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Esclusione per mancata separazione dei costi della manodopera nelle gare d’appalto. Consiglio di Stato, sez. III, 22 novembre 2024, n. 9419

- 28 Dicembre 2024

SOMMARIO: 1. Massima. 2. Il fatto. 3. La decisione. 4. Conclusioni.

Massima

Il Consiglio di Stato, Sez. III, con la sentenza n. 9419, pubblicata in data 22 novembre 2024, ha confermato l’indirizzo giurisprudenziale, ormai radicato, secondo cui “la mancata separazione dei costi della manodopera, anche laddove non espressamente prevista dalla legge di gara, costituisce causa di esclusione non sanabile mediante la procedura di soccorso istruttorio.”

Il fatto 

La presente sentenza ha origine dell’impugnazione proposta dalla società New Food società coop. sociale s. r.l., (di qui in avanti New Food) innanzi al Tribunale amministrativo Regionale per la Basilicata avverso la sua esclusione disposta dal Comune di Lagonegro dalla gara d’appalto “per l’affidamento del servizio di mensa scolastica per il biennio 2023/2025, per l’importo complessivo di € 200.000,00 compresi oneri per la sicurezza, di € 2000,00 esclusa i.v.a”.

Nello specifico, la società ricorrente ha adito il TAR predetto al fine di ottenere l’annullamento dell’esclusione e degli atti di gara e, in subordine, il risarcimento del danno per equivalente Inoltre, con motivi aggiunti ha chiesto, altresì, l’annullamento della determina n. 39 del 7 febbraio 2024, portante l’aggiudicazione dell’appalto alla controinteressata G.L.M. Ristorazione (di qui in avanti GLM).

La società ricorrente lamentava la violazione e falsa applicazione dell’art. 41, comma 14, del d.lgs. n. 36 del 2023, sul presupposto che la lex specialis non avrebbe previsto nell’individuazione nei documenti di gara “i costi della manodopera”.

Con altro e diverso motivo di ricorso New Food ha, ancora, lamentato che le imprese concorrenti avrebbero ribassato anche il costo del personale, in aperta violazione dell’art. 41, comma 14, del d.lgs. n. 36 del 2023. A sostegno di tale tesi, la ricorrente ha invocato il rispetto del principio dell’inderogabilità assoluta dei costi della manodopera, che sarebbe, invece, stato disatteso dalla Stazione appaltante.

Con terzo e ultimo motivo di ricorso, la ricorrente lamentava che la Stazione Appaltante avrebbe erroneamente ritenuto incongrue le proprie giustificazioni, a seguito dell’attivazione dell’istituto della verifica di anomalia.

Successivamente, con ricorso per motivi aggiunti, la ricorrente sollevava ulteriori motivi di ricorso, avverso la determinazione n. 39 del 7 febbraio 2024, portante l’aggiudicazione della gara di appalto alla controinteressata GLM.

Con la sentenza n. 273 del 21 maggio 2024, il Tribunale Amministrativo Rregionale per la Basilicata respingeva il ricorso e i motivi aggiunti proposti dalla società ricorrente.

Avverso tale sentenza la società soccombente in primo grado New Food proponeva appello innanzi il Consiglio di Stato e, articolando tre motivi di censura, ne ha chiesto, previa sospensione dell’esecutività, la riforma, con il conseguente annullamento degli atti gravati in prime cure e l’aggiudicazione della gara in proprio favore.

Con memoria di costituzione e difesa, si costituiva il solo Comune di Lagonegro per chiedere la reiezione dell’appello.

Nella pubblica udienza del 7 novembre 2024, il Collegio, ha trattenuto la causa in decisione.

La decisione

Nel merito, il Consiglio di Stato passa in rassegna il primo e il secondo motivo di appello, che per ragioni di connessione possono essere esaminati congiuntamente, laddove, l’appellante sostiene, a suo dire, che la Stazione Appaltante non avrebbe previsto i costi della manodopera nell’importo a base di gara; dall’altro, le offerte presentate dalle altre concorrenti non avrebbero contenuto uno scorporo del costo del personale, che di fatto era stato ribassato.

Nel merito, il Tribunale di primo grado, riguardo il primo profilo, ha ritenuto tardiva la censura, in quanto la società ricorrente avrebbe dovuto “impugnare tempestivamente il bando e il disciplinare”.

Invece, per quanto concerne il secondo motivo di appello, il TAR ha aderito all’indirizzo giurisprudenziale, al momento dominante nel panorama giurisprudenziale, secondo cui: “è possibile da parte dell’operatore economico il ribasso anche del costo della manodopera”, derivandone “non l’esclusione dalla gara, ma l’assoggettamento della offerta alla verifica dell’anomalia”.

Sul punto, il Consiglio di Stato, in primo luogo richiama recente giurisprudenza sul tema, a tenore del quale, la mancata separazione dei costi della manodopera, anche laddove non espressamente prevista dalla legge di gara, costituisce causa di esclusione non sanabile mediante la procedura di soccorso istruttorio.

Di talchè, è concorde con quanto statuito dal giudice di prime cure, laddove ha stabilito che la censura è tardiva per omessa impugnazione immediata del bando. Per tale motivo, il Consiglio di Stato rigetta il primo motivo e secondo di appello.

Dunque, il Consiglio di Stato passa in rassegna il terzo e ultimo motivo di appello, avente ad oggetto l’error in iudicando, la violazione e falsa applicazione art. 110 del d.lgs. 36/2023, oltre che l’eccesso di potere sotto il profilo del difetto assoluto del presupposto, erroneità manifesta, illogicità, l’appellante lamenta che le sue articolate giustificazioni, riproposte con il gravame in esame, non sarebbero state esaminate dalla commissione di gara.

Il Tribunale di primo grado ha ritenuto infondata la censura, sulla base del presupposto secondo cui: “il giudizio sulle offerte sospettate di essere anomale sono espressione di un tipico potere tecnico discrezionale, riservato alla pubblica amministrazione, non sindacabile in sede giurisdizionale, salvo ipotesi di manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell’operato della Commissione di gara”

Su tale argomento, la giurisprudenza del Consiglio di Stato, ha avuto modo di precisare che: “nelle gare pubbliche la verifica dell’anomalia dell’offerta è finalizzata alla verifica dell’attendibilità e della serietà della stessa ed all’accertamento dell’effettiva possibilità dell’impresa di eseguire correttamente l’appalto alle condizioni proposte. La relativa valutazione della stazione appaltante ha natura globale e sintetica e costituisce espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale riservato alla Pubblica amministrazione che, come tale, è insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che la manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell’operato, renda palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta” (Consiglio di Stato, sez. V, 30 ottobre 2017, n. 4978).

Di norma, infatti, il giudice amministrativo non può procedere ad alcuna autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci, che rappresenterebbe un’inammissibile invasione della sfera propria della Pubblica amministrazione, ma può solo verificare il giudizio sotto i profili della logicità, della ragionevolezza e dell’adeguatezza dell’istruttoria (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 15 settembre 2017, n. 4350).

Solo in tali limiti, il giudice di legittimità, ferma restando l’impossibilità di sostituire il proprio giudizio a quello della Pubblica amministrazione, può esercitare il proprio sindacato (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 21 novembre 2017, n. 5387).

Conclusioni

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, proposto da New Food, lo respinge e per l’effetto conferma la sentenza impugnata.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese del presente grado di giudizio che liquida in complessivi € 3.000,00 oltre accessori di legge.

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