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Nessun obbligo di avvisare il conducente della facoltà ex art. 114 disp. Att. C.p.p., in caso di rifiuto a sottoporsi ad alcol test – Cass. Pen., sez. IV, ud. 4 dicembre 2024, n.47324 (dep. 23 dicembre 2024)

- 17 Gennaio 2025

SOMMARIO: 1. Massima. 2. Il fatto. 3. La decisione. 4. Conclusioni.

Massima

Non sussiste l’obbligo di avvisare il conducente di un veicolo a motore della facoltà di farsi assistere da un difensore – o da una persona di fiducia – per l’esecuzione dell’alcoltest in caso di rifiuto di sottoporsi all’accertamento. L’avvertimento ex art. 114 disp. att. c.p.p. è volto a garantire che la presenza del difensore durante l’accertamento dello stato di ebbrezza (o di alterazione da sostanze psicotrope) assicuri che l’atto – a sorpresa e non ripetibile – sia effettuato nel rispetto dei diritti della persona sottoposta alle indagini. Tale obbligo di avviso, tuttavia, viene meno in caso di rifiuto a compiere l’atto, poiché, in tale momento, risulta già integrato il reato ex art. 186, comma 7, D.Lgs. n. 285/1992.

Il fatto 

Il Tribunale di Torino, con sentenza del 14 giugno, emessa all’esito del giudizio abbreviato, assolveva l’imputata dal reato di cui all’art. 186-bis comma 6, in relazione all’art. 186, comma 2, lett. c), C.d.s., e all’art. 187 comma 8 C.d.s., aggravato dall’essere stato commesso da persona minore degli anni 2l e neopatentata.

S.N., dopo essere stata coinvolta in un sinistro stradale mentre era alla guida della propria autovettura, rifiutava di sottoporsi all’accertamento del tasso alcolemico e dello stato di alterazione conseguente all’uso di sostanze psicotrope.

In particolare, l’imputata, neopatentanta infraventunenne, restava coinvolta in un sinistro stradale, dopo avere tamponato l’autovettura che la precedeva.

Dopo essere stata trasportata al Nosocomio dal personale del 118, ed essere stata sottoposta alle cure del caso, sopraggiungeva la polizia municipale che domandava l’esecuzione di esami medici volti ad appurare il tasso alcolemico dell’imputata e i livelli tossicologici.

S.N., però, rifiutava di sottoporsi agli esami e domandava la dimissione.

Il Tribunale assolveva l’imputata osservando, da un lato, che l’illecito penale non poteva dirsi perfezionato, stante l’omesso avviso all’imputata di farsi assistere dal difensore; dall’altro, il Giudice di prime cure rilevava che la richiesta di accertamento dello stato alcolemico e tossicologico non era stata rivolta all’interessata dalla P.g., ma quest’ultima aveva compulsato il personale medico.

Affinché sussista il reato ascritto all’imputata, occorre che il rifiuto sia espresso agli Organi accertatori, non risultando sufficiente il dissenso manifestato ai sanitari.

Avverso la pronuncia assolutoria, ha proposto ricorso per cassazione il Pubblico ministero, censurando la violazione di legge, in quanto il Tribunale avrebbe disatteso l’indirizzo maggioritario della giurisprudenza di legittimità, secondo il quale il reato de quo è integrato a prescindere che sia stata o meno somministrato l’avviso di cui all’art. 114 disp. att. c.p.p.

Peraltro, considerato che il giudizio era stato celebrato con le forme del rito abbreviato, la mancanza dell’avviso integrerebbe una nullità a regime intermedio, non tempestivamente eccepita.

Sotto altro profilo, rilevava il Pubblico ministero, gli accertamenti sanitari per la verifica dell’eventuale stato di intossicazione sono svolti proprio presso le strutture sanitare pubbliche, ex artt. 186 e 187 C.d.s.

Il Procuratore generale chiedeva che fosse dichiarato inammissibile il ricorso.

La decisione

La Suprema Corte ha accolto il motivo di ricorso, formulando i seguenti rilievi.

In primo luogo, la Corte ha dato atto che il tema è stato variamente scrutinato dalla giurisprudenza di legittimità, in seno alla quale si sono formati due indirizzi esegetici: all’impostazione secondo la quale il difetto dell’avviso ex art. 114 disp. att. c.p.p. rende inconfigurabile il reato di rifiuto, si è contrapposto un successivo indirizzo — del tutto consolidato — in forza del quale l’obbligo di avvisare il conducente della facoltà di farsi assistere da un difensore non sussiste in presenza di un rifiuto, a monte, di sottoporsi all’accertamento (cfr., ex multis, Cass. pen., Sez. IV, 10.02.2021, n. 33594)

In proposito, infatti, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che l’avvertimento ex art. 114 disp. att. c.p.p. intende garantire che l’atto in questione sia eseguito rispettando i diritti della persona sottoposta alle indagini.

La Corte ha ritenuto, inoltre, condivisibile le prospettazioni del Pubblico ministero in punto di rilevabilità della nullità eventualmente verificatasi.

In proposito, infatti, trattandosi di procedimento definito con le forme del rito abbreviato risulta evidente che la violazione dell’obbligo di somministrare al conducente l’avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia integra una nullità di ordine generale, a regime intermedio, da rilevare a norma degli artt. 180 e 182, comma 2, c.p.p., vale a dire fino al momento della deliberazione della sentenza di primo grado, che resa sanata nel caso in cui l’imputato opti per il rito abbreviato (cfr. Cass. pen., Sez. IV, 3.11.2021, n. 40550).

Pertanto, considerato che non risulta ravvisabile alcuna nullità tempestivamente dedotta, è integrato il reato di cui all’art. 186, comma 5, C.d.s., così come richiamato dall’art. 186-bis, comma 6, C.d.s. nella parte in cui sanziona il rifiuto dei conducenti infraventunenni di sottoporsi ad accertamenti per lo stato di alterazione alcolica.

Del pari, risulta integrata la fattispecie di cui all’art. 187, comma 8, C.d.s. rispetto al rifiuto di sottoporsi ai test per l’accertamento dello stato di alterazione da assunzione di sostanze psicotrope.

Sotto altro profilo, atteso che l’imputata, in conseguenza dell’incidente stradale in cui era stata coinvolta, aveva riportato trauma cranico con prescrizione del collare cervicale – ed era, dunque, bisognevole di cure mediche – e che gli operanti non poteva eseguire le rilevazioni richieste sul luogo del sinistro, risultava del tutto legittima la richiesta rivolta dalla P.g. al personale sanitario affinché accertassero il tasso alcolemico e l’eventuale assunzione di stupefacenti da parte di S.N.

Per le ragioni esposte, il ricorso per Pubblico ministero risultava fondata e doveva, quindi, trovare accoglimento.

Conclusioni

La Suprema Corte ha, pertanto, accolto il ricorso annullando la sentenza impugnata per un nuovo giudizio da parte della Corte territoriale.

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