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Il Consiglio di Stato si pronuncia sul tema del contrasto alla ludopatia e sulle limitazioni orarie delle sale da gioco – Cons. di Stato, sez. V, 20 dicembre 2024, n. 10252.

- 8 Febbraio 2025

SOMMARIO: 1. Massima. 2. Il fatto. 3. La decisione. 4. Conclusioni.

Massima

L’interesse pubblico alla tutela della salute deve ritenersi prevalente su quello economico dei gestori delle sale gioco, per cui l’eventuale riduzione degli introiti di questi ultimi, dipendente dalla riduzione dell’orario di funzionamento degli apparecchi di gioco e di apertura delle sale gioco, che non sia tale da determinare la chiusura di tali attività, è da considerare proporzionale allo scopo e tale da contemperare gli interessi in conflitto, che, in ogni caso, hanno una diversa tutela.

Il fatto 

Il Consiglio di Stato, con la sentenza 10252/2024, ha affrontato un caso riguardante le misure adottate per contrastare la ludopatia, confermando la validità delle restrizioni orarie imposte dal Comune di Venezia alle sale da gioco.

Nello specifico, la sentenza di cui in epigrafe prende le mosse dall’approvazione da parte del Comune di Venezia di un regolamento comunale in materia di giochi, col quale ha stabilito l’apertura delle sale bingo dalle ore 8,30 fino alle ore 21,30 e il funzionamento degli apparecchi ex art. 110 del R.D. 18/6/1931, n. 773 (T.U.L.P.S.), nelle fasce orarie dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 19,30.

Di talchè, la Cirsa Retail s.r.l., nella veste di titolare della sala gioco denominata “Bingo Venezia”, presso la quale svolge l’attività di gestione del gioco del bingo, unitamente all’attività di raccolta di gioco tramite apparecchi ex art. 110, comma 6, del T.U.L.P.S., ritenendo il predetto regolamento comunale illegittimo, lo ha impugnato con ricorso al T.A.R. Veneto, il quale, con sentenza 3/12/2022, n. 1892, lo ha respinto.

Avverso tale sentenza, la Cirsa Retail ha proposto appello sulla base di un serie di motivi.

Ebbene, il primo motivo di appello ha ad oggetto la presunta contraddizione tra le limitazioni orarie introdotte dall’amministrazione comunale e i titoli abilitativi precedentemente rilasciati agli operatori del settore.

Secondo l’appellante, la decisione comunale avrebbe inciso negativamente sulle aspettative legittime maturate in base alle autorizzazioni precedentemente ottenute.

Con più precisione, la delibera comunale si connoterebbe di una portata eccessivamente limitativa dell’attività dell’appellante, in dispregio del legittimo affidamento che quest’ultima avrebbe riposto sui titoli autorizzativi, a suo tempo ottenuti, posto che l’attività imprenditoriale avrebbe preso il via proprio in funzione della possibilità di sfruttare a pieno le sue potenzialità.

Né, in alcun modo, tale difetto motivazione potrebbe essere colmato dal richiamo fatto alla giurisprudenza in materia che ha riconosciuto “alle amministrazioni comunali il potere di disciplinare gli orari delle sale da gioco o di accensione e spegnimento degli apparecchi durante l’orario di apertura degli esercizi in cui i medesimi sono installati”.

Ancora con il secondo motivo di appello, l’appellante ritiene che la sentenza risulti viziata sotto il profilo del difetto d’istruttoria.

Infatti, secondo il giudice di prime cure, detto vizio non sussisterebbe in quanto:

  1. i) la delibera sarebbe intervenuta a seguito dell’adozione di un protocollo d’intesa col quale sarebbero “state concordate varie attività volte a contrastare il fenomeno della ludopatia”;
  2. ii) la delibera, inoltre. sarebbe stata adottata alla luce di due relazioni della ULSS 12 di Venezia, che avrebbero evidenziato la preminente esigenza di assumere misure di contrasto alla ludopatia nell’ambito del Comune di Venezia, essendo emersa “la nettissima prevalenza della dipendenza da gioco legata all’uso di slot machine e apparecchi VLT e la concentrazione del gioco maggiormente nelle ore serali e notturne”.

