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Corte di giustizia 8 aprile 2025 nella causa C 292/23, Procura europea (controllo giurisdizionale degli atti procedurali), ECLI:EU:C:2025:255

- 28 Aprile 2025

SOMMARIO: 1. Massima. 2. Antefatto della causa. 3. Le motivazioni della pronuncia della Corte di giustizia.

Massima

Gli atti adottati dalla Procura europea (EPPO) che producano effetti diretti e concreti sulla posizione giuridica delle persone coinvolte devono poter essere sottoposti a un effettivo controllo giurisdizionale. In tale contesto, spetta al giudice nazionale verificare, attraverso un’analisi puntuale e contestualizzata, se l’atto impugnato incida effettivamente sui diritti o sugli interessi legittimi del soggetto ricorrente. Tuttavia, affinché tale controllo possa assumere la forma di un ricorso autonomo, è necessario che l’ordinamento giuridico interno preveda espressamente la possibilità di impugnare in via diretta atti equivalenti adottati dalle autorità nazionali. Solo in presenza di tale previsione normativa, il ricorso giurisdizionale potrà configurarsi come uno strumento diretto di tutela nei confronti delle determinazioni assunte dall’EPPO.

Antefatto della causa

La Procura europea (European Public Prosecutor’s Office – EPPO) rappresenta un organo indipendente dell’Unione europea, istituito allo scopo di individuare, perseguire penalmente e deferire alle autorità giudiziarie competenti gli autori di reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione, in particolare nei settori della frode, della corruzione e di altre attività illecite connesse all’utilizzo dei fondi dell’UE. L’architettura istituzionale dell’EPPO è articolata su due livelli complementari: un livello centrale, con sede a Lussemburgo, che comprende il procuratore capo europeo e i procuratori europei, e un livello decentrato, costituito dai procuratori europei delegati che operano negli Stati membri partecipanti, agendo nel rispetto del diritto nazionale e sotto la direzione e il coordinamento dell’ufficio centrale.

In tale contesto istituzionale si inserisce un’indagine penale avviata in Spagna, relativa a presunte irregolarità nell’utilizzo di fondi europei erogati a titolo di sovvenzione. I soggetti indagati, identificati come I.R.O. e F.J.L.R., rivestivano il ruolo di amministratori di un’impresa beneficiaria di finanziamenti dell’Unione per la realizzazione di un progetto specifico. A seguito di un’attività di controllo condotta dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), sono emerse anomalie nei costi di personale rendicontati per due ricercatori, Y.C. e I.M.B., impiegati nel progetto. Tali costi non sarebbero stati debitamente giustificati.

Le informazioni trasmesse dall’OLAF hanno indotto la Fiscalía de área de Getafe-Leganés (Spagna) a presentare denuncia dinanzi a un tribunale di primo grado, che in data 20 aprile 2021 ha formalmente avviato un procedimento penale nei confronti di I.R.O., includendo l’escussione di Y.C. in qualità di testimone.

Con decisione del 26 luglio 2022, i procuratori europei delegati competenti per la Spagna hanno esercitato il potere di avocazione previsto dal regolamento (UE) 2017/1939, assumendo la titolarità dell’indagine nei confronti di I.R.O. e F.J.L.R. Successivamente, in data 2 febbraio 2023, sulla base delle disposizioni del diritto nazionale, i procuratori delegati hanno emesso un atto di convocazione nei confronti di Y.C. e I.M.B., affinché comparissero in qualità di testimoni.

Tuttavia, in data 7 febbraio 2023, i legali rappresentanti di I.R.O. e F.J.L.R. hanno presentato un ricorso interno dinanzi all’EPPO, contestando la legittimità dell’atto istruttorio limitatamente alla convocazione di Y.C., ritenendolo superfluo e privo di rilevanza probatoria. Tale ricorso è stato formalmente notificato al Juzgado Central de Instrucción n.º 6 de Madrid, giudice del rinvio, l’8 febbraio 2023.

Nel valutare la fondatezza del ricorso, il giudice del rinvio ha sollevato questioni di compatibilità tra il diritto nazionale spagnolo, che prevede l’inoppugnabilità della decisione di convocazione emessa dalla Procura europea, e l’articolo 42 del regolamento (UE) 2017/1939. Tale disposizione, infatti, sancisce il diritto al controllo giurisdizionale degli atti della Procura europea che producano effetti giuridici nei confronti di terzi. Ritenendo che la convocazione dei testimoni configuri un atto giuridicamente rilevante in tal senso, il giudice ha sottoposto la questione pregiudiziale alla Corte di giustizia, al fine di chiarire se una normativa nazionale che esclude ogni possibilità di impugnazione di simili atti sia compatibile con i principi e le garanzie previste dall’ordinamento dell’Unione.

Le motivazioni della pronuncia della Corte di giustizia

La Corte di giustizia ha innanzitutto ricordato che l’articolo 42, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2017/1939 prevede che gli atti procedurali dell’EPPO destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi, debbano essere sottoposti al controllo delle autorità giudiziarie nazionali competenti, conformemente alle modalità e alle condizioni stabilite dal diritto nazionale.

Al fine di stabilire se tale disposizione osti a una normativa nazionale che non consenta alle persone oggetto di un’indagine condotta dall’EPPO di contestare direttamente, dinanzi al giudice nazionale competente, una decisione con cui il procuratore europeo delegato dispone la citazione di testimoni, è necessario verificare se tale decisione rientri nella nozione di “gli atti procedurali dell’EPPO destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi”. A tale riguardo, la Corte precisa che, in assenza di un rinvio esplicito al diritto degli Stati membri, i termini utilizzati in una disposizione dell’Unione devono essere interpretati in modo autonomo e uniforme, tenendo conto del loro tenore letterale, del contesto normativo e delle finalità della disciplina di cui fanno parte.

