103 views

La condotta del condomino tra furto e appropriazione indebita – Cass. Pen., sez. V, 23 aprile 2025, n. 15818

- 27 Maggio 2025

SOMMARIO: 1. Massima. 2. Il fatto. 3. La decisione. 4. Conclusioni.

Massima

Integra il delitto di furto e non quello di appropriazione indebita la condotta del condominio che, tramite allaccio abusivo al contatore condominiale, si impossessa dell’energia destinata alla proprietà comune.

Il fatto 

Con la sentenza indicata in epigrafe La Corte di appello ha confermato la sentenza del 13 maggio 2022 del Tribunale che aveva affermato la penale responsabilità per il reato di furto aggravato dalla violenza sulle cose ai danni di un condominio e, applicate le circostanze attenuanti generiche ritenute equivalenti all’aggravante, lo aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia, nonché al risarcimento del danno, da liquidarsi separatamente, in favore del condominio costituitosi parte civile.

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso l’imputato a mezzo del suo difensore, chiedendone l’annullamento ed articolando due motivi.

Con il primo motivo il ricorrente sostiene che il fatto andrebbe qualificato come appropriazione indebita e non come furto. Evidenzia che il fatto a lui contestato consiste nell’essersi impossessato, previo allaccio abusivo alle cassette elettriche del condominio, di un imprecisato quantitativo di energia elettrica sottraendola al condominio ed alimentato con essa il proprio esercizio commerciale e che nel caso di specie mancherebbe la prova che la manomissione abbia prodotto una deviazione del flusso di energia dopo che essa era transitata attraverso il contatore condominiale. Il tecnico incaricato dal condominio aveva accertato che un lampione condominiale non funzionava a causa della presenza di due cavi che alimentavano il gazebo esterno dell’esercizio commerciale dell’imputato. Il malfunzionamento riguardava non l’intero impianto elettrico condominiale, ma solo un faro ed esso era dovuto ad un corto circuito dovuto ad un surplus di assorbimento di energia; nessuna deviazione di elettricità era stata attuata rispetto alla funzionalità dell’intera rete elettrica condominiale, che risultava perfettamente funzionante, ad eccezione di un faro a causa di un surplus di energia e non perché scollegato.

Pertanto, la querela sporta dal condominio doveva ritenersi tardiva.

Con il secondo motivo si duole del difetto di querela, essendo il reato divenuto procedibile a querela dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022, e sostiene che erroneamente la Corte di appello ha ritenuto equiparabile alla manifestazione della volontà punitiva tipica della querela la mancata revoca della costituzione di parte civile, atteso che il condominio aveva già sporto querela prima della entrata in vigore del citato d.lgs. e quindi era in relazione alla querela originariamente sporta che doveva valutarsi la tempestività.

Peraltro, nella querela originariamente sporta, i fatti portati a conoscenza delle forze dell’ordine venivano solo descritti, ma non giuridicamente qualificati.

Poiché i fatti erano avvenuti in data 20 luglio 2017, la querela, sporta in data 11 novembre 2017, doveva ritenersi tardiva.

La decisione

I motivi analizzati dalla Suprema Corte possono così essere articolati:

  La Corte, in primo luogo, si è soffermata sulla procedibilità, nonché sulla tempestività della querela.

La volontà punitiva tardivamente manifestata dalla persona offesa in relazione a reati originariamente perseguibili d’ufficio, divenuti procedibili a querela a seguito dell’entrata in vigore della riforma Cartabia equivale a presentazione della querela, non rilevando la sua tardività, in quanto trattasi di irregolarità afferente a un momento procedimentale anteriore, in cui essa non era richiesta a fini di procedibilità.

A ben vedere infatti, con riferimento alla disciplina transitoria prevista dall’art. 12, comma 2, del d.lgs. 10 aprile 2018, n. 36, che prevede che ai titolari del diritto di querela dei reati per i quali è stato modificato il regime di procedibilità deve essere somministrato un avviso per potere esercitare il loro «nuovo» diritto, hanno affermato che l’avviso non debba essere dato quando l’offeso abbia, in qualsiasi atto del procedimento, manifestato la volontà di instare per la punizione dell’imputato, e, dunque anche quando si sia costituito parte civile.

In tal senso quindi la ratio di tale decisione è estensibile alla querela sporta tardivamente in un momento in cui il reato era ancora procedibile d’ufficio ed è divenuto, successivamente, procedibile a querela, sicché la modifica del regime di procedibilità, con l’introduzione della necessità della querela, non osta al riconoscimento della sussistenza della volontà di punire quando la stessa sia già stata espressa dall’offeso con la costituzione di parte civile o con una querela, apparentemente tardiva, ma in realtà proposta quando essa non condizionava la procedibilità del reato.

Circa la distinzione tra il delitto di furto e quello di appropriazione indebita la Corte rileva che integra il delitto di furto e non quello di appropriazione indebita la condotta del condomino che, mediante allaccio abusivo a valle del contatore condominiale, si impossessi di energia elettrica destinata all’alimentazione di apparecchi ed impianti di proprietà comune.

In particolare, si è osservato che deve considerarsi che l’energia su cui ciascun condomino ha un autonomo potere di fatto – esercitato al di fuori del controllo altrui – ossia quell’«autonomo potere dispositivo» in presenza del quale la condotta di indebita fruizione per costante giurisprudenza deve essere qualificata come appropriazione indebita e non come furto è soltanto quella che transitando attraverso il contatore serve in concreto gli impianti condominiali.

Quando, invece, il condomino o il conduttore ponga in essere una condotta che distoglie il flusso dell’energia che è transitato dal contatore, di guisa che essa alimenti soltanto gli apparecchi e gli impianti propri, non esercita il potere dispositivo che anche a lui come agli altri condomini o conduttori è attribuito ma compie una sottrazione dell’energia destinata a fini condominiali (e solo entro tali limiti nella disponibilità comune) a beneficio invece del proprio consumo individuale, che – si ribadisce – esorbita dai limiti della disponibilità comune dell’energia la quale può ravvisarsi solo limitatamente al flusso effettivamente utilizzato per alimentare gli impianti comuni.

E, proprio in tal modo, si realizza quell’impossessamento dell’energia deviata, sanzionato dall’art. 624 c.p., conseguendo la signoria su di essa «intesa come piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva da parte dell’agente.

Conclusioni

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

- Published posts: 338

webmaster@deiustitia.it

Leave a Reply
You must be logged in to post a comment.