SOMMARIO: 1. Massima. 2. Svolgimento del processo. 3. Motivi della decisione. 4. Dispositivo.
Massima
Ai fini della responsabilità a titolo di concorso nel reato di peculato non è necessario che l’intraneus realizzi materialmente la condotta esecutiva, ben potendo la condotta appropriativa essere tenuta dall’extraneus. È invece essenziale che quest’ultimo, per appropriarsi della cosa, sfrutti la relazione di possesso per ragioni di ufficio o di servizio del pubblico agente con la res.
Svolgimento del processo
La Corte di appello di Bologna ha nella sostanza confermato la condanna in primo grado degli imputati per i reati di associazione per delinquere, per più fatti di ricettazione e per peculato.
I fatti da cui trae origine il processo sono così riassumibili.
Secondo quanto accertato dai giudici di merito, i tre imputati, dipendenti di una cooperativa appaltatrice di lavori per conto di una società a capitale pubblico, si sarebbero associati, all’interno di uno stabilimento con il fine di commettere più delitti di cui agli artt. 314, 648 e 648-bis c.p. in danno alla società, appropriandosi di merci in transito e destinandole alla successiva immissione sul mercato clandestino.
Avverso tale sentenza i difensori degli imputati hanno proposto ricorso.
Il motivo di gravame di maggior interesse ha ad oggetto la ritenuta responsabilità concorsuale per il reato di peculato.
Si sostiene che la suddetta responsabilità si fonderebbe sul concorso dei dipendenti con due guardie giurate, incaricati di pubblico servizio, nonostante essi affermino di non essere stati a conoscenza della partecipazione all’attività criminale delle guardie giurate.
Motivi della decisione
(…)
G
La Corte ha ritenuto fondato il ricorso in relazione al motivo sopra descritto.
Innanzitutto, la Corte richiama il percorso argomentativo seguito nella sentenza di appello. I giudici di appello avevano escluso la qualifica di incaricato di pubblico servizio ai capo agli imputati in quanto ad essi erano affidati esclusivamente compiti meramente materiali ed esecutivi. Viceversa, avevano ritenuto sussistente la suddetta qualifica in capo alle due guardie giurate (per le quali si è proceduto separatamente), chiamate a rispondere a titolo concorsuale del reato di peculato.
La qualifica soggettiva attribuita dai giudici di seconde cure alle guardie giuriate risulta punto nodale della sentenza di appello. Su di essa, infatti, si impernia la responsabilità concorsuale degli imputati.
Si contesta, invero, alle guardie giurate di aver omesso i dovuti controlli e di aver così moralmente partecipato alla realizzazione del reato. Prova del dolo in capo agli stessi sarebbe l’accertata loro presenza in vicinanza del buco dal quale venivano fatti passare le merci sottratte, nonché l’essere stati sorpresi a conversare con alcuni degli autori materiali della condotta appropriativa. Infine, ne sarebbero stati dimostrati anche i contatti con uno degli imputati a seguito alla denuncia al fine di concordare una comune strategia difensiva.
Ciò premesso, la Suprema Corte ribadisce che nel reato proprio di peculato possono concorrere altresì soggetti sprovvisti della qualifica soggettiva richiesta dalla norma incriminatrice e che non è necessario che l’intraneus sia esecutore materiale della condotta appropriativa.
Risulta, invece, indispensabile che l’extraneus, per appropriarsi della cosa, sfrutti la relazione di possesso per ragioni di ufficio o di servizio del pubblico agente con la res.
In assenza dello sfruttamento strumentale di questa relazione non può configurarsi il reato di peculato, bensì, sussistendone tutti i presupposti, il reato di furto o di appropriazione indebita.
In questo senso va considerato che, ai sensi dell’art. 128 T.U.L.P., la qualifica di incaricato di pubblico servizio in capo alle guardie giurate consegue alle funzioni di vigilanza e di custodia.
Sottolineano dunque i giudici di legittimità che la sentenza oggetto di ricorso è silente circa una serie di profili, e segnatamente: l’ambito di funzioni delle guardie giurate, il loro rapporto con le cose di cui gli imputati si appropriarono, se su quei beni avessero una relazione di possesso per ragioni di ufficio o di servizio, se dunque i ricorrenti avessero sfruttato la relazione del pubblico agente con il bene.
Conclude dunque la Suprema Corte che la sentenza debba essere annullata limitatamente al reato di peculato.
(…)
Dispositivo
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo 47) nei confronti degli imputati e rinvia per nuovo giudizio su tale capo ad altra Sezione della Corte di appello di Bologna.
Dichiara inammissibili nel resto i ricorsi e irrevocabile l’accertamento della penale responsabilità relativamente ai residui reati, rinviando altresì alla predetta Corte di appello per la conseguente rideterminazione della pena.