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Non è abnorme il decreto con cui il GIP disponga l’archiviazione del procedimento, formulando un giudizio di colpevolezza dell’imputato – Cass. Pen., sez. VI, ud. 6 novembre 2024, n. 1276 (dep. 13 gennaio 2025)

- 31 Gennaio 2025

SOMMARIO: 1. Massima. 2. Il fatto. 3. La decisione. 4. Conclusioni.

Massima

A seguito dell’introduzione dell’art. 115-bis c.p.p., il decreto di archiviazione con cui vengono formulate osservazioni in violazione della presunzione di innocenza non è più impugnabile con ricorso per cassazione per abnormità dello stesso, ma può essere esperito il rimedio previsto dal comma 4 dell’art. 115-bis c.p.p. La predisposizione di un’apposita modalità di impugnazione esclude, infatti, la ricorrenza delle condizioni di “abnormità” del provvedimento che – come è noto – presuppone vizi in procedendo o in iudicando del tutto imprevedibili, per i quali il legislatore non ha contemplato alcun mezzo di impugnazione.

Il fatto 

Il G.i.p. del Tribunale ordinario di Pescara, su richiesta del Pubblico ministero, emetteva decreto di archiviazione nei confronti di L.D.A., persona sottoposta ad indagini per il delitto di traffico di influenze illecite.

Nel provvedimento, tuttavia, il G.i.p. formulava osservazioni in merito alla colpevolezza dell’imputato, in contrasto con il divieto contenuto nell’art. 115-bis c.p.p., che impedisce di indicare come colpevole l’indagato o l’imputato che non sia stato condannato con sentenza irrevocabile.

Per tale motivo, il difensore di L.D.A. proponeva ricorso per cassazione avverso il decreto di archiviazione, denunciandone l’abnormità per contrasto con l’art. 115-bis c.p.p.

In particolare, la difesa rilevava che il provvedimento censurato era stato assunto – come normale che fosse, in difetto di una opposizione della persona offesa – inaudita altera parte e, pertanto, l’indagato non aveva potuto articolare le proprie deduzioni difensive in merito alla propria colpevolezza.

Tali deduzioni risultano ulteriormente suffragate dagli esiti cui è giunta la Corte costituzionale, con la sentenza n. 41/2024, circa l’abnormità del provvedimento di archiviazione che contenga valutazioni in ordine alla colpevolezza dell’indagato.

Il difensore precisava, altresì, di aver provveduto ad attivare il rimedio riconosciuto dal comma 4 dell’art. 115-bis c.p.p., rimedio che era risultato, però, infruttuoso.

Il Procuratore Generale depositava note scritte con cui chiedeva fosse dichiarata l’inammissibilità del ricorso.

La decisione

La Suprema Corte ha reputato ammissibile il gravame, rigettando, però, le doglianze poiché infondate.

I Giudici di legittimità, in via preliminare, hanno dato atto che – per lungo tempo – è rimasto consolidato nella giurisprudenza di legittimità un orientamento ermeneutico secondo cui è abnorme il provvedimento di archiviazione che violi il principio della presunzione di innocenza.

In particolare, è stato diffusamente evidenziato che il provvedimento di archiviazione – che precede e preclude l’esercizio dell’azione penale – è strutturato in maniera tale da non pregiudicare né l’interesse dell’indagato a non essere indicato come responsabile del fatto-reato, né quella del Pubblico ministero ad ottenere la riapertura delle indagini, nei casi previsti dall’art. 414 c.p.p.

Al riguardo, si è anche precisato come – benché il legislatore non abbia espressamente istituito strumenti di impugnazione del decreto di archiviazione, attesa la neutralità del provvedimento – sia senz’altro proponibile il ricorso per cassazione connesso con cui si censuri l’abnormità dello stesso, ex art. 111 Cost., in presenza di vizi in procedendo o in iudicando (cfr., ex multis, Cass. pen., Sez. I, 23 febbraio 1999, n. 1560).

L’impostazione assunta dalla giurisprudenza di legittimità è stata, peraltro, condivisa anche dalla Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale dell’art. 411 comma 1-bis c.p.p., con riferimento agli artt. 3, 24 comma 2 e 111 commi 2 e 3 Cost., nella parte in cui non prescrive la necessità di avvisare la persona sottoposta ad indagini della richiesta di archiviazione proposta per intervenuto decorso dei termini di prescrizione.

Il Giudice delle leggi – facendo espresso rinvio all’orientamento di legittimità summenzionato – ha rimarcato la possibilità di proporre ricorso per cassazione avverso il decreto di archiviazione che contenga valutazioni sulla colpevolezza dell’indagato.

Da qui, la sussistenza di uno spazio processuale in cui la persona sottoposta ad indagini può censurare il provvedimento di archiviazione che, perdendo la propria neutralità, abbia formulato un giudizio di colpevolezza.

In altri termini, dunque, già prima del recepimento della Direttiva 2016/343/UE – con cui è stato introdotto l’art. 115-bis c.p.p. – l’indagato poteva replicare alle valutazioni contenute nel provvedimento di archiviazione “abnorme”.

Secondo la Corte di cassazione, tuttavia, dopo l’introduzione dell’art. 115-bis c.p.p. non è più ricorribile in cassazione il provvedimento di archiviazione abnorme, stante la previsione di un apposito strumento di impugnazione.

Segnatamente, la Suprema Corte ha dato atto dell’indirizzo consolidato in giurisprudenza, secondo il quale può dirsi “abnorme” solo il provvedimento non altrimenti impugnabile, in quanto l’abnormità è rimedio residuale del sistema (cfr., ex multis, Cass. pen., Sez. Un., 31 maggio 2005, n. 22909).

Conclusioni

Poste le coordinate ermeneutiche su esposte, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso, rilevando che, nel caso di specie, L.D.A. – prima di promuovere ricorso per cassazione – aveva proposto opposizione al decreto di archiviazione ai sensi dell’art. 115-bis comma 4 c.p.p., dichiarata inammissibile dal G.i.p. del Tribunale ordinario di Pescara.

Di conseguenza, attesa la possibilità di impugnare il provvedimento di archiviazione con un mezzo tipico – come effettivamente proposto dall’indagato – deve considerarsi superato l’orientamento giurisprudenziale che considerava abnorme il decreto di archiviazione contenente valutazione sulla colpevolezza della persona sottoposta ad indagini.

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