Di contro, parte appellante non ritiene condividere tali assunti, sulla base delle seguenti determinazioni: in primo luogo, né il “protocollo d’intesa” nè tanto meno le due relazioni della ULSS 12 di Venezia avrebbero alcuna valenza istruttoria, in quanto non risulterebbero idonei a supportate il regolamento.

Ma vi è di più.

L’avversato regolamento sarebbe frutto di un’unilaterale iniziativa del Comune di Venezia, il quale non avrebbe nemmeno tenuto conto delle proposte delle associazioni di categoria e degli imprenditori interessati.

In secondo luogo, i dati riportati nelle due relazioni riguarderebbero un territorio ben più esteso di quello del solo Comune di Venezia, per cui gli stessi non sarebbero idonei a fornire l’esatta dimensione del fenomeno ludopatico nell’ambito del territorio comunale.

Di conseguenza, non emergerebbe neppure una seria e preoccupante diffusione del gioco d’azzardo patologico, tale da giustificare la decisione assunta col contestato regolamento.

In ultimo, in base alla giurisprudenza intervenuta in tema di orari di apertura delle sale da gioco e di quelli di funzionamento degli apparecchi da gioco, le disposizioni limitative dovrebbero essere adottate nel rispetto del principio di proporzionalità e a seguito di un’attenta comparazione degli interessi in gioco.

Circostanze che, diversamente da quanto sostenuto dal giudice di prime cure, sono state ampliamente sollevate e compravate nel ricorso di primo grado.

Col terzo motivo, l’appellante lamenta la disparità di trattamento tra sale da gioco e altri esercizi commerciali, come bar e tabaccherie, nei quali le attività di gioco sono accessorie, riproposta in grade di appello perché respinta dal giudice di prime cure sulla base delle seguenti considerazioni:

  1. a) non sarebbe chiara la dedotta disparità di trattamento tra esercizi primari e generalisti, che comunque non potrebbe, “essere fatta discendere dalla minore lesività (per bar e tabaccherie) della sospensione del gioco nella fascia oraria dalle 13 alle 15”;
  2. b) la legittimità del provvedimento non potrebbe “essere inficiata dal fatto che esso risulterebbe inidoneo al perseguimento dell’obiettivo in ragione della possibilità di praticare il gioco nei Comuni limitrofi”, dato che, verosimilmente, anche in questi ultimi esisterebbero analoghe misure limitative del gioco;
  3. c) la proporzionalità della norma adottata sarebbe comprovata dal fatto che l’appellante non avrebbe cessato la propria attività.

Ebbene, parte appellante ritiene non condividere tali assunti:

Quanto al punto a), il giudice di primo grado non avrebbe tenuto conto che, a differenza degli esercizi generalisti (bar e tabaccherie), la cui attività ludica avrebbe carattere meramente accessorio, nelle sale da gioco, invece, verrebbe esercitata in via principale ed esclusiva, con la conseguenza che l’individuazione di una disciplina unitaria e uniforme sugli orari di funzionamento degli apparecchi risulterebbe profondamente discriminatoria a danno delle sale gioco.

Per quanto riguarda il punto b), il giudice di primo grado avrebbe commesso un errore nel respingere il ricorso basandosi esclusivamente su una previsione futura circa l’adozione di misure simili da parte dei comuni limitrofi. Infatti, per chi lo desiderasse, sarebbe sempre possibile spostarsi nei comuni vicini per continuare a giocare, vanificando così l’efficacia del regolamento in questione.

