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Cass. pen., sez. IV, ud. 13 marzo 2024 (dep. 5 aprile 2024), n. 13819

- 18 Aprile 2024

SOMMARIO: 1. Massima. 2. Svolgimento del processo. 3. Motivi della decisione. 4. Dispositivo.

Massima

Il pubblico ministero italiano è legittimato, ai sensi dell’art. 27, comma 1, del D.Lgs. n. 108/2017 a emettere, nell’ambito delle proprie attribuzioni nella fase delle indagini preliminari, un ordine europeo di indagine volto all’acquisizione di una prova già disponibile e a trasmetterlo direttamente all’autorità di esecuzione.

Svolgimento del processo 

Il Tribunale, in funzione di giudice del riesame ai sensi dell’art.309 c.p.p., ha rigettato l’istanza proposta avverso l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale applicativa della custodia cautelare in carcere in relazione ai reati di cui agli artt.74, commi 1, 2 e 5, (capo 1) e 81,110 c.p. e 73, comma 1, 80, comma 2, d.P.R. 9 ottobre 1990, ri.309.

Il ricorso per cassazione censura l’ordinanza, con il primo motivo, per violazione di legge e difetto di motivazione in ordine alla mancata declaratoria di inefficacia dell’ordinanza di custodia cautelare ai sensi dell’art. 309, comma 5, c.p.p.-

La doglianza concerne la mancata trasmissione ai sensi dell’art. 309 c.p.p. del CD-DVD contenente le trascrizioni delle chat valorizzate ai fini dell’adozione della misura cautelare e i tabulati dell’utenza intestata e in uso al ricorrente. Il Tribunale avrebbe fondato la sua decisione su elementi dei quali non ha mai avuto la disponibilità completa e diretta, avendo ricevuto solo la loro selezione operata dalla polizia giudiziaria. I contenuti delle chat e i tabulati erano decisivi nella prospettiva della doverosa verifica della tesi difensiva esposta dall’indagato nell’interrogatorio di garanzia; specifica la difesa che, nonostante il pubblico ministero avesse affermato che solo il CD-DVD non fosse stato trasmesso al Giudice per le indagini preliminari ai sensi dell’art. 291 c.p.p., il Tribunale ha ritenuto invece di fare riferimento anche ai tabulati integrali, basandosi esclusivamente sulle affermazioni dell’ufficio del pubblico ministero quanto al CD-DVD e nemmeno ritenendo necessaria a tal fine l’affermazione della parte pubblica con riguardo ai tabulati.

In particolare, dall’indice degli atti inviati al Giudice per le indagini preliminari risultava trasmesso il CD-DVD nella sua forma fisica, ma il Tribunale non si è confrontato con tale documento così rimanendo senza confutazione la forza dimostrativa di esso, in contrasto con quanto affermato dal pubblico ministero. Con riguardo ai tabulati, il G.I.P. ha validato l’ipotesi dell’incontro proprio sull’analisi di essi operata dalla polizia giudiziaria, cosicché si sarebbe dovuto incontestabilmente supporre che essi fossero stati trasmessi all’autorità giudiziaria, essendo impensabile che il giudice avesse aderito alla prospettazione della Guardia di Finanza senza analizzarli.

Con il secondo motivo deduce violazione degli artt. 309, comma 5, 178 lett. c), 309, comma 8, c.p.p. per la mancata tempestiva messa a disposizione della difesa del CD-DVD.

Il pubblico ministero ha messo a disposizione il CD-DVD, ma non la versione integrale criptata, dei messaggi ricevuti e inviati dal criptotelefonino nè le chiavi di sicurezza necessarie per la decrittazione. Il mancato rispetto del termine di tre giorni liberi avrebbe integrato la nullità dell’avviso di fissazione dell’udienza camerale e di tutti gli atti conseguenti.

Con il terzo motivo deduce violazione degli artt. 178, lett. c) e 181, comma 1, c.p.p. nonché difetto di motivazione in ordine alla mancata declaratoria di nullità dell’O.I.E. e dei suoi esiti, sulla base della mancata messa a disposizione della difesa delle stringhe alfanumeriche dalle quali erano stati convertiti i contenuti delle chat dopo la loro captazione, senza peraltro che fosse nota la modalità con la quale era stata eseguita l’operazione di decrittazione, il Tribunale ha mostrato di non comprendere i termini reali della questione sollevata, avente a oggetto il diritto della difesa di accedere ai dati acquisiti prima della loro decrittazione

Il Tribunale era stato sollecitato a pronunciarsi, alla stregua dell’ordinamento interno e della CEDU come interpretata dalla Corte di Strasburgo, sulla mancata messa ci disposizione della difesa delle stringhe alfanumeriche e delle chiavi di decrittazione in quanto lesiva del diritto di difesa e valutare quali ne fossero le conseguenze sull’acquisizione dei dati già in chiaro acquisiti attraverso la cooperazione dell’autorità giudiziaria francese.

