
SOMMARIO: 1. Massima. 2. Il fatto. 3. La decisione. 4. Conclusioni.
Massima
Occorre verificare, mediante un giudizio controfattuale, l’elevata credibilità logica o l’evidenza probabile dell’efficacia salvifica della condotta alternativa corretta con l’obiettivo di raggiungere una certezza processuale che sia frutto dell’elaborazione, da parte del giudice, delle evidenze disponibili.
Il fatto
La vicenda trae origine dalla decisione con cui la Corte di Appello, in parziale riforma della sentenza pronunciata da Tribunale nei confronti dell’imputato in relazione al delitto di omicidio stradale, ex art. 589 bis c.p., aveva riconosciuto la circostanza aggravante di cui all’art. 589 bis, co. 5, n. 3, c.p. e le circostanze attenuanti generiche, rideterminando la pena in 4 anni di reclusione, con conferma della sanzione amministrativa della revoca della patente e della accessoria della interdizione dai pubblici uffici per 5 anni.
Il processo ha ad oggetto un incidente stradale per cui l’imputato, alla guida di un motoveicolo, procedendo a una velocità non adeguata alle condizioni del traffico, effettuava una manovra di sorpasso azzardata del motoveicolo che lo precedeva e, in prossimità di attraversamento pedonale, investiva un pedone provocandogli gravissime lesioni, in conseguenza delle quali, decedeva dopo pochi giorni.
All’imputato erano addebitati, quali profili di colpa, la negligenza, l’imprudenza e l’imperizia, nonché la violazione degli artt. 141 e 148 D.lgs. 30 aprile 1992, n. 285.
Ebbene, avverso il provvedimento di secondo grado, la difesa dell’imputato proponeva ricorso formulando dieci motivi.
Con il primo, secondo, terzo motivo ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla ricostruzione della dinamica dell’incidente sotto il profilo della presenza sul tratto di strada di altre macchine e pedoni; nel punto in cui la vittima stava attraversando; alla velocità di marcia del motoveicolo e all’avvenuto sorpasso sulla destra di altri due motocicli da parte del conducente del motociclo.
Con il quarto motivo, si deduceva la violazione di legge in relazione alla configurazione dell’aggravante di cui all’art. 589 bis c.p., comma 5, n. 3 c.p. Sul punto, la difesa precisava che l’ipotesi di omicidio aggravato si configurava nel caso in cui il conducente di un veicolo a motore avesse sorpassato un altro veicolo che si fosse fermato o stesse rallentando per consentire ai pedoni di attraversare sugli appositi attraversamenti, come disciplinato dall’art. 148 co. 13, Cds.
Tale aggravante allora avrebbe potuto concretizzarsi solo in caso in cui il conducente, il quale effettua il sorpasso in presenza di striscia orizzontale continua, per compiere tale manovra fosse stato costretto a superare anche solo in parte la striscia con il proprio veicolo; qualora invece, per le dimensioni della strada o dei veicoli, la manovra di soprasso non avesse richiesto il superamento della predetta, non ricorrerebbe l’omicidio aggravato.
Ciò premesso, il ricorrente sostiene che il tratto stradale interessato dal sinistro si caratterizzava per essere un’ampia strada a senso unico senza carreggiate e linea orizzontale di mezzaria, nella quale era consentito il transito in parallelo di diversi veicoli. Pertanto, secondo la difesa, il giudicante aveva errato nel valutare la condotta dell’imputato come sorpasso e non già come mero superamento.
Con il quinto motivo, il ricorrente deduceva il vizio di motivazione per non aver la Corte esaminato i motivi aggiunti con cui si era eccepito il concorso di colpa del pedone per la violazione dell’art. 190 Codice della Strada e la sussistenza della circostanza attenuante di cui all’art. 589 bis, co. 7 c.p.
