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Cass. Pen., Sez II, ud. 12 dicembre 2023 (dep. 14 gennaio 2024), n. 6595

- 20 Febbraio 2024

SOMMARIO: 1. Massima. 2. Svolgimento del processo. 3. Motivi della decisione. 4. Dispositivo.

Massima

La mancata previsione dell’impugnabilità, nell’ambito del procedimento penale, dell’ordinanza che nega all’indagato/imputato l’accesso ad un programma di giustizia riparativa non pone problemi di legittimità costituzionale, poiché il procedimento riparativo di cui all’art. 129-bis c.p.p. non ha natura giurisdizionale, concretizzandosi in un servizio pubblico di cura relazionale tra persone, disciplinato da regole non mutuabili da quelle del processo penale, che talora risultano incompatibili con queste ultime.

Svolgimento del processo 

Con provvedimento il Giudice monocratico, dopo avere emesso sentenza di condanna nei confronti dell’imputato., per i delitti di truffa aggravata e ricettazione, aveva rigettato la richiesta, successivamente avanzata dall’imputato, di accesso ai programmi di giustizia riparativa ai sensi dell’art. 129-bis c.p.p.-

Il Giudice aveva motivato il rigetto sull’assunto che l’imputato, in quanto detenuto per altra causa, era impossibilitato ad accedere a qualsiasi programma di giustizia riparativa; aggiungeva che la negativa personalità e le gravi modalità del fatto, che avevano già legittimato il diniego della sostituzione della pena detentiva con la corrispondente pena pecuniaria, erano elementi significativi ai fini dell’attuale giudizio circa la possibile proficuità dei programmi di giustizia riparativa; rilevava a tal fine, altresì, che l’imputato non aveva manifestato alcuna volontà di risolvere le questioni civili derivanti dal fatto, tanto che non aveva ancora, neppure parzialmente, risarcito il danno cagionato alla vittima.

Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per mezzo del suo difensore di fiducia, denunciando violazione di legge penale, per non avere il giudice adeguatamente motivato in merito al mancato invio dell’imputato al Centro per la giustizia riparativa di riferimento, in violazione dell’art. 44 D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che prevede la possibilità di accedere ai programmi di giustizia riparativa senza preclusioni in relazione alla fattispecie del reato o alla sua gravità. Osserva il ricorrente che solo il mediatore ha il compito di valutare la scelta del programma più adatto al caso concreto e verificare la fattibilità del programma, sicché il giudice non avrebbe potuto esprimersi in termini di incapacità dell’imputato di rispettare le prescrizioni contenute nel programma, dovendo egli solo valutare se lo svolgimento del programma potesse essere utile alla soluzione della questioni derivanti dal fatto per cui si procede e non comportasse un pericolo concreto per gli interessati e per l’accertamento dei fatti.

Motivi della decisione

(…)

Gli elementi valutati dalla Corte di Cassazione possono essere così evidenziati:

–     in via preliminare la Corte rileva che nessuna disposizione prevede specificamente l’impugnabilità dei provvedimenti che negano al richiedente l’accesso ai programmi di giustizia riparativa.

Il rispetto del principio di tassatività dei mezzi di impugnazione, espresso dall’art. 568, comma 1, c.p.p. (secondo il quale è la legge che stabilisce i casi nei quali i provvedimenti del giudice sono soggetti ad impugnazione e determina il mezzo con cui possono essere impugnati), non consente di ritenere impugnabile l’ordinanza con la quale sia stata rigettata la richiesta di accesso ad un programma di giustizia riparativa mutuando il regime d’impugnabilità di provvedimenti diversi.

D’altro canto, i provvedimenti del tipo di quello de quo non sono all’evidenza riconducibili al novero di quelli in materia di libertà personale, in relazione ai quali l’art. 111, comma 7, Cost., ammette la ricorribilità per cassazione per violazione di legge contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale pronunciati dagli organi giurisdizionali o speciali, è sempre ammesso ricorso in cassazione per violazione di legge.

Tuttavia la garanzia costituzionale riguarda i provvedimenti giurisdizionali che abbiano carattere decisorio e capacità di incidere in via definitiva su situazioni giuridiche di diritto soggettivo, producendo, con efficacia di giudicato, effetti di diritto sostanziale e processuale sul piano contenzioso della composizione di interessi contrapposti.

Il provvedimento con il quale si rigetta la richiesta di accesso alla giustizia ripartiva manca di tali requisiti, e dunque ad esso non è estensibile il regime di ricorribilità per cassazione per violazione di legge previsto dall’art. 111, comma 7, Cost.

L’ordinamento vigente non prevede, pertanto, la possibilità di impugnare, nell’ambito del procedimento/processo penale, i provvedimenti che rigettino le richieste di accesso ai programmi di giustizia riparativa;

–   l’art. 42 D.Lgs. n. 150/2022 definisce la giustizia riparativa come ogni programma che consente alla vittima, alla persona indicata come autore dell’offesa, e ad altri soggetti della comunità di partecipare liberamente, in modo consensuale, attivo e volontario, alla risoluzione delle questioni derivanti dal reato, con l’aiuto di un terzo imparziale, adeguatamente formato, denominato mediatore. Da questa definizione emergono solo le caratteristiche generali della giustizia riparativa, ma la definizione citata non permette di definire in positivo la natura giuridica della giustizia riparativa, che potrebbe invece essere definita solo per esclusione.