Con il quarto motivo ha dedotto l’inutilizzabilità, ai sensi dell’art. 191, comma 1, c.p.p. e 132, comma 3-bis, D.Lgs. 30 giugno 2003, n.196 come modificato dal D.L. 30 settembre 2021, n. 132 conv. dalla L. 23 novembre 2021, n. 178 in riferimento all’art. 6 par. 1 lett. b) Direttiva 2014/41 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 3 aprile 2014, dei messaggi inviati e ricevuti da e sull’apparecchio telefonico. Il Tribunale ha respinto l’eccezione di inutilizzabilità con un ragionamento costellato da gravi errori di diritto e fondato sul travisamento del contenuto degli atti trasmessi dall’autorità giudiziaria francese. Secondo la difesa, contrariamente a quanto affermato nell’ordinanza impugnata, i dati trasmessi alla Procura erano stati acquisiti solo in esecuzione dell’O.I.E. emesso dall’autorità italiana. Secondo la difesa, questi documenti dimostrano che i dati trasmessi in Italia non fossero già nella disponibilità dell’autorità giudiziaria francese, che li aveva acquisiti solo a seguito della ricezione dell’O.I.E. dalla Procura per dare esecuzione a quest’ultimo.

Il Tribunale, per confutare tale dato, ha attribuito rilievo a una nota prot. n. 197/21 del 3 dicembre 2021 sottoscritta dal Membro Nazionale per l’Italia presso Eurojust e trasmessa con la precisazione che il documento non fosse destinato all’inserimento in procedimenti penali, essendo inviato a soli fini informativi e conoscitivi dell’autorità giudiziaria e di polizia giudiziaria, con divieto di divulgazione a terzi. Trattasi, in ogni caso, si assume, di una nota che non ha alcuna attinenza al caso in esame in quanto vi si fa menzione di una squadra comune franco – belga – olandese, mentre nel presente procedimento le attività di acquisizione dei dati sono state svolte unicamente dalla polizia francese.

La difesa aveva, dunque, posto questioni di diritto interno relative al regime di utilizzabilità degli esiti dell’O.I.E. secondo il sistema processuale nazionale. Facendo riferimento all’art. 6 par. 1 lett. b) Direttiva del Parlamento Europeo, che individua nella proporzionalità della richiesta istruttoria il criterio di validità, ravvisando la proporzionalità nell’attività di prosecuzione delle indagini, e considerando l’attuazione nell’ordinamento interno di tale principio con art. 1 D.Lgs. 21 giugno 2017, n. 108, la difesa evidenzia come sia stato riconosciuto dallo stesso Tribunale che l’iscrizione della notizia di reato fosse stata eseguita prima della ricezione degli esiti dell’O.I.E.-

Il Tribunale ha tuttavia ritenuto del tutto corretto l’operato della Procura affermando che l’iscrizione nel registro delle notizie di reato fosse stata determinata dall’espletamento degli approfonditi accertamenti sul materiale trasmesso dalla Francia. La difesa evidenzia come ciò che rileva sia la constatazione obiettiva che l’O.I.E. sia stato ordinato non per proseguire le indagini ma per avviarle, dunque fuori dei casi consentiti dalla legge e dalla Direttiva del Parlamento Europeo. Inconferente risulta la distinzione tra indizi di colpevolezza e semplici indizi di reità per giustificare l’attivazione nei confronti. dell’O.I.E. pur in mancanza della formale iscrizione della notizia di reato a suo carico.

Con il quinto motivo deduce violazione degli artt. 178 lett. c), 191, 273, 292 c.p.p. in ordine alle contestazioni sub 1), 6), 8).

L’inutilizzabilità degli esiti dell’ordine di indagine europeo determinerebbe, si assume, il totale dissolvimento della base indiziaria dell’ordinanza cautelare, come del resto si desume dal fatto che il sia stato indagato formalmente solo dall’8 febbraio 2023, ossia dopo la ricezione degli esiti dell’O.I.E., a conferma del fatto che prima di tale acquisizione il pubblico ministero non avesse ravvisato a suo carico alcun elemento utile per iscrivere il suo nome nel registro delle notizie di reato.

