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Cumulo delle indennità e risarcimento danni nelle missioni militari: divieto di arricchimento ingiustificato – Consiglio di Stato., sez. II – sentenza 23 aprile 2025, n. 3500

- 19 Giugno 2025

SOMMARIO: 1. Massima. 2. Il fatto. 3. La decisione. 4. Conclusioni.

Massima

In materia di risarcimento danni per lesioni subite in missioni militari, le indennità già riconosciute a titolo di assegno vitalizio e speciale elargizione sono compensabili con il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale, in quanto l’eventuale cumulo comporterebbe un ingiustificato arricchimento del danneggiato, contrastando con la funzione riparatoria e non punitiva della responsabilità civile.

Il fatto 

Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 3500 del 23.05.2025 affronta il complesso tema del carattere patrimoniale e compensativo dei benefici assistenziali e il contestuale divieto di arricchimento senza causa nel diritto civile, anche nei confronti delle vittime del dovere.

L’appuntato scelto aveva partecipato alla missione di pace in Iraq nel 2003. In tale contesto, era rimasto ferito a seguito di un attacco terroristico. Per i danni subiti, il militare aveva ricevuto varie provvidenze: un premio assicurativo, due speciali elargizioni, e – soprattutto – un assegno vitalizio e uno speciale assegno vitalizio per un totale già percepito pari a oltre 550.000 euro, cui si aggiungevano circa 994.000 euro da percepire in futuro, per un totale complessivo di circa 1,5 milioni di euro.

Nonostante tali indennizzi, il ricorrente chiedeva il riconoscimento della responsabilità datoriale del Ministero della Difesa e il conseguente risarcimento integrale dei danni subiti. Dopo un primo giudizio civile chiusosi con una dichiarazione di difetto di giurisdizione, il militare aveva riassunto la causa dinanzi al T.A.R. Veneto prima sezione, che tuttavia aveva rigettato la domanda risarcitoria.

Avverso tale sentenza il militare proponeva appello innanzi al Consiglio di stato, chiedendone la riforma, articolando la difesa in tre motivi principali:

1) Mancata ammissione della consulenza tecnica d’ufficio (CTU), che avrebbe consentito una più precisa quantificazione del danno non patrimoniale subito.

2) Erroneo rigetto delle domande risarcitorie per danno patrimoniale, con particolare riferimento alla perdita dell’indennità di missione, ai giorni di licenza non fruiti e alla perdita di chance.

3) Illegittima applicazione del principio della compensatio lucri cum damno, con la conseguente decurtazione del risarcimento in ragione degli indennizzi già percepiti (vitalizi e speciali elargizioni)

Con memoria di costituzione e difesa, si costituiva il Ministero della difesa, per chiedere la reiezione dell’appello.

Il collegio, visto il ricorso in appello e i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della difesa; Visti tutti gli atti della causa trattiene nella pubblica udienza dell’8 aprile 2025, la causa in decisione.

La decisione

Il Consiglio di Stato in via preliminare affronta l’eccezione istruttoria. Difatti, i giudici hanno escluso la necessità di disporre una CTU, rilevando che il ricorrente non aveva fornito alcuna prova o indizio idoneo a dimostrare un danno superiore a quello già coperto dagli indennizzi. La documentazione sanitaria prodotta non dimostrava infatti un aggravamento delle patologie rispetto a quanto già accertato dalla Commissione Medica Ospedaliera nel 2016, che aveva riconosciuto una invalidità permanente del 39%. Anche le perizie più recenti non rilevavano peggioramenti significativi.

Sulla base delle “tabelle di Milano” e della più recente tabella nazionale ex d.P.R. 12/2025, i giudici hanno svolto una simulazione di calcolo del danno non patrimoniale, che – anche nell’ipotesi estrema e irrealistica di un’invalidità totale con massimo danno morale – non superava l’importo degli indennizzi già riconosciuti al militare. È stata quindi confermata l’assenza di un danno ulteriore risarcibile.

Quanto al secondo motivo, relativo al danno patrimoniale, il Consiglio di Stato ha osservato che il militare è ancora in servizio, con la conseguenza che non si configura alcuna perdita patrimoniale attuale. Inoltre, le voci di danno richieste (indennità di missione, giorni di licenza, perdita di chance) non risultavano in alcun modo provate, né allegate con sufficiente precisione.

Infine, i giudici di palazzo spada, hanno ribadito il principio secondo cui i benefici percepiti dal danneggiato a fronte dello stesso fatto lesivo (quali gli assegni vitalizi e le speciali elargizioni) devono essere scomputati dal risarcimento richiesto, in base al principio della compensatio lucri cum damno. L’obiettivo del risarcimento è infatti quello di reintegrare la sfera del danneggiato non di arricchirla: il cumulo integrale di indennizzi e risarcimento determinerebbe un’inammissibile sovracompensazione, in assenza di una base normativa che giustifichi una funzione punitiva del risarcimento.

Non è stata accolta nemmeno l’argomentazione difensiva secondo cui i vitalizi non ancora percepiti non sarebbero computabili: secondo il Consiglio, il diritto a tali somme è già acquisito nel patrimonio del danneggiato, anche se le erogazioni avvengono in forma rateale.

In definitiva, il Consiglio di Stato ha confermato il rigetto della domanda risarcitoria, rilevando che tutte le voci di danno lamentate erano già adeguatamente compensate dagli indennizzi percepiti e futuri.

Conclusioni

 L’appello è stato respinto, con compensazione delle spese di lite per la novità delle questioni trattate. Tuttavia, è stata accolta la domanda di liquidazione degli onorari per gratuito patrocinio, liquidati in complessivi 6.000 euro.

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