazione di un documento di testo nella memoria dell’elaboratore del gestore del servizio nella comunicazione si perfeziona solo in un momento successivo quando il destinatario si connette a sua volta dall’elaboratore cosa che sarebbe avvenuta nel caso in esame.
Con il secondo motivo deduce mancata applicazione da parte del giudice di appello della causa di non punibilità dell’art. 131-bis c.p., astrattamente applicabile a seguito della riqualificazione del fatto in quello di cui all’art. 660 c.p.-
Con requisitoria scritta il Procuratore generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
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Motivi della decisione
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Gli elementi valutati dalla Corte di Cassazione possono essere così evidenziati:
– in primo luogo, vengono illustrati i vari orientamenti giurisprudenziali con riferimento alla locuzione «col mezzo del telefono», utilizzata dal legislatore del 1930, ed alla possibilità di ricomprendere in essa anche delle modalità di interferenza, non gradita, nella vita altrui create dallo sviluppo tecnologico, e non immaginate dal legislatore nel momento in cui è stata scritta la norma.
Una prima pronuncia (Cass. Pen., Sez. III, 26.03.2004 n. 28680) si è occupata, in particolare, della rilevanza penale della molestia arrecata mediante gli short messages system (SMS) ed ha ritenuto che la disposizione dell’art. 660 c.p. punisca anche la molestia posta in essere attraverso l’invio di tale tipologia di messaggi, che sono trasmessi attraverso sistemi telefonici mobili o fissi, e che, a giudizio di questa pronuncia, non possono essere assimilati a messaggi di tipo epistolare, in quanto il destinatario di essi è costretto, sia de auditu che de visu, a percepirli, con corrispondente turbamento della quiete e tranquillità psichica, prima di poterne individuare il mittente, il quale in tal modo realizza l’obiettivo di recare disturbo al destinatario.
Una seconda pronuncia (Cass. Pen., Sez. I, 17.06.2010, n. 24510) si è occupata della rilevanza penale delle molestie perpetrate mediante messaggi di posta elettronica, ed ha introdotto una prima limitazione alla possibilità di sussumere nell’ambito della norma dell’art. 660 c.p. anche questa tipologia di comunicazione a distanza generata dal progresso dei sistemi di telecomunicazione. Con riferimento ai messaggi di posta elettronica, infatti, la sentenza D’Alessandro ha sostenuto che il principio di stretta legalità e di tipizzazione delle condotte illecite dell’art. 1 c.p. impedisce che l’interpretazione dell’espressione «col mezzo del telefono» possa essere dilatata sino a comprendere anche le modalità di comunicazione asincrona, quale l’invio di messaggi di posta elettronica, che pure utilizzano la rete telefonica e la rete cellulare delle bande di frequenza. La sentenza ha, infatti, sostenuto che l’invio di un messaggio di posta elettronica, – esattamente proprio come una lettera spedita tramite il servizio postale – non comporta (a differenza della telefonata) nessuna immediata interazione tra il mittente e il destinatario.
In definitiva, sul piano del rispetto del principio di tipicità della fattispecie penale, questa pronuncia sgancia la interpretazione della locuzione «col mezzo del telefono» dall’utilizzo di un apparecchio telefonico e ritiene sufficiente che la comunicazione avvenga attraverso le linee telefoniche, ma, sul piano della ratio, fissa la linea di confine della fattispecie penale nella circostanza che la comunicazione avvenga con modalità sincrona, dando luogo ad una immediata interazione tra soggetto agente e destinatario della comunicazione. La locuzione codicistica «col mezzo del telefono» diventa, pertanto, la formula utilizzata dal legislatore del 1930 per sanzionare le condotte moleste perpetrate mediante una comunicazione di carattere invasivo cui il destinatario non può sottrarsi.
Una terza pronuncia (Cass. Pen., Sez. 1, 27.09.2011 n. 36779), muovendo dal rilievo che i risultati dell’innovazione tecnologica consentono di inviare messaggi di posta elettronica, in entrata e in uscita, attraverso i normali apparecchi telefonici, fissi o mobili, sostanzialmente con le stesse modalità di invio degli sms, ha ritenuto che, ai sensi dell’art. 660 c.p., al termine telefono debba essere equiparato, senza esondare dal perimetro dei possibili significati della formulazione letterale impiegata dal legislatore, qualsiasi mezzo di trasmissione, tramite rete telefonica e rete cellulare delle bande di frequenza, di voci e di suoni imposti al destinatario, senza possibilità per lo stesso di sottrarsi alla immediata interazione con il mittente. In definitiva, anche questa pronuncia aggancia la interpretazione della locuzione «col mezzo del telefono» all’utilizzo delle linee telefoniche, ma fissa la linea di confine della fattispecie nella circostanza che le comunicazioni avvengano con un mezzo che raggiunge il destinatario dell’azione perturbatrice in modo invasivo, mediante una interazione immediata con il mittente cui il destinatario non può sottrarsi, e tale invasività consisterebbe nel sistema di alert di cui è dotata la forma di comunicazione.
