
SOMMARIO: 1. Massima. 2. Il fatto. 3. La decisione. 4. Conclusioni.
Massima
Il silenzio-assenso si forma anche quando l’attività oggetto del provvedimento di cui si chiede l’adozione non è conforme alle norme che ne disciplinano lo svolgimento, e ciò in ragione dell’obiettivo di semplificazione perseguito dal legislatore – rendere più spediti i rapporti tra amministrazione e cittadini, senza sottrarre l’attività al controllo dell’amministrazione –, che viene realizzato stabilendo che il potere (primario) di provvedere viene meno con il decorso del termine procedimentale, residuando la sola possibilità di intervenire in autotutela sull’assetto di interessi formatosi silentemente.
Il fatto
Il Consiglio di Stato, con la sentenza 3051/2025, si è pronunciato in merito ad un caso avente ad oggetto la formazione del silenzio assenso successivamente alla presentazione di domanda di condono edilizio, anche se l’opera assentita non risulta essere tra quelle per i quali è prevista tale sanatoria.
Nello specifico, l’appellante risulta essere comproprietario di un’area sita in Arzano (NA), sulla quale sono stati realizzati entro il 1° febbraio 2000 32 distinti “box auto con struttura in ferro e copertura e tompagni in lamiere metalliche”, aventi una superficie reale variabile tra 9 mq e 15 mq circa.
Lo stesso, per ciascuno di tali box auto, in data 9 dicembre 2004, presentava al Comune di Arzano specifica istanza di condono edilizio, ai sensi della l. n. 326 del 2003, allegando la prevista documentazione, tra cui il titolo di proprietà, attestazione del versamento dell’oblazione e dell’anticipazione degli oneri concessori, dichiarazione sostitutiva di certificazione ai sensi del d.P.R. n. 445/2000 e documentazione fotografica.
Nello specifico, in sede di istanza di condono edilizio, i box auto venivano indicato come pertinenze di unità residenziali.
Solo nel mese di gennaio 2008 e, dunque, a distanza di ben 4 anni dalla presentazione delle relative istanza di condono edilizio, il Comune di Arzano, richiedeva integrazioni documentali alle istanze di condono presentate, cui l’appellante, sollecitamente riscontrava, trasmettendo il 18 gennaio 2008, in relazione a ciascuna istanza, la documentazione richiesta formata da: dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà, il rilievo fotografico del box auto, i grafici quotati, la relazione tecnica di descrizione delle opere e materiali utilizzati e sulla dimensione e stato delle opere, la documentazione catastale e marca da bollo.
Inoltre, l’appellante trasmetteva al Comune perizia giurata sulla dimensione e sullo stato delle opere e certificato di idoneità statica relativo a tutti i box auto.
Ancora, in data 3 ottobre 2008, il Comune richiedeva ulteriore integrazione documentale avente ad oggetto unicamente la liquidazione degli importi ancora dovuti per oblazione ed oneri concessori, evidentemente ritenendosi già complete le pratiche di condono edilizio dal punto di vista documentale.
Ebbene, l’appellante riscontrava compiutamente anche tale ulteriore richiesta, trasmettendo all’ente Comunale, in data 22 gennaio 2009, le attestazioni di versamento effettuati.
Tuttavia, a distanza di quasi 8 anni e mezzo da tale ultima integrazione dell’appellante, il Responsabile dell’Area Pianificazione e Gestione del Territorio della Città di Arzano adottava i 32 provvedimenti del 29 maggio 2017 di diniego delle istanze di condono del 9 dicembre 2004, provvedimenti, tutti impugnati nel presente giudizio, sul presupposto che per l’istanza di condono […] non sia maturato il silenzio-assenso.
Tali provvedimenti sono stati impugnati dall’appellante innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli, con cui l’appellante ha dedotto sia la condonabilità delle opere che, comunque, il formarsi del silenzio-assenso sulle proprie istanze, senza che il Comune potesse ormai legittimamente intervenire a disconoscere la formazione del titolo “silente” sui box.
All’esito del giudizio di primo grado, con sentenza n. 7411 del 29 novembre 2022 il Tribunale respingeva il ricorso giudicandolo infondato.
Nello specifico il primo giudice, ha affermato la non applicazione dell’istituto del condono edilizio oltre i casi previsti dalla legge, poiché ha ritenuto applicarsi unicamente in presenza di nuove cstruzioni che abbiano destinazione residenziale, escludendo, quindi, la possibilità di estendere questa misura alle nuove costruzioni non residenziali.
Inoltre, ha giudicato non rilevante il fatto che i suddetti box auto sono definiti pertinenziali di unità residenziali. Ancora, parte appellante non avrebbe nemmeno individuato le specifiche unità abitative cui i box sarebbero asserviti.
Per quel che in tale sede rileva, il Tribunale Amministrativo ha respinto anche il primo motivo di ricorso, non potendosi ritenere formato il silenzio-assenso in assenza di un requisito indefettibile quale quello della destinazione residenziale.
Avverso tale sentenza il soggetto interessato ha proposto appello lamentandone l’erroneità per le ragioni che di qui a poco vedremo e ne ha chiesto la riforma, con il conseguente annullamento degli atti gravati in prime cure.
Non si è costituito il Comune appellato e nella pubblica udienza dell’8 aprile 2025 il Collegio giudicante ha trattenuto la causa in decisione.
