
SOMMARIO: 1. Massima. 2. Il fatto. 3. La decisione. 4. Conclusioni.
Massima
In tema di tentativo, l’univocità e idoneità degli atti posti in essere debbono potersi rilevare obiettivamente dalla condotta degli agenti e dalle modalità degli atti da loro posti in essere, senza che, a tal fine, possa farsi riferimento ai propositi interni degli agenti, dei quali non si abbia conoscenza attra-verso dati obiettivamente rilevabili. Non può pertanto ritenersi integrato il tentativo di deturpamento o imbrattamento di beni culturali di cui all’art. 518-duodecies c.p. sulla base del mero possesso, da parte di un’attivista di un movimento ambientalista non violento, di due gessetti, di un mini sticker di colla e di un foglio di cartone, in quanto oggetti non intrinsecamente pericolosi e che ben avrebbero potuto essere destinati ad effettuare azioni dimostrative non danneggianti o deturpanti o anche a nessuna azione protestataria.
Il fatto
Il tribunale del riesame dei minorenni di Venezia ha rigettato il riesame proposto dalla minore avverso il decreto di perquisizione e sequestro emesso nei suoi confronti in ordine al delitto di cui all’art. 518-duodecies c.p.
La vicenda trae origine dal fermo di una attivista ambientale all’ingresso di un Museo, con due gessetti, un mini sticker di colla e un foglio di cartone.
Nei confronti di tale ordinanza la minore ha proposto ricorso in Cassazione.
In particolare, la ricorrente lamentava violazione degli artt. 125 c.p.p e 56-518-duodecies c.p. L’ordinanza sottolinea che la giovane sia simpatizzante di un movimento ambientalista non violento e trae conferma dell’esistenza di un proposito delittuoso dalla presenza sul luogo di altre due simpatizzanti del Movimento. Ancora, gli oggetti rinvenuti sarebbero potenzialmente idonei a deturpare, deteriorare, imbrattare beni culturali. Seguendo tale ragionamento, obietta però la ricorrente, sarebbe sufficiente il possesso di una penna da parte di un ambientalista, in quanto strumento potenzialmente idoneo a perpetrare il reato contestato.
La decisione
La Cassazione ha ritenuto fondato il motivo di ricorso sopra richiamato.
Dopo una disamina del reato, introdotto nel 2022 e che si pone strutturalmente in rapporto di specialità unilaterale per specificazione rispetto alla fattispecie generale di cui all’art. 639 c.p. (tratto specializzante è la culturalità del bene, oggetto materiale del reato), il giudice di legittimità pone l’attenzione sulla decisione oggetto di ricorso. Secondo quest’ultima, sarebbe integrato il tentativo del reato per essersi la ricorrente e altri soggetti già introdotti nel museo e quindi per aver già iniziato la fase esecutiva del reato, non portata a termine solo per l’intervento delle forze di polizia.
La Suprema Corte si sofferma allora sulla contestazione del delitto tentato, precisando che spetta al Tribunale del riesame la verifica di quanto segue:
a) l’astratta configurabilità del reato;
b) la valutazione in ordine al fumus della univocità e idoneità degli atti posti in essere ai fini della valutazione della ragionevole ipotizzabilità del reato contestato. L’idoneità degli atti, richiesta per la configurabilità del reato tentato, «deve essere valutata con giudizio ex ante, tenendo conto delle circostanze in cui opera l’agente e delle modalità dell’azione, in modo da determinarne la reale adeguatezza causale e l’attitudine a creare una situazione di pericolo attuale e concreto di lesione del bene protetto.
Ai fini della ravvisabilità del tentativo, i requisiti della idoneità e della univocità degli atti devono potersi rilevare obiettivamente dalla condotta degli agenti e dalle modalità degli atti da loro posti in essere, senza che, a tal fine, possa farsi riferimento alle intenzioni, dagli stessi eventualmente formulate.
Pertanto, al giudice non è consentito di conferire idoneità e univocità di direzione ad atti che, di per sè stessi, non sono né idonei né univoci, attraverso il riferimento ai propositi interni degli agenti, dei quali non si abbia conoscenza attraverso dati obiettivamente rilevabili. Diversamente operando, si finirebbe inevitabilmente per conferire rilievo penale ad atti di volizione interna che possono essere valutati soltanto ai fini dell’esistenza dell’elemento psicologico, ma non anche ai fini della ravvisabilità dell’elemento materiale del reato.
