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Cass. Civ, sez. II, ud. 4 giugno 2024 (dep. 30 luglio 2024), n. 21227

- 3 Settembre 2024

SOMMARIO: 1. Massima. 2. Svolgimento del processo. 3. Motivi della decisione. 4. Dispositivo.

Massima

In tema di azione di regolamento di confini, nell’indagine diretta a delimitare il confine tra due fondi limitrofi costituenti lotti separati di un appezzamento originariamente unico, rivestono importanza decisiva i tipi di frazionamento allegati ai singoli atti di acquisto ed in essi richiamati con valore negozialmente vincolante, i cui dati catastali, per espressa volontà delle parti, perdono l’originaria natura di elemento probatorio di carattere sussidiario per assurgere ad elemento fondamentale per l’interpretazione dell’effettivo intento negoziale delle parti.

Svolgimento del processo 

Negli ultimi giorni precedenti il mese di agosto, nell’archivio giurisprudenziale della Cassazione è stata pubblicata un interessante sentenza in tema di azione di regolamento di confini.

La decisione merita una puntuale disamina perché richiama alla memoria taluni principi consolidati che assumono importanza primaria per il diritto di proprietà.

Nel caso in esame, la Cassazione è chiamata a pronunciarsi in ordine a una vicenda relativa al regolamento di confini tra due fondi.

Nel giudizio di primo grado, gli attori evocavano in giudizio i “vicini” invocando il regolamento dei confini tra le rispettive proprietà delle parti e al fine di ottenere la condanna al rilascio di un’area abusivamente occupata.

A sua volta, i convenuti, resistendo alla domanda principale, allegando che era parte attrice ad aver occupato senza titolo una porzione di terreno, proponevano domanda riconvenzionale per l’accertamento dell’intervenuto acquisto per usucapione, in loro favore, del diritto di proprietà, o di servitù, sull’area oggetto della domanda principale.

Gli attori proponevano a loro volta reconventio reconventionis, invocando l’accertamento dell’intervenuto acquisto per usucapione, in loro favore, del diritto di proprietà dell’area da loro eventualmente occupata.

In primo grado il Tribunale rigettava la domanda riconvenzionale di usucapione, accogliendo invece quella proposta dagli attori in sede di reconventio reconventionis, regolava il confine e condannava i convenuti alle spese del grado.

La Corte d’Appello accoglieva in parte il gravame interposto dagli originari convenuti avverso la decisione di prime cure, regolando il confine in corrispondenza del muro di recinzione esistente in loco, in coerenza con le risultanze della C.T.U. esperita in primo grado.

Avverso la decisione della Corte, proponeva ricorso per Cassazione parte attrice lamentando:

  • la violazione o falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c. e 960 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente determinato il confine senza considerare le risultanze dei titoli di proprietà allegati dalle parti, che facevano riferimento entrambi ad un unico tipo di frazionamento;
  • l’omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., perché la Corte di Appello non avrebbe tenuto conto dell’esistenza di un tipo di frazionamento indicato da ambedue i titoli di proprietà allegati dalle parti.

Motivi della decisione

(…)

Siano consentite brevi premesse per consentire al Lettore di comprendere pienamente la decisione della Cassazione che qui si intende illustrare.

In seno all’art. 950 c.c. “Quando il confine tra due fondi è incerto, ciascuno dei proprietari può chiedere che sia stabilito giudizialmente. Ogni mezzo di prova è ammesso. In mancanza di altri elementi, il giudice si attiene al confine delineato dalle mappe catastali”.

Va premesso che in giurisprudenza è ben saldo il principio per cui tale azione sia finalizzata alla rimozione di una situazione d’incertezza tra due fondi limitrofi; scopo di quest’ultima è, non solo la tutela del proprietario di un fondo, ma anche la limitazione dell’eventuale esercizio abusivo del potere proprietario; ne consegue che il diritto di proprietà, pur sempre da intendersi come diritto pieno ed esclusivo, non è più «assoluto», in quanto su di esso gravano: da un lato, limiti individuati dal legislatore nell’interesse della tutela dei privati; dall’altro lato, limiti posti dallo stesso legislatore nell’interesse pubblico, ossia la c.d. «funzione sociale»

In chiave pragmatica, l’azione di regolamento di confini ha un intrinseco effetto recuperatorio il quale, nell’ipotesi in cui si sia verificato uno sconfinamento in uno dei due fondi, comporta l’obbligo di rilascio della porzione indebitamente posseduta, indipendentemente dall’intenzionalità dell’accertata occupazione abusiva.