La decisione
All’esito della trattazione della causa de qua, il Consiglio di Stato ha accolto il ricordo ritenendolo fondato nel merito.
In particolare, a giudizio del supremo Collegio, deve ritenersi fondata, e dirimente ai fini della risoluzione del caso in esame, la censura con cui l’odierno appellante deduce che erroneamente il Tribunale ha sostenuto che il silenzio-assenso non si sarebbe formato sulle istanze di condono dell’appellante per il preteso carattere “non residenziale” delle nuove opere oggetto delle istanze di condono,
Nello specifico, secondo quanto sostenuto da parte appellante, sarebbero prive di fondamento le ragioni poste alla base del suddetto pronunciamento, laddove il TAR avrebbe sostenuto che la formazione del silenzio assenso sarebbe possibile soltanto nel caso in cui le domande siano conformi al relativo modello legale e, quindi, l’istante sia in grado di comprovare che ricorrano tutte le condizioni previste per il loro accoglimento.
Quanto sostenuto da parte ricorrente troverebbe manforte anche nella più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato, laddove espressamente chiarisce che «il silenzio-assenso si forma anche quando l’attività oggetto del provvedimento di cui si chiede l’adozione non è conforme alle norme che ne disciplinano lo svolgimento, e ciò in ragione dell’obiettivo di semplificazione perseguito dal legislatore – rendere più spediti i rapporti tra amministrazione e cittadini, senza sottrarre l’attività al controllo dell’amministrazione –, che viene realizzato stabilendo che il potere (primario) di provvedere viene meno con il decorso del termine procedimentale, residuando la sola possibilità di intervenire in autotutela sull’assetto di interessi formatosi silentemente»(Cons. Stato, sez. VI, 8 luglio 2022, n. 5746).
Premesso ciò, il Consiglio di Stato, dopo aver accordato ragione al giudice di prime cure laddove ha stabilito che i box oggetto di causa non potevano, in nessun modo, considerarsi invero costruzioni residenziali, ha stabilito, di contro, che il silenzio-assenso si forma anche se l’attività oggetto di silenzio non rientra stricto sensu nello schema legale, difettando di uno dei requisiti – il carattere residenziale della costruzione, nel caso di specie da escludersi – per la condonabilità dell’opera.
A tal proposito, il Consiglio di Stato soffermandosi sulla natura giuridica dell’istituto in questione, silenzio assenso risponde ad una valutazione legale tipica in forza della quale l’inerzia ‘equivale’ a provvedimento di accoglimento.
Di conseguenza, l’equivalenza tra silenzio assenso e provvedimento positivo di accoglimento dell’istanza del privato consente l’applicazione, al provvedimento così formato, del medesimo regime dell’atto amministrativo, con il corollario che, ove sussistono i requisiti di formazione del silenzio-assenso, il titolo abilitativo può perfezionarsi anche con riguardo ad una domanda non conforme a legge.
Al contrario, sostenere che la fattispecie del silenzio assenso sia produttiva di effetti solo nel caso di conformità con la fattispecie legale, significherebbe sottrarre i titoli così formatisi alla disciplina dell’annullabilità e contrasterebbe con la finalità di semplificazione dell’istituto.
A tal punto, il Consiglio di Stato ribadisce che l’obiettivo di semplificazione perseguito dal legislatore – rendere più spediti i rapporti tra amministrazione e cittadini, senza sottrarre l’attività al controllo dell’amministrazione – viene realizzato stabilendo che il potere (primario) di provvedere viene meno con il decorso del termine procedimentale, residuando successivamente la sola possibilità di intervenire in autotutela sull’assetto di interessi formatosi ‘silenziosamente’ (Cons. St., sez. VI, 8 luglio 2022, n. 5746).
Premesso quando innanzi, si rileva che alla data di adozione del provvedimento di diniego del 29 maggio 2017, si era già da moltissimo tempo formato il silenzio-assenso previsto dalle citate disposizioni (e consumato il potere comunale di pronunciarsi negativamente) sulle 32 domande di condono presentate il 10 settembre 2004 per i box auto, con la conseguenza che era preclusa all’amministrazione comunale la possibilità di adottare un provvedimento negativo sulle istanze medesime, anche in via, ormai, di eventuale autotutela, stante il lunghissimo tempo trascorso.
Il Consiglio di Stato conclude che il decorso del termine prescritto di 2 anni a tutto il 22 gennaio 2011 senza l’emanazione di alcun provvedimento espresso (favorevole o di diniego) ha comportato senz’altro la formazione del provvedimento implicito di concessione in sanatoria, al più tardi, nel gennaio 2011.
Ne consegue che, come deduce l’appellante, alla data di emanazione del provvedimento impugnato – 13 maggio 2017 – le opere sanzionate con il diniego erano già da molto tempo (quasi 6 anni e mezzo) assentite in sanatoria, e quindi – contrariamente a quanto ritenuto dal Comune – munite del richiesto titolo autorizzativo, né tanto meno, alla data del 13 maggio 2017 per il lunghissimo tempo trascorso, era più possibile legittimamente al Comune intervenire in autotutela per annullare il silenzio-assenso formatosi sulle istanze.
Conclusioni
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull’appello, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado e annulla gli atti impugnati in prime cure.
In ultimo, compensa interamente tra le parti le spese del doppio grado del giudizio.