Con il sesto motivo di gravame, il ricorrente deduceva la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla valutazione dell’elaborato del consulente tecnico dell’imputato. Il ricorrente asseriva che i Giudici di merito non avessero valutato adeguatamente le conclusioni e gli argomenti scientifici posti a sostegno della difesa.
Con il settimo e ottavo motivo, si deduceva la violazione di legge e il vizio di motivazione riferito al nesso di causa tra la condotta dell’imputato e l’evento dannoso. Secondo la difesa, il giudice di secondo grado si era limitato ad affermare che se l’imputato avesse tenuto una velocità meno sostenuta e se non avesse effettuato il sorpasso, l’evento non si sarebbe verificato. Sarebbe, dunque, mancato un ragionamento esplicativo su cosa sarebbe accaduto se l’imputato avesse tenuto un comportamento rispettoso delle norme sulla circolazione stradale.
Con il nono e il decimo motivo, si deduceva la violazione di legge e il vizio di motivazione con riferimento alla diminuzione della pena, per effetto del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in misura inferiore alla massima estensione. Il difensore censurava la contraddizione in cui era incorsa la Corte nell’applicare la pena base prevista per il reato contestato; censurava altresì la valorizzazione della mancata resipiscenza dell’imputato, in contrasto con il diritto di difesa costituzionalmente garantito e del precedente specifico.
La decisione
I motivi analizzati dalla Suprema Corte possono essere così articolati:
– con riferimento ai primi tre motivi di gravame, la Corte ha ritenuto le censure meramente reiterative delle doglianze giù formulate in Appello, confermando l’operato dei giudici di merito e la logicità e coerenza della loro motivazione. Nello specifico, analizzando ogni punto, la Corte ha ribadito che nel caso in cui il Giudice di appello confermi la sentenza di primo grado, le due sentenze di merito possono essere lette congiuntamente costituendo un unico corpo decisionale, purché la sentenza di appello si richiami alla sentenza di primo grado e adotti gli stessi criteri di valutazione della prova (si veda Cass. II Sez., 12 giugno 2019, n. 37295). Sotto il profilo del travisamento della prova, il Collegio ha ricordato che detto vizio consiste non già nell’errata interpretazione della prova ma nella palese difformità tra i risultati obiettivamente derivanti dall’assunzione della prova e quelli che il Giudice di merito ne abbia tratto, compiendo un errore idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio e rendendo illogica la motivazione. Ebbene, il ricorrente ha introdotto una censura inammissibile, ovvero una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento dell’affermazione di responsabilità, a fronte di una ricostruzione del sinistro operata dei giudici di merito non sindacabile.
– con riferimento al quarto motivo, il Collegio ha precisato che la circostanza di cui all’art. 589 bis co. 5 n. 3, c.p. prevede un aggravamento di pena per il conducente di un veicolo a motore che, a seguito di sorpasso in corrispondenza di attraverso pedonale o striscia continua, cagioni per colpa la morte di un uomo. Per il caso sottoposto alla nostra attenzione, la Corte ha rilevato che le videoriprese acquisite mostravano come l’imputato avesse raggiunto e superato sulla destra i veicoli che lo precedevano, compiendo una manovra repentina, e li stessi rallentavano in prossimità dell’attraversamento, ritenendo sussistente l’aggravante indicata;
– quanto al quinto motivo, il Collegio lo ha ritenuto inammissibile chiarendo che, nel caso in esame, i motivi aggiunti attinenti al concorso di colpa della vittima, non potevano essere dedotti: a sostegno, la Corte richiamava alcuni precedenti giurisprudenziali in forza dei quali i suddetti motivi per essere ammissibili, ai sensi dell’art. 585 c.p.p., devono avere ad oggetto i capi o punti della decisione impugnata che sono stati enunciati nell’ordinario atto di gravame, ai sensi dell’art. 581 lett. a) c.p.p. ovvero migliore esposizione dei motivi principali (Cass. Sez. U., 25 febbraio 1998, n. 4683; Cass. Sez. IV, 6 ottobre 2020 n. 5447; Cass. Sez. VI, 30 settembre 2020, n. 36206);