Sul piano probatorio, incombe sia sull’attore che sul convenuto l’onere di allegare e fornire qualsiasi mezzo di prova idoneo all’individuazione dell’esatta linea di confine, mentre il giudice, del tutto svincolato dal principio “actore non probante reus absolvitur”, deve determinare il confine in relazione agli elementi che gli sembrano più attendibili, ricorrendo in ultima analisi alle risultanze catastali, aventi valore sussidiario (Cass. civ., sez. II, ord., 30 aprile 2024 n. 11557).   

Ciò premesso, nella sentenza in esame, la Cassazione ritiene che i motivi proposti dal ricorrente debbano essere esaminati congiuntamente.

Nel giudizio di appello, la Corte aveva espressamente indicato che “Deve in primo luogo affermarsi che dalla lettura dei titoli di proprietà di entrambe le parti non si rinvengono specifiche indicazioni circa la esatta individuazione dei confini tra i lotti di terreno confinanti, ma solo ed unicamente un richiamo ai dati catastali ed al tipo di frazionamento approvato nel 1979 (n.ro 55 del 13.11.1979) e predisposto dalla impresa costruttrice C.I.S.T.O.S. (cfr. pag. 12 della sentenza)”.

Tale dato ha assunto un ruolo dirimente per la decisione della Cassazione che, come si dirà a breve, ha cassato la sentenza.

Invero, l’asserzione appena richiamata costituisce un duplice accertamento in fatto circa:

l’originaria unicità del lotto, poi frazionato dall’unica impresa costruttrice;

l’esistenza, in ambedue i titoli di proprietà allegati dalle parti, di un richiamo ad un comune tipo di frazionamento.

Sulla scia di tali elementi di fatto si innesca l’interpretazione dell’art. 950 c.c. come plasmata dalla giurisprudenza che deve orientare la valutazione del giudice: in particolare, è pacifico che nell’indagine diretta a delimitare il confine tra due fondi limitrofi costituenti lotti separati di un appezzamento originariamente unico, rivestono importanza decisiva i tipi di frazionamento allegati ai singoli atti di acquisto ed in essi richiamati con valore negozialmente vincolante, i cui dati catastali, per espressa volontà delle parti, perdono l’originaria natura di elemento probatorio di carattere sussidiario per assurgere ad elemento fondamentale per l’interpretazione dell’effettivo intento negoziale delle parti.

L’errore interpretativo commesso dalla Corte di Appello risiede proprio nel non aver valorizzato il comune richiamo ed attribuire valenza negoziale alle risultanze del predetto tipo di frazionamento, individuando il confine tra i fondi in coerenza con queste ultime.

Al contrario, il Collegio ha ravvisato l’incertezza del confine tra i fondi, pur in presenza di un richiamo, contenuto in entrambi i titoli, al medesimo tipo di frazionamento, predisposto a suo tempo dall’unica impresa costruttrice.

Ne discende che – almeno prima facie – non sussiste alcuna tipologia di incertezza tra i fondi, poiché esisteva, a monte, una volontà negoziale specifica volta a delimitare il confine fra essi mediante il richiamo ai dati catastali già predisposti all’epoca del frazionamento del lotto.

Il giudice di secondo grado sarà tenuto a procedere ad un nuovo accertamento del fatto, individuando il confine in coerenza con i titoli di proprietà allegati dalle parti, e dunque con le risultanze del tipo di frazionamento richiamato in entrambi i predetti.

(…)

Dispositivo

Per tali motivi, la Corte cassa la sentenza rinviandola ad altra sezione della Corte d’Appello.

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