SOMMARIO: 1. Massima. 2. Antefatto della causa. 3. Le motivazioni della pronuncia della Corte di giustizia.
Massima
Nel caso di un’indagine transfrontaliera svolta dalla Procura europea in più Stati membri dell’UE, la Corte di giustizia ha stabilito che la competenza a monitorare l’adozione e la giustificazione delle misure investigative spetta ai giudici dello Stato membro del procuratore responsabile dell’indagine. Il controllo giurisdizionale nei restanti Stati membri si limita agli aspetti esecutivi, tranne in caso di grave violazione dei diritti della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, dove è richiesto un controllo preventivo nello Stato membro del procuratore responsabile dell’indagine.
Antefatto della causa
La Procura europea ha svolto alcune indagini preliminari riguardanti GK, S. L. e B O. D. GmbH attraverso un procuratore europeo delegato in Germania, sospettate di aver rilasciato false dichiarazioni doganali, causando un danno di circa 1.295.000 euro agli interessi finanziari dell’Unione.
Nel corso dell’indagine in Germania, la Procura europea ha ritenuto necessario acquisire prove da altri Stati membri, incluso l’Austria. Per questo motivo, il procuratore europeo delegato tedesco ha disposto, in conformità all’articolo 31 del regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio del 12 ottobre 2017, la perquisizione e il sequestro dei beni in Austria appartenenti agli imputati, da parte di un procuratore europeo delegato aggiunto austriaco. Quest’ultimo, il 9 novembre 2021, ha autorizzato perquisizioni e sequestri presso i locali commerciali di B O. D. e della sua società madre, nonché presso le abitazioni di G. K. e SL, tutte situate in Austria. Ha inoltre chiesto l’autorizzazione ai tribunali austriaci competenti (conformemente all’articolo 31, paragrafo 3, primo comma, del Regolamento 2017/1939).
Il 1° dicembre 2021, GK, B O. D. e S. L. hanno presentato un ricorso contro le decisioni dei giudici austriaci che hanno autorizzato le misure contestate, davanti all’Oberlandesgericht Wien (Tribunale regionale superiore di Vienna, Austria), giudice del rinvio. Nel ricorso, hanno contestato la giustificazione delle misure investigative adottate nei loro confronti.
Il giudice del rinvio si è interrogato se, in caso di atto d’indagine delegato che richieda l’ottenimento di un’autorizzazione giudiziaria nello Stato membro del procuratore europeo delegato aggiunto, tale atto debba essere esaminato da un giudice di tale Stato membro riguardo a tutti gli aspetti formali e sostanziali previsti dalle norme dello stesso Stato membro.
La Corte di giustizia, riunita in Grande Sezione, nella sua sentenza ha fornito dettagli sulla portata del controllo che può essere esercitato dai giudici che ricevono una richiesta del procuratore europeo aggiunto delegato di autorizzare un atto investigativo.
Le motivazioni della pronuncia della Corte di giustizia
Innanzitutto, la Corte di giustizia ha osservato che, se l’articolo 31, paragrafo 3, primo comma, del regolamento 2017/1939 prevede l’ottenimento di un’autorizzazione giudiziaria conformemente al diritto dello Stato membro del procuratore europeo delegato aggiunto in cui si trova l’autorità investigativa delegata misura richiede tale autorizzazione ai sensi del diritto di tale Stato membro, gli articoli 31 e 32 di tale regolamento non specificano la portata del controllo effettuato dal giudice competente. Tuttavia, dal testo di questi due articoli (più specificamente, l’articolo 31, commi 1 e 2, e l’articolo 32 del Regolamento (UE) 2017/1939) risulta che l’adozione di un atto d’indagine delegato, nonché la sua giustificazione, sono disciplinati dal diritto dello Stato membro del procuratore europeo delegato competente per il caso, mentre l’esecuzione di tale misura è disciplinata dal diritto dello Stato membro del procuratore europeo delegato aggiunto. La distinzione così stabilita da tali articoli tra la giustificazione e l’adozione di un atto di indagine delegato, da un lato, e la sua esecuzione, dall’altro, riflette la logica sottesa al sistema di cooperazione giudiziaria in materia penale tra Stati membri, che è basato sui principi di fiducia e riconoscimento reciproci. Tuttavia, nell’ambito della cooperazione giudiziaria fondata su tali principi, l’autorità di esecuzione non è tenuta a vigilare sul rispetto, da parte dell’autorità di emissione, delle condizioni per l’emissione della decisione giudiziaria che deve eseguire.