 Non si tratta di un rito speciale, ma al più di un procedimento incidentale, parallelo alla giustizia contenziosa; non è una causa di estinzione del reato, se non limitatamente all’ipotesi della remissione tacita di querela ai sensi del nuovo art. 152 c.p..; non è nemmeno una causa di non punibilità o di non procedibilità e non è un’alternativa al processo e alla pena, né è un’alternativa alla giustizia penale, non sostituendosi ad essa.

 Si affianca al processo penale e procede in parallelo; è, in definitiva, un sistema che ha connotazioni e regole proprie, che può incidere sul trattamento sanzionatorio.

Il D.Lgs. n. 150/2022 ha quindi concepito il rapporto tra sistema penale e giustizia riparativa in chiave di complementarità integrativa, nel senso che la giustizia riparativa si innesta nel procedimento penale in qualsiasi stato e grado e senza preclusioni in relazione alla tipologia di illecito.

La predetta disposizione declina il rapporto di complementarità tra giustizia riparativa e giustizia punitiva secondo un modello autonomistico, in base al quale la giustizia riparativa e quella punitiva procedono separatamente su binari paralleli destinati a non incontrarsi, pur se la giustizia riparativa trova il suo naturale habitat proprio nel procedimento penale: qui sono promossi tendenzialmente i percorsi riparativi e qui ricadono i suoi effetti positivi, ove ve ne siano.

Questo assunto non è però valido in assoluto, poiché esistono due ipotesi nelle quali l’accesso ai programmi di giustizia riparativa prescinde dal procedimento/processo penale: – la prima è quella prevista dall’art. 44, comma 2, D.Lgs. n. 150/2022, che prevede l’accesso ai programmi di giustizia riparativa anche dopo l’esecuzione della pena e dunque quando la giustizia punitiva ha fatto il suo corso; la seconda è quella prevista dall’art. 44, comma 3, stesso D.Lgs., che, per i reati perseguibili a querela di parte, consente il ricorso alla giustizia riparativa anche prima della proposizione della querela e dunque dell’inizio del procedimento penale. In tali casi, quindi, l’accesso ad un programma di giustizia riparativa è, alternativamente, possibile quando l’iter della giustizia punitiva si è concluso, e dunque la responsabilità penale è stata accertata e la pena è stata eseguita, oppure quando esso non è ancora iniziato, e potrebbe non iniziare mai.

Di conseguenza, il regime di complementarità tra procedimento penale e procedimento riparativo impone la previsione di principi differenti, affinché non ci sia una contaminazione dannosa tra gli autonomi territori: come il processo penale è retto da un principio di pubblicità e di controllo delle garanzie assicurate all’accusato, incompatibile con l’intimità della stanza dei mediatori, così il procedimento riparativo è retto da un principio di riservatezza incompatibile con la formazione di prove dichiarative nel pubblico dibattimento;

  • il procedimento riparativo non è quindi un procedimento giurisdizionale: il programma riparativo e le attività che gli sono propri appartengono non al procedimento/processo penale, quanto piuttosto all’ordine di un servizio pubblico di cura della relazione tra persone, non diversamente da altri servizi di cura relazionale ormai diffusi in diversi settori della sanità e del sociale. Ciò spiega le ragioni per le quali, all’interno del procedimento riparativo, operano regole di norma non mutuabili da quelle del processo penale, ed anzi, incompatibili con quelle del processo penale: volontarietà, equa considerazione degli interessi tra autore e vittima, consensualità, riservatezza, segretezza. Ed invero, proprio perché l’oggetto e la finalità del percorso riparativo sono completamente diversi da quelli del processo penale, non possono in entrambi operare gli stessi principi.

Queste considerazioni confermano che la mancata previsione per i provvedimenti di cui trattasi, all’interno del procedimento/processo penale, di un regime impugnatorio ad hoc analogo a quello dei provvedimenti aventi natura giurisdizionale, non costituisce mera ed ingiustificata lacuna, bensì scelta consapevole, perché ricollegata alla speciale natura, non giurisdizionale, del nuovo istituto, del legislatore.

Il programma riparativo non è parte del procedimento penale e neppure sembra poter essere ricondotto al novero dei procedimenti incidentali, in ragione della marcata diversità di oggetto di cui tratta, dei soggetti partecipanti e degli obiettivi perseguiti; ed invero, non potrebbe ritenersi il contrario, ove si consideri l’evidente disomogeneità tra la funzione giurisdizionale svolta dall’autorità giudiziaria e la competenza umanistico-amministrativa dei Centri per la mediazione, nell’ambito dei quali dovrà operare la nuova figura del mediatore esperto.

(…)

Dispositivo

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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