In tal senso, viene osservato che l’articolo 42 del regolamento 2017/1939 non rinvia al diritto nazionale per quanto concerne la definizione della nozione in esame. La funzione della disposizione è, infatti, quella di delineare una ripartizione delle competenze tra le giurisdizioni nazionali e quelle dell’Unione per quanto attiene al controllo giurisdizionale sulle attività dell’EPPO. In particolare, mentre il paragrafo 1 dell’articolo in questione attribuisce alle autorità giudiziarie nazionali il compito di esercitare tale controllo sugli atti procedurali destinati a incidere sui terzi, i paragrafi successivi (dal 2 all’8) elencano i casi in cui la competenza spetta, invece, alle giurisdizioni dell’Unione. Ne deriva che la nozione di “atti procedurali”, ai sensi del paragrafo 1, deve essere intesa come comprensiva degli atti sottoposti, in linea di principio, al vaglio dei giudici nazionali.

Tale nozione costituisce, pertanto, un concetto autonomo di diritto dell’Unione, che richiede un’interpretazione uniforme a livello sovranazionale, finalizzata a garantire un sistema coerente di ripartizione delle competenze giurisdizionali in relazione al controllo dell’operato del Parchetto europeo.

Successivamente, la Corte si è interrogata sull’inquadramento giuridico di una decisione dell’EPPO relativa alla citazione di testimoni. Da un lato, essa ha rilevato che il concetto di “atto procedurale” include, tra gli altri, gli atti adottati nel corso delle indagini condotte dall’organo in questione. Considerando che la decisione oggetto del giudizio principale è stata adottata nel contesto di un procedimento investigativo, essa può essere qualificata, in termini generali, come un atto procedurale.

Dall’altro lato, per stabilire se tale decisione sia idonea a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi, la Corte ha fatto riferimento al criterio impiegato dall’articolo 263, primo comma, TFUE, che individua gli atti impugnabili davanti alle giurisdizioni dell’Unione. In questa prospettiva, l’intenzione del legislatore europeo sarebbe quella di sottoporre al controllo giurisdizionale tutti quegli atti procedurali che producono effetti giuridici vincolanti, in grado di incidere in modo significativo sulla posizione giuridica di terzi, in particolare all’interno di procedimenti penali.

L’accertamento dell’esistenza di effetti giuridici obbligatori non può tuttavia avvenire in astratto: richiede, al contrario, una valutazione concreta, da condurre tenendo conto della natura dell’atto, del contenuto sostanziale, del contesto in cui è stato adottato e dei poteri dell’organo che lo ha emanato, nonché della posizione della persona che lo contesta.

In tale contesto, la funzione del controllo giurisdizionale è quella di garantire il rispetto, da parte dell’EPPO, dei diritti fondamentali delle persone interessate, in particolare assicurando l’equità della procedura e il rispetto dei diritti della difesa, ai sensi degli articoli 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Tale controllo include tanto la verifica del rispetto dei diritti procedurali garantiti dal diritto dell’Unione (articolo 41, paragrafo 1, del regolamento), quanto di quelli riconosciuti dal diritto nazionale applicabile alle persone indagate o a terzi coinvolti, come previsto dall’articolo 41, paragrafo 3.

Dal momento che il contenuto dei diritti procedurali può variare in base alle normative nazionali, anche la possibilità per un soggetto di contestare un atto procedurale potrebbe essere soggetta a tali variazioni. Di conseguenza, la valutazione dell’impatto giuridico della citazione a comparire su tali diritti deve necessariamente tener conto della disciplina nazionale e del contesto concreto dell’indagine. Per questo motivo, le autorità giudiziarie nazionali risultano essere i soggetti più idonei a svolgere tale valutazione, ai sensi dell’articolo 42, paragrafo 1, del regolamento.

Ne deriva che spetta ai giudici nazionali stabilire se una decisione con cui il procuratore europeo delegato cita dei testimoni sia idonea a modificare in maniera significativa la posizione giuridica delle persone sottoposte all’indagine e, di conseguenza, se tale decisione debba essere soggetta a controllo giurisdizionale.

Infine, con riguardo alla natura di tale controllo, la Corte ha chiarito che l’articolo 42, paragrafo 1, non impone agli Stati membri l’obbligo di prevedere un ricorso diretto avverso tali atti. La norma richiede semplicemente che il controllo giurisdizionale sia esercitato secondo le modalità previste dal diritto interno. Ciò implica che il controllo può avvenire anche in forma incidentale, purché venga garantito un ricorso effettivo nel rispetto degli articoli 47 e 48 della Carta.

Tale interpretazione trova conferma nel considerando 88 del regolamento, il quale richiama l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, che impone agli Stati membri di assicurare un ricorso giurisdizionale effettivo contro atti lesivi di diritti e libertà riconosciuti dall’ordinamento dell’Unione. Tuttavia, detta disposizione non impone necessariamente l’accesso a un ricorso diretto.

Pertanto, il controllo previsto dall’articolo 42 può essere esercitato anche nell’ambito del giudizio penale, purché la giurisdizione adita sia competente a esaminare tutte le questioni di fatto e di diritto rilevanti per la risoluzione della controversia.

Tuttavia, in virtù del principio di equivalenza, se il diritto interno prevede un ricorso diretto contro atti analoghi adottati da autorità nazionali, tale possibilità deve essere estesa anche agli atti dell’EPPO, come la decisione di citare testimoni, nel rispetto dell’articolo 42, paragrafo 1, del regolamento 2017/1939.

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