
SOMMARIO: 1. Massima. 2. Svolgimento del processo. 3. Motivi della decisione. 4. Dispositivo.
Massima
La disciplina della prescrizione introdotta dalla c.d. legge Orlando sia più favorevole rispetto al-la disciplina sopravvenuta che, pur avendo abrogato la sospensione del corso della prescrizione, ne ha tuttavia contemporaneamente introdotto la cessazione definitiva alla pronuncia della sentenza di primo grado, prevedendo il regime della causa di improcedibilità per supera-mento dei termini massimi di durata del processo esclusivamente ed espressamente per i reati commessi dopo il 1° gennaio 2020.
Svolgimento del processo
La Corte di Appello, pronunciando sul gravame nel merito proposto dal ricorrente, con la sentenza in epigrafe ha confermato la sentenza con cui il Tribunale, in composizione monocratica, all’esito di giudizio ordinario, lo aveva condannato alla pena di mesi quattro di arresto ed euro 2.500,00 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali, con la sanzione accessoria della sospensione della patente di guida per mesi sei, sostituendo la pena con quella del lavoro di pubblica utilità per la durata di mesi quattro e giorni dieci in quanto riconosciutolo colpevole del reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. b) e 2 sexies cod. strada (l’aggravante di aver commesso il fatto in ora notturna e, precisamente, alle ore 04,50 circa, mentre la contestata di cui al comma 2-bis dell’avere causato il sinistro è stata esclusa già dal giudice di prime cure sul rilievo che il sinistro è stato provocato dall’altro automobilista), per essersi posto alla guida del veicolo in stato di ebbrezza alcolica, con tasso pari a 1,33 g/l alla prima prova e 1,28 g/l alla seconda prova.
Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, l’imputato a mezzo del proprio difensore di fiducia, deducendo, i motivi di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, co. 1, disp. att., cod. proc. pen.-
Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge laddove la Corte territoriale, come sollecitata dal difensore con la memoria depositata il 20.3.2024, avrebbe dovuto dichiarare la prescrizione del reato contravvenzionale di cui all’imputazione in quanto alla data della pronuncia (27.3.2024) era decorso il termine massimo di prescrizione, spirato il 19.8.2013, non potendo trovare applicazione nel caso che ci occupa la disciplina di cui all’art. 161-bis cod. proc. pen. di nuova introduzione.
La causa di estinzione del reato – sottolinea il ricorrente – era intervenuta prima del decreto di citazione per il giudizio di appello, datato 23.2.2024.
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta violazione di legge in ragione della nullità del decreto di citazione a giudizio in appello ai sensi del novellato art. 601, comma 5, cod. proc. pen., come pure richiesto con la già citata memoria difensiva del 20.3.2024.
Il ricorrente fa presente di essere a conoscenza di decisioni contrastanti sul punto, ma di condividere l’orientamento espresso dalle sentenze 49644/2023 e 48056/2023 in base al quale il nuovo termine a comparire di 40 giorni di cui al novellato art. 601, comma 3 cod. proc. pen. è vigente e decorre dal 30.12.2022 sulla base del combinato disposto del d.lgs. 150/2022, dell’art. 16, comma 1, del d.l. 228/2021 nonché in applicazione del disposto di cui all’art. 6 del d.l. n. 162/2022 convertito con modificazioni in legge 199/2022. Pertanto, il decreto di citazione per il giudizio di appello, emesso il 23.2.2024 e notificato in data 26.2.2024 con fissazione dell’udienza per il 27.3.2024 è nullo ex art. 601 cod. proc. pen. per inosservanza del nuovo termine minimo a comparire di giorni 40, nullità di carattere generale, ex articolo 178, lettera c), e 180 cod. proc. pen., rilevabile d’ ufficio, e dedotta dalla difesa prima della deliberazione della sentenza di appello con la memoria di replica depositata in data 20.03.2024.
Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente lamenta omessa motivazione della sentenza impugnata in relazione agli specifici motivi di appello nn. 1 e 2 e a quanto specificato con la memoria di replica 20.03.2024.
Soprattutto con quest’ultima il difensore ricorda di avere sollevato in via preliminare la questione, rilevabile d’ufficio, della nullità del decreto di citazione del giudizio di appello per mancato rispetto del nuovo termine a comparire di 40 giorni. Su tale rilievo si lamenta che la Corte territoriale nulla motivi. Con la medesima memoria, la difesa sollevava altresì la questione, rilevabile d’ufficio, dell’estinzione del reato per intervenuta prescrizione. E anche su tale rilievo la Corte nulla motiva. Infine, nel merito, con la medesima memoria la difesa replicava alle conclusioni del Procuratore Generale sottolineando la non applicabilità al caso concreto del precedente giurisprudenziale, dovendosi ritenere assolto dalla difesa nel corso del dibattimento l’onere di allegazione rispetto ai legittimi dubbi sulla regolarità della certificazione di omologazione del modello di alcoltest Drager Safety 71 10/MK3 utilizzato per gli accertamenti.
La Corte territoriale anche in questo caso – ci si duole – avrebbe omesso di confrontarsi compiutamente sul punto, non essendo contestato dalla difesa il buon funzionamento in concreto dell’apparecchio, quanto l’inutilizzabilità degli esiti in virtù della irregolarità della certificazione di omologazione ai sensi degli artt. 379 e 192 comma 5 del Regolamento di attuazione del Codice della Strada. Irregolarità della certificazione di omologazione per il modello di alcoltest utilizzato (modello Drager Safety 711 OIMK3) dichiarata dal Giudice del Tribunale di Bologna come da sentenza n. 1088 del 20.05.2020 prodotta nel corso dell’istruttoria dibattimentale di primo grado (come da verbale d’udienza 06.04.2024 di cui si chiede la trasmissione ai sensi dell’art. 165-bis, comma 2, norme di att. c.p.p..).
Su tale rilievo, inerente appunto non il buon funzionamento dell’apparecchio, ma la regolarità della certificazione di omologazione e del rispetto del Regolamento di attuazione del codice della strada per tale modello di etilometro, la Corte nulla motiva.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
Motivi della decisione
(…)
Gli elementi valutati dalla Corte di Cassazione possono essere così evidenziati:
– il reato contravvenzionale di cui all’imputazione è stato commesso il 19/8/2018 per cui trova applicazione la disciplina dettata dall’art. 1, comma 11 lett. b), legge 23 giugno 2017 n.103 in base alla quale il corso della prescrizione è da ritenersi sospeso dal termine previsto dall’art. 544 cod. proc. pen. per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di primo grado, ossia nel caso in esame dal 6 aprile 2023, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza di appello, ossia sino al 27 marzo 2024, per un periodo complessivo di undici mesi e ventuno giorni.
La c.d. legge Orlando, com’è noto, aveva modificato il previgente art. 159, comma 2, cod. proc. pen., e introdotto la sospensione del corso della prescrizione: a) dal termine previsto dall’art. 544 cod. proc. pen. per il deposito della sentenza di condanna di primo grado, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza che definisce il grado successivo per un tempo, comunque, non superiore a un anno e sei mesi; b) dal termine previsto dall’art. 544 cod. proc. pen. per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di secondo grado, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza definitiva, per un tempo comunque non superiore a un anno e sei mesi.
L’art. 159, comma 2, cod. proc. pen., così come introdotto dalla legge suindicata, era stato riformulato dall’art. 1, comma 1, lett. e) n. 1 della legge 9 gennaio 2019 n. 3 (c.d. legge Bonafede), che aveva introdotto, a decorrere dal 1° gennaio 2020, la previsione per cui il corso della prescrizione rimane sospeso dalla pronunzia della sentenza di primo grado, o dal decreto di condanna, fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o della irrevocabilità del decreto di condanna.
