SOMMARIO: 1. Massima. 2. Svolgimento del processo. 3. Motivi della decisione. 4. Dispositivo.
Massima
Ai fini della configurabilità del vincolo della continuazione fra fattispecie penali realizzatesi nel medesimo processo e quelle oggetto di giudizio da parte di altre sentenze irrevocabili occorre che l’organo giudicante proceda ad una corretta verifica dei presupposti, rappresentati dalla violazione omogenea dell’interesse tutelato, dal lasso temporale, dalla tipologia delle condotte e dalle reiterate scelte assunte dall’agente nella realizzazione dei fatti integranti reato, in quanto tale istituto non è configurabile nell’ipotesi di modalità dell’azione di stampo contingente o comunque avente natura occasionale.
Svolgimento del processo
Il Tribunale di Pavia ha ritenuto fondata la responsabilità penale dell’imputata per tre reati di truffa e plurimi delitti di sostituzione di persona e la condannava, in virtù dell’adozione della disciplina della continuazione, alla pena della reclusione di 3 anni e 6 mesi e alla multa di 2500 euro.
Con successiva decisione, la Corte di appello di Milano, riformava parzialmente la predetta sentenza nel senso che disponeva non doversi procedere per un episodio di truffa ai sensi dell’art. 649 c.p.p., mentre con riguardo ai casi di sostituzione di persona commessi fino al 27 settembre 2016 ne ravvisava l’intervenuta prescrizione e procedeva alla contestuale rideterminazione della pena, pari a 2 anni, dieci mesi, 6 giorni di reclusione e 2000 euro di multa.
Avverso la sentenza impugnata, il difensore della ricorrente proponeva ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
Con il primo motivo, il legale dell’imputata eccepiva la mancata riconoscibilità da parte della Corte di appello di Milano dell’istituto della continuazione fra le fattispecie penali contestate in sede processuale e quelle che erano già state oggetto di giudizio con tre decisioni irrevocabili, nonostante l’evidente conformità strutturale degli illeciti penali, la presenza di condotte analoghe, la reiterazione delle medesime in un serrato arco temporale.
Quanto al secondo motivo, il difensore della ricorrente delineava mancata osservanza dell’art. 81, secondo comma, c.p., da parte dell’organo giudicante che, sulla base di quanto statuito dal giudice di prime cure, aveva effettuato la rideterminazione della pena oltre le prescrizioni sancite dalla legge.
Sotto tale profilo, la Corte distrettuale deduceva la pena base in misura superiore al triplo e detraeva il quantum inerente alle pene per l’ipotesi in cui operava la sentenza di non doversi procedere.
Motivi della decisione
(…)
I motivi analizzati dalla Suprema Corte possono così essere articolati:
Preliminarmente, il primo motivo di ricorso risulta infondato.
L’esclusione del regime della continuazione acquisisce rilevanza giuridica in virtù di un autorevole orientamento giurisprudenziale delle Sezioni Unite, secondo cui occorre che l’organo giudicante proceda ad una seria e puntuale analisi dell’esistenza di parametri fondamentali, rappresentati dall’uniforme compressione dell’interesse protetto, dall’esame delle dinamiche spazio-temporali, dalle tipologie di condotta, dalla concatenazione e dalla programmazione dei fatti-reato, dalla sussistenza di un disegno criminoso, per cui i plurimi comportamenti non siano espressione di logiche criminogene contingenti ed estemporanee (Cass. pen. S.U. 18.5.2017 n. 28569; Cass. pen. Sez. II, 26.11.2020 n. 37063).
La valutazione dei suddetti requisiti spetta al giudice di merito e non può costituire oggetto di sindacato di legittimità qualora il ragionamento logico giuridico risulti caratterizzato da congrua e idonea motivazione.
Nel caso de quo, il ripetuto compimento delle ipotesi di truffa entro un ampio lasso temporale (dal 2013 al 2018) delineava una particolare propensione criminale dell’imputata, dedita ad un’organizzazione professionale del crimen e ad una precisa pianificazione dell’attività delittuosa promossa nel tempo.
Quanto al secondo motivo, esso risulta fondato.
Sul punto, il giudice di prime cure non ha osservato il limite sancito dall’art. 81, primo comma, c.p., cui rinvia il secondo comma della medesima norma che disciplina il reato continuato e acquisisce rilievo anche sul piano dell’esecuzione penale.
Invero, il Tribunale di Pavia, dopo aver individuato la pena detentiva in un anno di reclusione per la violazione più grave (la truffa di cui al Capo N), ha irrogato, previo vincolo di continuazione, la pena nella misura di 3 anni e 6 mesi di reclusione.
Orbene, la Corte di appello di Milano ha individuato l’erronea adozione della normativa penale ma ha optato per una diminuzione del regime sanzionatorio derivante dalle sentenze di non doversi procedere fondato sul ricalcolo del medesimo livello sanzionatorio illegale (3 anni e 6 mesi di reclusione).
La Corte distrettuale avrebbe dovuto invece ridurre la stessa entro i 3 anni di reclusione, per poi procedere alle diminuzioni desunte dalle sentenze di non doversi procedere, in modo da individuare il corretto calcolo degli incrementi di pena a titolo di continuazione per gli altri episodi di truffa e di sostituzione di persona.
(…)
Dispositivo
La Suprema Corte dichiara l’annullamento senza rinvio della decisione impugnata con riguardo al delitto di sostituzione di persona di cui agli artt. 81, 110, 494, c.p., di cui al Capo O., in ordine ai fatti realizzati sino al 18.1.2017, estinti per intervenuta prescrizione.
Si dispone altresì l’annullamento della sentenza in esame con riferimento alla rideterminazione del livello sanzionatorio in virtù dell’adozione della disciplina della continuazione, con contestuale rinvio a differente Sezione della Corte di appello di Milano.
Infine, la Corte di Cassazione reputa inammissibile gli altri profili di ricorso e ritiene integrata la responsabilità penale a carico dell’imputata per gli episodi di truffa di cui al Capo N.