La Cassazione richiama poi i due diversi orientamenti circa il momento a partire dal quale deve ritenersi integrato il tentativo.
La prevalente giurisprudenza di legittimità ritiene che gli atti diretti in modo non equivoco a commettere un reato possono essere esclusivamente gli “atti esecutivi” (sulla base di quello che la dottrina chiama “principio di esecuzione”), ossia gli atti tipici, corrispondenti, anche solo in minima parte, come inizio di esecuzione, alla descrizione legale di una fattispecie delittuosa a forma libera o vincolata, in quanto l’univocità degli atti indica non un parametro probatorio, ma un criterio di essenza e una caratteristica oggettiva della condotta, non essendo dunque punibili, a titolo di tentativo, i meri atti preparatori.
Alcune pronunce di questa Corte, invece, opinano che per la configurabilità del tentativo rilevano non solo i veri e propri atti esecutivi, ma anche quelli che, pur classificabili come “preparatori“, facciano fondatamente ritenere che l’agente, avendo definitivamente approntato il piano criminoso in ogni dettaglio, abbia iniziato ad attuarlo, che l’azione abbia la significativa probabilità di conseguire l’obiettivo programmato e che il delitto sarà commesso, salvo il verificarsi di eventi non prevedibili indipendenti dalla volontà del reo.
In tal caso, i requisiti della idoneità e della univocità degli atti devono potersi rilevare “obiettivamente” dalla condotta degli agenti e dalle modalità degli atti da loro posti in essere, senza che, a tal fine, possa farsi riferimento alle intenzioni, dagli stessi eventualmente formulate. A titolo di esempio, la disponibilità di armi da sparo e passamontagna all’ingresso di una banca, potrebbe consentire di inferire l’inizio dell’esecuzione di una rapina ovvero la sussistenza di atti preparatori punibili nei termini di cui sopra.
Nel caso di specie, secondo i giudici di legittimità, tutto ciò manca, né il Tribunale del riesame dà in modo concreto contezza della sussistenza degli elementi sufficienti a ragionevolmente configurare, almeno a fini probatori, un tentativo punibile. Non vi è, in tutta evidenza, principio di esecuzione, posto che la ricorrente è stata fermata all’ingresso dell’area museale senza aver posto in essere alcuna attività (peraltro neppure annunciata in forma verbale).
Né, del resto, può qui richiamarsi la predetta giurisprudenza sugli “atti preparatori”, posto che non è possibile univocamente inferire la destinazione del materiale sequestrato alla ricorrente alla commissione del reato di deturpamento in ragione della pericolosità intrinseca degli oggetti di cui la giovane indagata era in possesso, essendo ben possibile che il gessetto e le altre cose sequestrate fossero destinati ad effettuare azioni dimostrative non danneggianti o deturpanti (quali sit-in o appelli ai presenti, come farebbe pensare la scritta su uno dei fogli: “intervento”), ovvero a non porre in essere alcuna azione protestataria.
Ne deriva che, in assenza di univocità e direzione degli atti non può, a cascata, che dirsi mancante il requisito del fumus commissi delicti, che certo non può ritenersi sussistente, sulla base di un giudizio prognostico ex ante, in base alla mera appartenenza ad un gruppo ambientalista, ciò che sarebbe in stridente contrasto con quanto disposto dagli articoli 18 e 21 Cost.
In conclusione, è stato affermato il seguente principio di diritto: «in tema di sequestro probatorio, laddove sia contestato un reato commesso in forma tentata, ai fini della valutazione del fumus commissi delicti il giudice è tenuto a verificare sia la “astratta configurabilità” del reato sia (con giudizio ex ante) la “univocità” e “idoneità” degli atti posti in essere, ai fini della valutazione della “ragionevole ipotizzabilità” del reato contestato; tali requisiti debbono potersi rilevare obiettivamente dalla condotta degli agenti e dalle modalità degli atti da loro posti in essere, senza che, a tal fine, possa farsi riferimento ai propositi interni degli agenti, dei quali non si abbia conoscenza attraverso dati obiettivamente rilevabili».
Conclusioni
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata nonché il decreto di perquisizione e sequestro in data 29 aprile 2024 e i verbali di perquisizione e sequestro in data 3 maggio 2024, ordinando la restituzione di quanto in sequestro agli aventi diritto.