L’art. 159, comma 2, cod. pen. è stato, infine, definitivamente abrogato dall’art. 2, comma 1, lett. a) della legge 27 settembre 2021 n. 134 (la c.d. Riforma Cartabia), che ha contestualmente introdotto l’art. 161-bis cod. pen., a norma del quale il corso della prescrizione cessa definitivamente con la pronuncia della sentenza di primo grado. La stessa legge ha introdotto all’art. 344 bis cod. proc. pen., solo per i reati commessi a far data dal 1° gennaio 2020 (ai sensi dell’art. 2, comma 3, l’improcedibilità dell’azione penale in caso di mancata definizione del giudizio di appello e di cassazione entro il termine, rispettivamente, di due anni e di un anno, decorrenti dal novantesimo giorno successivo alla scadenza del termine previsto dall’art. 544 cod. proc. pen. eventualmente prorogato ai sensi dell’art. 154 disp. att. cod. proc. pen., termini prorogabili con ordinanza nei casi previsti dall’art. 344-bis, comma 4, cod. proc. pen.
L’operatività dell’art. 159, comma 2, cod. pen., così come modificato dall’art. 1, legge 23 giugno 2017, n. 103, deve essere quindi riconosciuta quale disciplina più favorevole sia rispetto alla disciplina introdotta, a decorrere dal 1° gennaio 2020, con l’art. 1, comma 1 lett. e) n. 1, legge 9 gennaio 2019, n. 3, successivamente abrogato dall’art. 2, comma 1 lett. a), legge 27 settembre 2021, n. 134, sia rispetto alla disciplina introdotta con quest’ultima legge (c.d. riforma Cartabia).
Da ciò consegue che, per i fatti commessi nel vigore della legge Orlando, ossia dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019, il criterio di prevalenza della legge più favorevole in caso di successione di leggi penali nel tempo previsto dall’art. 2, comma 4, cod. pen. mantiene come termine di paragone la sospensione del corso della prescrizione introdotta dalla legge n. 103/2017.
Ne consegue la coesistenza di diversi regimi di prescrizione, applicabili in ragione della data del commesso reato e in particolare, come già chiarito in precedenti pronunce: a. per i reati commessi fino al 2 agosto 2017, si applica la disciplina della prescrizione dettata dagli artt. 157 e ss. cod. pen., così come riformulati dalla legge 5 dicembre 2005 n. 251 (c.d. legge ex Cirielli); per i reati commessi a far data dal 3 agosto 2017 e fino al 31 dicembre 2019, si applica la disciplina della prescrizione come prevista dalla legge 23 giugno 2017 n. 103 (c.d. legge Orlando), con i periodi di sospensione previsti dall’art. 159, comma 2, cod. pen. nel testo introdotto da tale legge; per i reati commessi a far data dal 1° gennaio 2020, si applica in primo grado la disciplina della prescrizione come dettata dagli artt. 157 e ss. cod. proc. pen., senza conteggiare la sospensione della prescrizione di cui all’art. 159, comma 2, cod. pen., essendo stata tale norma abrogata dall’art. 2, comma 1, lett. a), legge n.134/2021 e sostituita con l’art. 161-bis cod. pen. (c.d. riforma Cartabia), e nei gradi successivi la disciplina della improcedibilità, introdotta appunto da tale legge.
La Corte ha quindi affermato che la disciplina della prescrizione introdotta dalla c.d. legge Orlando sia più favorevole rispetto alla disciplina sopravvenuta che, pur avendo abrogato la sospensione del corso della prescrizione, ne ha tuttavia contemporaneamente introdotto la cessazione definitiva alla pronuncia della sentenza di primo grado, prevedendo il regime della causa di improcedibilità per superamento dei termini massimi di durata del processo esclusivamente ed espressamente per i reati commessi dopo il 1 gennaio 2020.
(…)
Dispositivo
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.