– con riferimento al sesto motivo, a parere dei giudici di legittimità, la Corte ha espressamente preso in esame la ricostruzione del consulente e se n’è discostata con motivazione adeguata e logica, rilevando che essa era fondata su alcuni elementi fattuali smentiti dai dati istruttori. Secondo la Core, l’iter argomentativo della sentenza, oltre che logico e coerente, è altresì conforme al principio per cui, in virtù del principio del libero convincimento del giudice, attingibile da qualsiasi atto legittimamente acquisito a processo, il giudice del merito può trarre argomento di convinzione della relazione del C.T.P., così come potrebbe non condividerne le conclusioni e, in tal senso, deve provvedere alla esposizione sintetica delle ragioni che lo hanno indotto a non ritenere valido il parere del consulente (crf. Cass. civ. Sez. III, n. 13997/2017),
– con riferimento al settimo e ottavo motivo, la Corte ha chiarito che la valutazione processuale del ruolo salvifico della condotta omessa non possa che culminare in un giudizio ipotetico, con l’avvertenza che si tratti di un giudizio ipotetico che si svolge alla luce del paradigma indiziario disponibile (Cass. civ. Sez. IV, n. 43786/2010). In tal caso, il giudice si impone una puntuale analisi delle particolarità del caso concreto, che potrà condurre a un giudizio di elevata credibilità logica o di evidenza del probabile, indipendente da rigide quantificazioni statistiche, strettamente correlato alle caratteristiche del caso concreto sulla base del ragionamento probatorio non incerto. Ciò che si impone di verificare nel giudizio controfattuale è l’elevata credibilità logica o l’evidenza del probabile, indipendente da rigide quantificazioni statistiche, strettamente correlato alle caratteristiche del caso concreto sulla base di un ragionamento probatorio non incerto. In sostanza, ciò che si impone di verificare nel giudizio controfattuale è l’elevata credibilità logica o l’evidenza del probabile dell’efficacia salvifica dell’elaborazione delle evidenze disponibili (Cass. civ. Sez. IV, n. 16843/2021). Questo perché il giudizio controfattuale mediante il quale si riconduce all’evento una condotta omissiva, seguendo il ragionamento logico per cui il nesso causale sussiste solo in caso in cui il comportamento alternativo corretto avrebbe avuto efficacia salvifica, è un giudizio ipotetico che si muove su un piano diverso della reale successione cronologia di eventi.
Pertanto, nel caso sottoposto in esame, il ricorrente obiettava che la Corte non avrebbe motivato in ordine al giudizio controfattuale, ovvero non avrebbe indicato cosa fosse accaduto se l’imputato avesse tenuto un comportamento rispettoso delle norme sulla circolazione stradale, quando invece la sentenza si soffermava in maniera adeguata anche su tale profilo, rilevando che una velocità ridotta e il mancato sorpasso sulla destra, avrebbero impedito il verificarsi dell’evento.
– con riferimento al nono e decimo motivo di gravame, la Corte li ha ritenuti manifestamente infondati e inammissibili per difetto di specificità. Il Giudice ha ribadito il principio per cui la mancata concessione delle attenuanti generiche nell’estensione di un terzo, non impone allo stesso di considerare necessariamente gli elementi favorevoli dedotti dall’imputato, sia pure per disattenderli, essendo sufficiente che nel riferimento a quelli sfavorevoli dedotti di preponderante rilevanza, ritenuti ostativi alla concessione delle predette attenuanti, abbia riguardo al trattamento sanzionatorio nel suo complesso, ritenendolo congruo rispetto alle esigenze di individualizzazione della pena, ex art. 27 Cost. (Cass. civ. Sez. II, n. 17347/2021).
Conclusioni
Muovendo dalle suesposte argomentazioni, la Corte ha rigettato il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali, ex art. 616 c.p.p.