La Corte di giustizia ha ricordato poi che, attraverso l’istituzione di una Procura europea, il regolamento 2017/1939 mira a contrastare più efficacemente i reati lesivi degli interessi finanziari dell’Unione (considerando 12, 14, 20 e 60 del Regolamento 2017/1939). Ne consegue che, definendo le procedure previste da tale regolamento, il legislatore dell’Unione ha inteso istituire un meccanismo che garantisse un grado di efficacia delle indagini transfrontaliere svolte dalla Procura europea almeno pari a quello risultante dalla domanda delle procedure previste nell’ambito del sistema di cooperazione giudiziaria in materia penale tra Stati membri basato sui principi di fiducia e riconoscimento reciproci. Tuttavia, se il rilascio dell’autorizzazione giudiziaria di cui all’articolo 31, paragrafo 3, primo comma, di tale regolamento potesse essere subordinato all’esame, da parte dell’autorità competente dello Stato membro del procuratore europeo delegato aggiunto, degli elementi relativi alla giustificazione e all’adozione del provvedimento delegato di indagine in questione, ciò si tradurrebbe, in pratica, in un sistema meno efficace di quello istituito da siffatti strumenti giuridici e pregiudicherebbe quindi l’obiettivo perseguito dal regolamento stesso. Da un lato, infatti, l’autorità competente dello Stato membro del procuratore europeo delegato aggiunto dovrebbe, in particolare, esaminare in modo approfondito l’intero fascicolo del caso, che dovrebbe esserle trasmesso e, se necessario, tradotto. D’altro canto, per effettuare il suo esame, dovrebbe applicare la legge dello Stato membro del procuratore europeo delegato incaricato del caso, anche se non può ritenersi nella posizione migliore per farlo.
La Corte di giustizia ha concluso che il regolamento 2017/1939 stabilisce, ai fini della cooperazione tra procuratori europei delegati nell’ambito delle indagini transfrontaliere della Procura europea, una distinzione tra le responsabilità legate alla giustificazione e all’adozione della misura delegata, che competono al procuratore europeo delegato incaricato del caso, e quelle relative all’esecuzione di tale misura, che competono al procuratore europeo delegato aggiunto. Conformemente a tale ripartizione delle responsabilità, il controllo legato all’autorizzazione giudiziaria che sarebbe richiesto secondo il diritto dello Stato membro del procuratore europeo delegato aggiunto può riguardare solo gli elementi relativi all’esecuzione di tale misura, esclusione degli elementi relativi alla giustificazione ed adozione del suddetto provvedimento.
Per quanto riguarda gli elementi relativi alla giustificazione e all’adozione della misura delegata, la Corte di giustizia ha sottolineato tuttavia che essi dovrebbero essere soggetti al previo sindacato giurisdizionale nello Stato membro del procuratore europeo delegato competente per il caso in caso di grave ingerenza nei diritti della persona dell’interessato garantito dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Infatti, ai sensi dell’articolo 31, comma 2, del regolamento 2017/1939, spetta allo Stato membro del procuratore europeo delegato competente per il caso prevedere il preventivo controllo giurisdizionale delle condizioni relative alla giustificazione e all’adozione di un mandato investigativo delegato, tenendo conto delle esigenze derivanti dalla Carta dei diritti fondamentali. Nel caso in cui si tratti di misure investigative quali perquisizioni di abitazioni private, misure cautelari relative a beni personali o congelamento di beni, spetta poi a tale Stato membro fornire, nell’ordinamento nazionale, garanzie adeguate e sufficienti, al fine di garantire la legalità e la necessità di tali misure.