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Depistaggio e diritto al silenzio: un caso problematico

- 25 Febbraio 2025

Abstract

Il nemo tenetur se detergere assume connotazioni peculiari e inedite nel contesto del delitto di depistaggio dichiarativo, previsto e punito dall’art. 375 c.p. Per comprendere meglio questa complessa interazione, è opportuno fare un passo indietro e partire da una considerazione preliminare: il diritto al silenzio è ormai riconosciuto – almeno sotto il profilo processuale – come un diritto fondamentale dell’individuo, dispiegando effetti decisivi anche nell’ambito del diritto sostanziale. Tale rilevanza giuridica assunta dal nemo tenetur se detegere non può che suscitare perplessità nel momento in cui il legislatore, nell’introdurre un severissimo falso processuale quale è il depistaggio, non lo ha incluso nell’ambito di applicazione dell’art. 384, comma 1, c.p. Il presente elaborato propone alcuni spunti di riflessione sulla legittimità di tale scelta legislativa, offrendo al contempo interpretazioni utili a ricondurre il delitto di depistaggio e la sua disciplina a una lettura conforme ai principi costituzionali.

SOMMARIO: 1. Cenni al diritto al silenzio nel processo e nel diritto penale. 2. Depistaggio e diritto al silenzio. 3. Spunti di riflessione. 4. Conclusioni.  

*Il contributo ha superato con esito favorevole la valutazione anonima da parte di un revisore scelto tra i membri del comitato di valutazione/scientifico ovvero da un revisore esterno da questi indicato e confluirà nel numero 2 del 2025. 

Citazione del contributo:

F. Consorte, Depistaggio e diritto al silenzio: un caso problematico, in De Iustitia, 2, 2025.

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