Passando al punto c), non sarebbe appropriato valutare la proporzionalità del regolamento contestato prendendo come parametro la capacità delle imprese del settore di adattarsi alla limitazione oraria introdotta. In effetti, l’appellante odierna subirebbe danni significativi a causa dei nuovi orari imposti.

La decisione

Il Consiglio di Stato rigetta le doglianze sollevate con l’appello promosso, in quanto infondate.

Per ciò che concerne il merito della vicenda, il Consiglio di Stato, in via generale, afferma che la circostanza che un atto di carattere normativo detti una nuova disciplina incompatibile con l’assetto di interessi determinato da un pregresso provvedimento puntuale, non integra gli estremi del vizio di eccesso di potere per contraddittorietà.

Applicando tale assunto alla fattispecie che ci occupa, la ricostruzione in fatto rende evidente come l’amministrazione ha disciplinato la materia in via generale, senza che il pregresso rilascio di titoli abilitativi possa in alcun modo limitare la potestà di dettare, sulla base di una rinnovata valutazione dell’interesse pubblico, una nuova regolamentazione più restrittiva di quella precedente.

Inoltre, di fronte al potere dell’amministrazione di disciplinare il settore in modo differente rispetto al passato, non sono, neppure, configurabili affidamenti tutelabili in ordine alla prosecuzione di un’attività in termini non più conformi alla nuova normativa introdotta.

Passando in rassegna le ulteriori censure, il Consiglio di Stato è concorde con il giudice di prime cure nel ritenere insussistente il lamentato difetto d’istruttoria.

Infatti, l’impugnato regolamento è stato adottato sulla base di due appositi report del Dipartimento Dipendenze – Unità operativa SERD.D. della ULSS 12 di Venezia, i quali hanno dato evidenza della crescita del fenomeno ludopatico e della maggior facilità di accesso ai giochi, nonchè dell’aumento della dipendenza da gioco legata all’uso di slot machine e apparecchi VLT e la concentrazione del gioco soprattutto nelle ore serali e notturne (dalle 17.00 alle 23.00).

Ai fini di causa non rileva, poi, che il menzionato Dipartimento della ULSS 12 svolga le proprie funzioni in un abito territoriale più ampio di quello di pertinenza del Comune di Venezia, cosicché sarebbe incerto il numero di soggetti ludopatici in esso presenti.

Infatti, in base a un condivisibile orientamento giurisprudenziale, nell’attuale momento storico, la diffusione del fenomeno della ludopatia in ampie fasce della popolazione costituisce un fatto notorio o, comunque, una nozione di fatto di comune esperienza, come attestano le numerose iniziative di contrasto assunte dalle autorità pubbliche a livello europeo, nazionale e regionale (Cons. Stato, Sez. V, 12/3/2024, n. 2369 e 5/6/2018, n. 3382).

Sennonché, la giurisprudenza ha escluso che la regolazione degli orari delle sale da gioco possa considerarsi viziata da deficit di istruttoria o di motivazione soltanto perché il numero dei giocatori ludopatici non sia in assoluto elevato, poiché ciò che va considerato è la tendenza registrata nel periodo considerato, la quale, da sola, induce allarme negli enti pubblici preposti alla tutela della salute e giustifica, pertanto, l’adozione di misure restrittive (Cons. Stato, Sez. V, 26/9/2022, n. 8240, Sez. atti norm., 6/9/2021, n. 1439).

Da quanto innanzi, ne consegue che l’impugnato regolamento non risulta, neppure, viziato sotto il profilo del difetto di proporzionalità.

Infatti, come dimostrato dagli studi condotti dalla competente struttura della ULSS 12, il gioco è praticato soprattutto nelle ore serali e notturne.

Non v’è chi non veda che l’atto adottato dal Comune di Venezia risulta del tutto logico e proporzionato rispetto allo scopo da conseguire consistente nel limitare proprio in quegli orari l’apertura delle sale gioco.

