
SOMMARIO: 1. Massima. 2. Svolgimento del processo. 3. Motivi della decisione. 4. Dispositivo.
Massima
L’estorsione realizzata, con minaccia silente, da un soggetto appartenente ad un’associazione mafiosa integra esclusivamente l’aggravante di cui all’art. 628, co. 3, n. 3, c.p., in quanto connessa alla sola provenienza qualificata della condotta intimidatoria, e non anche quella di cui all’art. 416 bis.1 c.p., sotto il profilo dell’utilizzo del metodo mafioso, poiché richiede una sua concreta manifestazione all’esterno, funzionale ad agevolare la commissione del reato.
Svolgimento del processo
I profili di maggior interesse della vicenda in esame attengono ai capi di imputazione nn. 1 e 3.
Il capo n.1 (art. 416 bis c.p.) indica Giorgi Salvatore e Catalanotto Francesco quali partecipi dell’associazione mafiosa Cosa nostra radicata nei territori di Mazara del Vallo, Campobello di Mazara e Castelvetrano.
La contestazione di cui al capo n. 3 indica Giorgi Salvatore quale partecipe (in concorso con Messina Dario e Buffa Marco) di una vicenda estorsiva posta in essere nei confronti dei gestori del bar ‘Fiocca’ di Marsala, tesa a imporre il mantenimento all’interno del locale delle slots machines riferibili a Giorgi e a Luppino.
In riferimento alla posizione di Giorgi Salvatore, la Corte di Appello ha accolto la doglianza difensiva in riferimento al delitto di cui al capo n. 1, con assoluzione dell’imputato perché il fatto non sussiste.
Avverso la sentenza della Corte di Appello il PG territoriale propone ricorso, limitatamente alla posizione di Giorgi Salvatore ed in riferimento alla assoluzione dal delitto di associazione mafiosa e alla esclusione della circostanza aggravante (capo n.3) di cui all’art.628, comma 3 n.3 c.p.
In riferimento al capo n.1, si deduce vizio di motivazione per illogicità, contraddittorietà e travisamento.
Si afferma, infatti, che la Corte di secondo grado ha svalutato la portata indiziante — a carico di Giorgi – di numerosi elementi di prova esposti nella decisione di primo grado.
Si rappresenta, in particolare, che la Corte di secondo grado in modo contraddittorio non ha tenuto conto della rilevanza probatoria della condotta di estorsione (capo 3), realizzata da Giorgi in concorso proprio con il Messina, nel corso della quale si manifesta in modo inequivoco la consapevolezza in capo al Giorgi del ruolo di vertice mafioso del Messina.
Sul piano oggettivo, non vi è dubbio che la condotta tenuta da Giorgi abbia agevolato la riscossione da parte del Messina dei contributi economici derivanti dall’attività dei centri scommesse e in numerose conversazioni è lo stesso Giorgi a manifestare la assoluta consapevolezza della destinazione del denaro ai bisogni della consorteria mafiosa, adottando particolari precauzioni durante gli incontri.
In riferimento al capo n.3, si deduce erronea applicazione di legge in riferimento alla esclusione della circostanza aggravante di cui all’art.628, comma 3 n.3 c.p.
Secondo quanto prospettato dal ricorrente, l’assoluzione di Giorgi è irrilevante: si ritiene sufficiente ad integrare l’aggravante che l’estorsione sia stata commessa da costui in concorso con Messina Dario e Buffa Marco, questi ultimi certamente appartenenti all’associazione mafiosa.
Propone altresì ricorso Giorgi Salvatore. Il motivo di ricorso di maggior interesse concerne il capo n. 3, che si appunta sul riconoscimento della circostanza aggravante dell’impiego del metodo mafioso.
La mera presenza del Messina, mai raggiunto da condanna per appartenenza al sodalizio mafioso, mai poteva essere considerata idonea a realizzare la particolare coartazione prevista dalla norma che configura l’aggravante in parola.
Motivi della decisione
(…)
Il giudice di legittimità ha giudicato fondato il ricorso proposto dal Procuratore Generale territoriale, con riferimento alla posizione di Giorgi Salvatore. Ha, inoltre, giudicato fondati, nei limiti che si diranno, gli altri ricorsi.
(…)
La Cassazione ha dunque accolto il ricorso del PG territoriale sulla ricorrenza della circostanza aggravante di cui all’art.629 comma 2 in rapporto all’art.628 comma 3 n.3 c.p.: tale circostanza determina un incremento sanzionatorio se la violenza o minaccia è posta in essere da chi fa parte di un’associazione mafiosa.
La ratio della suddetta previsione non va rinvenuta nella mera condizione soggettiva di mafioso (altrimenti si rientrerebbe in una logica di diritto penale d’autore), bensì nel surplus della capacità intimidatoria ricollegabile alla provenienza qualificata della condotta intimidatoria.
Del resto, già in precedenti arresti, la Cassazione aveva ritenuto che, ai fini della configurabilità della circostanza aggravante prevista dall’art. 628, comma terzo n. 3, c. p., non è necessario che l’appartenenza dell’agente a un’associazione di tipo mafioso sia accertata con sentenza definitiva, ma è sufficiente che tale accertamento sia avvenuto nel contesto del provvedimento di merito in cui si applica la citata aggravante (così Sez. II n. 33775 del 4.5.2016, rv 267850).
Il giudice di legittimità si è altresì confrontato con le censure difensive dirette a contestare la ricorrenza della circostanza aggravante di cui all’art.416 bis.1 c.p., qui declinata nel senso deIl’avvalersi delle condizioni di cui all’art.416 bis c.p.
