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Cass. Pen., sez V, ud. 13 settembre 2023 (dep. 13 ottobre 2023), n. 41749

- 29 Dicembre 2023

SOMMARIO: 1. Massima. 2. Svolgimento del processo. 3. Motivi della decisione. 4. Dispositivo.

Massima

Ai fini della configurabilità del delitto di diffamazione aggravata con il mezzo della stampa il travisamento del fatto storico è ravvisabile non soltanto nell’ipotesi nella propagazione immediata di un dato non corrispondente al vero o nella mancata descrizione di una notizia rilevante realmente avvenuta, ma anche nel suggestivo parallelismo tra due avvenimenti entrambi veritieri, laddove tale paragone sia tale da sottendere l’offesa alla reputazione della parte offesa

Svolgimento del processo 

La Corte d’Appello di Firenze, con pronuncia del 4 febbraio 2022, ha confermato il giudizio di responsabilità penale con cui l’organo giudicante  di primo grado ha ravvisato la sussistenza del delitto di diffamazione aggravato col mezzo della stampa nei riguardi dell’imputato.

Nel caso di specie, l’agente aveva proferito durante un comizio video registrato dichiarazioni allusive nei riguardi delle parti offese che aveva criticato per la gestione politica della Regione Umbria (“l’Umbria era marcia”) e per l’esistenza di presunti condizionamenti politici (elargizione di incarichi) compiuti dal Presidente del Consiglio regionale nei confronti dei familiari di uno dei componenti dell’organo collegiale che aveva emesso giudizio di assoluzione a favore del politico nell’ambito di un precedente processo penale.

La difesa dell’imputato, impugnata la decisione della Corte d’Appello di Firenze, proponeva ricorso per cassazione che si articolava in due motivi.

Con il primo motivo, il difensore del ricorrente deduceva la mancata osservanza delle norme processuali in quanto il decreto di citazione per il giudizio di appello risultava notificato in un luogo diverso (ufficio del legale) nonostante la dichiarazione di domicilio prodotta dall’imputato.

Quanto al secondo motivo, si eccepiva violazione di legge con riguardo alla fattispecie penale contestata poichè la condotta dell’imputato si esplicava nella mera rievocazione di due autonomi fatti storici realmente accaduti che non oltrepassavano i limiti garantiti dal diritto di critica politica.

Motivi della decisione

(…)

I motivi analizzati dalla Suprema Corte possono così essere sintetizzati:

–     Preliminarmente, con riguardo all’inosservanza delle norme processuali, tale doglianza non può essere accolta, in quanto il difensore del ricorrente non ha indicato le modalità e le tempistiche dell’allegazione agli atti del documento in esame, con conseguente mancanza di specificità della censura ed inosservanza del principio di autosufficienza del ricorso.

Sotto tale profilo, la difesa, in ossequio al principio di buona fede, avrebbe dovuto precisare meglio i parametri necessari per un corretto esame della censura, mediante l’individuazione dell’atto medesimo e delle modalità e dei relativi termini temporali di acquisizione.

In altri termini, la difesa dell’imputato non ha fornito alcuna prova dell’errata notifica del decreto di citazione in appello (Cass. pen. Sez. II, 12 febbraio 2019 n. 7597).

-Quanto al profilo della violazione di legge, il tenore delle dichiarazioni formulate dall’agente durante un raduno pubblico non rientrano nell’ambito dell’esercizio della critica politica che presuppone il rispetto dei limiti della continenza linguistica, della veridicità del fatto narrato e dall’attualità della notizia.

Sul punto, un seguito indirizzo giurisprudenziale ha poi ribadito che il delitto di diffamazione aggravata con il mezzo della stampa può essere integrato anche dal mutamento del fatto storico, la cui sussistenza può derivare non soltanto dalla rievocazione diretta di una falsa rappresentazione o dalla sua omissione ma anche dal subdolo parallelismo tra due avvenimenti veritieri da cui possa desumersi un successivo accadimento avente autonoma portata lesiva (Cass. pen. Sez. V, 6 dicembre 2016 n. 22193).

Nel caso di specie, il rapporto tra le posizioni lavorative conferite ai parenti del giudice e il giudizio di assoluzione emesso nei riguardi della parte offesa delinea una connessione funzionale tra queste due vicende che configura un ulteriore e autonomo significato trascendente la notizia, come tale lesivo dell’onore e della reputazione delle vittime.

(…)

Dispositivo

La Suprema Corte rigetta il ricorso soltanto agli effetti civili e condanna l’imputato alle spese legali sostenute dalla parte civile, pari ad euro 4000.

Con riferimento al profilo penale della vicenda, si dichiara l’intervenuta prescrizione, maturata in data 25 ottobre 2022, per il reato di diffamazione aggravata con il mezzo della stampa.

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