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Cass. Pen., sez. I, ud. 18 gennaio 2024, (dep. 18 aprile 2024), n.16327

- 29 Aprile 2024

SOMMARIO: 1. Massima. 2. Svolgimento del processo. 3. Motivi della decisione. 4. Dispositivo.

Massima

È legittimo l’esercizio del potere di sindacato, da parte del Magistrato di Sorveglianza e con posteriore ratifica da parte del Tribunale, circa la legittimità della sospensione del titolo esecutivo deliberata dal Pubblico Ministero ai sensi dell’art.656, comma 10, c.p.p.

Svolgimento del processo 

Con ordinanza il Tribunale di Sorveglianza di ha ratificato il provvedimento di sospensione cautelativa degli arresti domiciliari ex art. 656 comma 10 c.p.p. emesso dal Magistrato di Sorveglianza.

Il detenuto è stato raggiunto da affermazione di responsabilità per i delitti di rapina aggravata ed altro, con sentenza emessa dalla Corte di Appello, divenuta irrevocabile; la pena inflitta è quella di anni nove di reclusione ed euro 3.700,00 di multa. Al momento del passaggio in giudicato della predetta decisione il detenuto era in regime di arresti domiciliari presso una comunità terapeutica.

Il Pubblico Ministero competente ha emesso ordine di esecuzione con contestuale sospensione per la prosecuzione della detenzione in regime di arresti domiciliari ex art. 656 comma 10 c.p.p., indicando la pena residua in anni 6 e giorni 26, con trasmissione degli atti al Magistrato di Sorveglianza per la eventuale concessione della liberazione anticipata sul presofferto. Il Magistrato di Sorveglianza ha rilevato che il titolo in esecuzione ricomprende un reato di cui all’art. 4-bis O.P., con entità della pena residua incompatibile con la prosecuzione degli arresti domiciliari esecutivi. Da ciò è derivata la revoca degli stessi arresti domiciliari.

Il Tribunale, nel valutare le doglianze dell’attuale ricorrente, ha evidenziato in sintesi che la decisione emessa dal Magistrato di Sorveglianza rientra nelle attribuzioni di legge a lui devolute, stante l’entità del residuo pena che – anche in ragione del titolo di reato in esecuzione e pur computando virtualmente la liberazione anticipata – non consente la prosecuzione dei cc.dd. arresti domiciliari esecutivi.

Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione deducendo erronea applicazione di legge e vizio di motivazione.

Viene evidenziato che l’atto compiuto dal Pubblico Ministero era una ordinanza di sospensione della esecuzione ove si prendeva atto della sottoposizione del ricorrente alla misura degli arresti domiciliari, con richiesta di deliberazione solo sul tema della liberazione anticipata. A fronte di ciò, il Magistrato prima e il Tribunale poi, avrebbero revocato la misura in atto con applicazione analogica – non consentita – dell’art. 51-ter O.P.-

Non vi è stata, infatti, alcuna violazione del regime degli arresti domiciliari, il che rende illegittima la revoca della misura di favore. In altre parole, si afferma che al Magistrato di Sorveglianza non spettava alcuna forma di controllo sulla legittimità dell’ordine di sospensione della esecuzione emesso dal Pubblico Ministero.

Peraltro si osserva che la concessione della liberazione anticipata porterebbe a ricalcolare la pena residua e determinerebbe la legittimità della richiesta di misura alternativa.

Motivi della decisione

(…)

Gli elementi valutati dalla Corte di Cassazione possono essere così evidenziati:

 

–     preliminarmente il divieto di sospensione dell’esecuzione delle pene detentive brevi, previsto nei confronti di soggetti che siano stati condannati per taluno dei delitti di cui all’art. 4-bis O.P., è applicabile anche nel caso in cui il condannato per delitto ostativo si trovi agli arresti domiciliari per il fatto oggetto della condanna;

 

–  se da un lato è pacifica la considerazione per cui la permanenza degli arresti domiciliari dopo il passaggio in giudicato della sentenza – nel particolare caso di cui all’art. 656, comma 10, c.p.p. – non può essere ritenuta e qualificata in termini di misura cautelare (data l’ovvia inconciliabilità tra trattamento cautelare e definitività della sentenza di condanna) dall’altro sono sorte, nei più recenti arresti, incertezze definitorie circa la natura giuridica cui ascrivere detta condizione

Tuttavia, nel caso de quo, l’intervento del Magistrato di Sorveglianza, ratificato dal Tribunale, riguarda l’an della sospensione dell’ordine di esecuzione con prosecuzione degli arresti domiciliari e si pone in termini di «rettifica» della decisione emessa dall’organo ‘primario’ della esecuzione, rappresentato dal Pubblico Ministero.

Occorre quindi comprendere se sussista in capo al Magistrato di Sorveglianza il potere di diretto intervento (provvisorio, con posteriore ratifica del Tribunale) sulla condizione del soggetto, attraverso la declaratoria di insussistenza delle condizioni di legge per l’applicazione del particolare regime di cui all’art. 656, comma 10, c.p.p. e conseguente ingresso della persona in un Istituto Penitenziario.

La decisione emessa dal Pubblico Ministero ai sensi dell’art. 656 c.p.p., in caso di mancata sospensione del titolo esecutivo, pur non essendo impugnabile è sindacabile da parte del giudice della esecuzione. Analogo sindacato, nel caso di avvenuta sospensione del titolo con prosecuzione degli arresti domiciliari, va riconosciuto come sussistente in virtù della necessaria giurisdizionalità della fase esecutiva (intesa come rispetto del principio di legalità a fronte di decisione erronea), con attribuzione del relativo potere alla magistratura di sorveglianza.

Gli arresti domiciliari esecutivi rappresentano, infatti, una forma particolare e transitoria di esecuzione della pena, finalizzata ad evitare l’ingresso in carcere del soggetto cui risulta applicabile – alle condizioni di legge – una misura alternativa alla detenzione, il che attrae la competenza a valutarne la «legalità», anche in assenza di condotte violative, all’organo giurisdizionale che sulla adozione di misura alternativa risulta essere funzionalmente competente.

In tale direzione interpretativa va altresì rilevato non solo che è lo stesso legislatore ad evocare – nel corpo dell’art. 656, comma 10, c.p.p. – la competenza del magistrato di sorveglianza ai fini degli adempimenti previsti dall’art. 47-ter L. n. 354/1975, il che è un chiaro indice di equiparazione tra lo strumento in esame e la misura alternativa corrispondente, ma che in via generale il Magistrato di Sorveglianza è titolare di un ampio potere di verifica della permanenza o meno delle condizioni di legge per l’applicazione delle misure alternative alla detenzione già in atto.

(…)

Dispositivo

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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