In particolare, la Cassazione ha ritenuto necessario escludere l’aggravante appena citata. In tal senso ha valorizzato quanto sostenuto a proposito della modalità di realizzazione della estorsione con applicabilità dell’art.628 comma 3 n.3 c.p., nonché l’esigenza di evitare irragionevoli duplicazioni sanzionatorie.
Da un lato, infatti, si valorizza – in negativo – una particolare modalità commissiva del delitto, rappresentata dall’ essersi gli agenti avvalsi delle condizioni di cui all’art. 416 bis c.p.
Tali condizioni sono, per dettato normativo, rappresentate dalla forza di intimidazione del vincolo associativo e dalla condizione di assoggettamento ed omertà che ne deriva tra i consociati.
Si è ritenuto, sul punto che tale ’corno’ deII’aggravante incrimini essenzialmente le condotte espressive in concreto di una maggior valenza intimidatoria, poste in essere da soggetti associati o anche non associati.
In tale direzione, si è ritenuto che l’aggravante dell’impiego del metodo — di natura oggettiva- è configurabile nel caso di condotte che presentano un nesso eziologico immediato rispetto all’azione criminosa, in quanto logicamente funzionali alla più pronta e agevole perpetrazione del crimine, non essendo pertanto integrata dalla sola connotazione mafiosa dell’azione o dalla mera ostentazione, evidente e provocatoria, dei comportamenti di tale organizzazione.
In altre parole, in caso di estorsione, ad essere incriminata è la maggior forza delI’intimidazione – derivante dalla pregressa opera di riduzione delle altrui difese in virtù dell’esistenza del gruppo mafioso – tesa a determinare una più intensa coartazione psicologica.
Nel caso di soggetto associato che realizzi (anche in concorso) una estorsione si è ritenuto, in generale, che le due aggravanti (utilizzo del metodo e pregressa appartenenza del soggetto alla associazione) siano in un rapporto di possibile coesistenza. In tema di estorsione, la circostanza aggravante di cui all’art. 416-bis.1 c.p. può pertanto concorrere con quella di cui all’art. 628, comma terzo, n.3, c. p., richiamata dall’art. 629, comma secondo, c. p., essendo le stesse ancorate a presupposti fattuali differenti: la prima, infatti, presuppone l’accertamento che la condotta di reato sia stata commessa con modalità di tipo mafioso, pur non essendo necessario che l’agente appartenga al sodalizio criminale, mentre la seconda si riferisce alla provenienza della violenza o minaccia da soggetto appartenente ad associazione mafiosa, senza la necessità di accertare in concreto le modalità di esercizio di tali violenza o minaccia né che esse siano attuate utilizzando la forza intimidatrice derivante dalI’appartenenza all’associazione mafiosa.
Qualora, dunque, venga in considerazione la minaccia «silente», come nel fatto storico in esame, ad essere rilevante è esclusivamente il dato dell’appartenenza del soggetto – che realizza la minaccia – alla consorteria mafiosa, posto che la capacità intimidatoria è correlata alla sola appartenenza.
Se ciò consente, come si è detto, l’applicazione della circostanza aggravante di cui all’art.628 comma 3 n.3 c.p., altrettanto non può dirsi per l’avvenuto utilizzo del metodo mafioso (art.416 bis.1 c.p.) che richiede una ulteriore esternazione funzionale alla semplificazione delle modalità commissive del reato.
Di conseguenza, nel particolare caso della «minaccia silente» l’applicazione dell’aggravante specifica di cui all’art.628 comma 3 n.3 esclude la contemporanea applicazione deIl’aggravante di cui all’art.416 bis.1 c.p.
(…)
Dispositivo
In accoglimento del ricorso del Procuratore Generale annulla la sentenza impugnata nei confronti di Giorgi Salvatore con riferimento all’assoIuzione dal delitto di cui al capo n.1 e alla esclusione delI’aggravante di cui all’art.628 comma 3 n. 3 c.p. per il delitto di cui al capo 3, con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte d’AppelIo di Palermo.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di Giorgi Salvatore limitatamente all’aggravante di cui all’art.416 bis.1 c.p., contestata per il delitto di cui al capo 3, aggravante che esclude.
Rigetta nel resto il ricorso di Giorgi Salvatore.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di Catalanotto Francesco limitatamente all’aggravante di cui all’art.416 bis comma 6 c.p., che esclude, e ridetermina la pena nei confronti di Catalanotto Francesco in anni otto di reclusione.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di De Santo Paolo limitatamente aIl’aggravante di cui all’art.416 bis.1 c.p., che esclude, e ridetermina la pena nei confronti di De Santo Paolo in anni due di reclusione, con la sospensione condizionale della pena.
Revoca l’interdizione temporanea dai pubblici uffici nei confronti del De Santo. Condanna Catalanotto Francesco alla rifusione delle spese delle parti civili: Comune di Castelvetrano, che liquida in euro 6.000 oltre accessori di legge; Comune di Campobello di Mazara, che liquida in euro 6.000 oltre accessori di Iegge; Associazione Antiracket e Antiusura di Trapani che liquida in euro 6.000 oltre accessori di Iegge; Codici Sicilia e Associazione Antimafia e Antiracket la verità vive! Onlus, ammesse al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di Appello di Palermo con separato decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83 DPR n.115/2002, disponendo il pagamento in favore dello Stato.
Rimette al merito la liquidazione delle spese sostenute dalle predette parti civili nei confronti di Giorgi Salvatore.