Ancora, il Consiglio di Stato esclude che il regolamento possa essere viziato sotto il profilo della disparità di trattamento tra le sale gioco e i cosiddetti esercizi generalisti (bar e tabaccherie).

A tal proposito, è bene precisare che, al fine di perseguire l’interesse pubblico al contenimento del fenomeno ludopatico e alla tutela della saluta, interessi di carattere prevalente rispetto a quello di carattere economico dei gestori delle sale da gioco, il Comune ha introdotto limitazioni orarie al funzionamento di slot machine e apparecchi VTL, uniformi e valevoli per tutti gli esercizi caratterizzati dalla presenza di tali apparati, pena l’inefficacia della misura.

Ne discende che, l’eventuale riduzione degli introiti di questi ultimi, dipendente dalla riduzione dell’orario di funzionamento degli apparecchi di gioco e di apertura delle sale gioco, che non sia tale da determinare la chiusura di tali attività, è da considerare proporzionale allo scopo e tale da contemperare gli interessi in conflitto, che, in ogni caso, hanno una diversa tutela.

Ugualmente infondata è la censura con cui si contesta l’inidoneità dell’avversato regolamento a perseguire l’obiettivo di contrastare la ludopatia, alla luce del fatto che coloro che volessero giocare anche durante gli orari di chiusura delle sale gioco a Venezia potrebbero, comunque, farlo recandosi in altri comuni.

Tale circostanza, ritiene il Consiglio di Stato essere del tutto ininfluente ai fini della legittimità dell’impugnato regolamento, atteso che ciascun comune, nell’ambito della propria autonomia, ha facoltà di darsi la disciplina che più ritiene rispondente all’interesse pubblico perseguito.

Per ciò che concerne il quarto, e ultimo, motivo di appello, avente ad oggetto l’errore commesso dal Tribunale nell’escludere che possa influire sulla legittimità dell’adottato regolamento, il diverso trattamento, quanto ad orari di apertura al pubblico, riservato al Casinò municipale di Venezia.

Il giudice di prime cure ha ritenuto che quest’ultimo rappresenti una “realtà a sé stantesoggetta a una particolare disciplina”, e che la tipologia di clientela che frequenta, invece, le sale bingo sarebbe diversa da quella dei Casinò “in ragione delle limitazioni imposte nell’accesso a quest’ultimo”.

L’appellante, invece, contesta la decisione di prime cure, nella parte in cui lo sviamento di clientela costituirebbe l’inevitabile conseguenza dell’applicazione della disciplina oraria imposta dai provvedimenti gravati e, inoltre, le limitazioni poste all’accesso al Casinò non impedirebbero l’ingresso di quella clientela che parimenti frequenta sale gioco e sale bingo.

La sentenza, ad avviso dell’appellante, non risulterebbe convincente neanche laddove si sofferma sulla distanza minima da luoghi sensibili prevista dal regolamento e sul divieto di installare sportelli bancomat all’interno delle sale da gioco.

In primo luogo, il Consiglio di Stato rileva, in adesione a quanto correttamente ritenuto dal giudice di prime cure, ritiene che il diverso trattamento, quanto a orari di apertura, riservato al Casinò municipale, trova la propria giustificazione, nella speciale disciplina a cui il medesimo è soggetto.

La doglianza è, invece, inammissibile nella parte in cui contesta le due disposizioni con le quali, da una parte, si è imposta una distanza minima di 500 metri tra determinati luoghi sensibili, e nuove sale gioco o esercizi aperti al pubblico in cui si proceda a nuova collocazione di apparecchi per il gioco e dall’altra, si è vietata l’installazione di bancomat all’interno dei locali adibiti al gioco.

Le due prescrizioni non risultano lesive nei confronti della società appellante; di conseguenza, la domanda impugnatoria va, quindi, respinta e dalla sua reiezione discende, di conseguenza, l’infondatezza di quella risarcitoria.

Conclusioni

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, lo respinge e compensa le spese di giudizio.

 

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