Una quarta pronuncia (Cass. Pen., Sez. 1, 18.03.2021, n. 37974) ha puntualizzato ulteriormente, in ordine alle molestie arrecate tramite messaggistica istantanea sms e WhatsApp, che la interazione immediata, e non gradita, del destinatario con il mittente può consistere non soltanto nell’avvertimento acustico che indica l’arrivo del messaggio, ma anche nella percezione immediata e diretta del contenuto del messaggio attraverso l’anteprima di testo che compare sulla schermata di blocco. Nel percorso logico di questa pronuncia il distinguo tra messaggistica telematica e messaggistica tramite sms non ha ragion d’essere, in quanto entrambi possono realizzare in concreto una diretta e immediata intrusione del mittente nella sfera delle attività del ricevente. In definitiva, anche questa pronuncia aggancia la interpretazione della locuzione «col mezzo del telefono» all’utilizzo delle linee telefoniche, ma fissa la linea di confine della fattispecie nella circostanza che le comunicazioni avvengano con un mezzo che raggiunge il destinatario dell’azione perturbatrice in modo invasivo, imponendogli una interazione immediata con il mittente, e tale invasività consisterebbe, in questo caso, nel sistema di preview di cui è dotata la forma di comunicazione.
Una quinta pronuncia (Cass. Pen., Sez. 1, 04.05.2021 n. 28959), di poco successiva, si è occupata di nuovo delle comunicazioni che avvengono mediante posta elettronica, ha escluso la rilevanza penale delle stesse ai sensi dell’art. 660 c.p., a causa della minore invasività della modalità asincrona attraverso cui avviene la comunicazione,però, ha apposto a tale conferma della irrilevanza penale la necessaria precisazione, imposta dal progresso tecnologico della rilevanza penale di tale forma di comportamenti molesti se la comunicazione tramite posta elettronica avviene con un telefono attrezzato, che permette la trasmissione di voci e di suoni in modalità sincrona, che avvertono non solo l’invio e la contestuale ricezione di sms (short messages system), ma anche l’invio e la ricezione di posta elettronica. In definitiva, anche secondo questa pronuncia la linea di confine della fattispecie consiste nella circostanza che le comunicazioni avvengano con un mezzo che raggiunge il destinatario dell’azione perturbatrice in modo invasivo, obbligandolo all’immediata interazione con il mittente, e l’invasività dipende anche in questo caso dall’esistenza o meno di sistemi di alert o preview di cui è dotata la comunicazione molesta;
– il secondo fulcro della sentenza concerne il confronto con la tesi che le comunicazioni moleste effettuate tramite sistemi di messaggistica telematica possano avere una invasività minore della comunicazione tradizionale effettuata con il mezzo del telefono. Tale assioma viene superato in concreto attribuendo rilievo decisivo alla circostanza che le comunicazioni moleste effettuate mediante messaggistica telematica siano affiancate da un sistema di alert o di preview, che le rende invasive nello stesso modo di quelle effettuate a mezzo del telefono.
In realtà, però, se sono i sistemi di alert o preview che affiancano la forma di comunicazione a distanza a rendere la stessa sufficientemente invasiva da dover essere considerata molesta nel significato dell’art. 660 c.p., deve essere a questo punto osservato che la esistenza o meno di un sistema di alert o preview dipende, in realtà, non dal soggetto che invia, ma da quello che riceve, che può decidere liberamente se consentire all’applicazione di messaggistica telematica di inviargli la notifica della ricezione di un messaggio.
Difatti in un sistema di messaggistica telematica che ormai, per effetto dell’ulteriore progresso delle telecomunicazioni, permette al destinatario di sottrarsi sempre all’interazione immediata con il mittente ponendo un filtro al rapporto con il soggetto che invia il messaggio molesto, la equiparazione tra la invasività delle comunicazioni moleste effettuate tramite sistemi di messaggistica telematica e quella delle comunicazioni tradizionali effettuate con il mezzo del telefono non si giustifica più, perché la circostanza che il messaggio telematico abbia assunto quella maggiore invasività che lo rende assimilabile alla telefonata molesta ricevuta improvvisamente dipende non da una scelta del soggetto che invia, ma da una scelta del soggetto che riceve.
L’istantaneità della comunicazione molesta veicolata tramite la messaggistica telematica, e la circostanza che essa giunga in un momento improvviso non regolabile dal soggetto che riceve la comunicazione, sono, infatti, caratteristiche accessorie del mezzo utilizzato, che il destinatario può evitare, sottraendosi a quella interazione immediata con il mittente che è la linea di delimitazione della fattispecie penale.
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Dispositivo
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 d.lgs.196/03 in quanto imposto dalla legge.