Motivi della decisione

(…)

Gli elementi valutati dalla Corte di Cassazione possono essere così evidenziati:

–     con riferimento al primo motivo di gravame, il pubblico ministero non ha l’obbligo di mettere a disposizione del Giudice per le indagini preliminari e del Tribunale del riesame gli atti d’indagine nella loro integralità, purché gli stralci depositati siano rappresentativi degli elementi sui quali si fonda la richiesta cautelare e siano così garantiti il diritto di difesa e lo sviluppo del contraddittorio;

–     secondariamente, ove al difensore sia stato ingiustificatamente impedito il diritto di accesso alle registrazioni poste a base della richiesta del pubblico ministero, tale omissione non determina la nullità del genetico provvedimento impositivo, legittimamente fondato sugli atti a suo tempo prodotti dal pubblico ministero a sostegno della sua richiesta, né comporta la inutilizzabilità degli esiti delle captazioni effettuate, perché questa scaturisce solo nelle ipotesi indicate dall’art. 271, comma 1, c.p.p.; non comporta la perdita di efficacia della misura, giacché la revoca e la perdita di efficacia della misura cautelare conseguono solo nelle ipotesi espressamente previste dalla legge (artt. 299,300,301,302,303,309, comma 10, c.p.p.).

Determina, invece, un vizio nel procedimento di acquisizione della prova per la illegittima compressione del diritto di difesa e non inficia l’attività di ricerca della stessa ed il risultato probatorio, in sé considerati; esso comporta, quindi, una nullità di ordine generale a regime intermedio, ai sensi dell’art. 178, lett. c), c.p.p., soggetta al regime, alla deducibilità ed alle sanatorie di cui agli artt. 180,182 e 183 c.p.p.;

–  con riferimento poi all’acquisizione dei dati sul tema della disciplina di garanzia che afferisce a tali acquisizioni, va ricordato che l’Ordine Europeo d’Indagine deve aver a oggetto una prova acquisibile nello Stato di emissione e deve essere eseguito in conformità a quanto previsto nello Stato di esecuzione per il compimento di un analogo atto di acquisizione probatoria, dovendosi certamente presumere il rispetto di tale disciplina e dei diritti fondamentali, salvo una concreta verifica di segno contrario che, allo stato, non risulta allegata. Secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, gli artt. l e 9 della Direttiva 2014/41/UE implicano che l’utilizzazione degli atti trasmessi a seguito di attività di cooperazione internazionale (come più volte affermato in tema di rogatoria attiva) non sia condizionata a un accertamento dei parte del giudice dello Stato di emissione concernente la regolarità delle modalità di acquisizione esperite dall’autorità straniera, in quanto vige la presunzione di legittimità dell’attività svolta e spetta al giudice straniero la verifica della correttezza della procedura e l’eventuale risoluzione di ogni questione relativa alle irregolarità lamentate nella fase delle indagini preliminari).

L’art.1 D.lgs. n.108/2017, consente secondo il principio di proporzionalità che una richiesta istruttoria venga eseguita attraverso l’ordine di investigazione europeo purché essa sia necessaria per la prosecuzione delle indagini, in tal modo rispettando quanto affermato dalla Corte di Giustizia Europea laddove ha imposto la verifica in concreto dell’effettiva necessità di un intervento acquisitorio.

Occorre rilevare che in relazione al contrasto inerente all’individuazione dello strumento processuale interno da porre a parametro per l’importazione delle chat decrittate e richieste con O.I.E. le Sezioni Unite hanno recentemente affermato (notizia provvisoria di decisione n.4/2024) che l’acquisizione di atti di altro procedimento penale non deve essere oggetto di verifica giurisdizionale preventiva della sua legittimità nello Stato di emissione dell’O.I.E.- Il pubblico ministero italiano è legittimato, ai sensi dell’art. 27, comma 1, del D.Lgs. n. 108/2017 a emettere, nell’ambito delle proprie attribuzioni nella fase delle indagini preliminari, un ordine europeo di indagine volto all’acquisizione di una prova già disponibile e a trasmetterlo direttamente all’autorità di esecuzione.

La Corte di giustizia ha, a tale proposito, statuito che, una volta che la prova è stata acquisita nello spazio comune europeo e in conformità al diritto dell’Unione, la sua ulteriore circolazione, con trasferimento ad altro procedimento, non richiede una nuova autorizzazione del giudice, ma solo che sia rispettato il limite della utilizzabilità per ragioni di sicurezza pubblica e repressione di gravi reati (Corte di giustizia, sentenza 7 settembre 2023, A.G. – C-162/22).

Quanto all’ammissibilità dell’acquisizione degli atti mediante ordine europeo di indagine penale, l’art. 6, par. 1 lett. b), Direttiva 2014/41/UE, prescrive che l’autorità di emissione può emettere un ordine europeo di indagine solamente quando l’atto o gli atti di indagine richiesti nell’ordine europeo di indagine avrebbero potuto essere emessi alle stesse condizioni in un caso interno analogo.

L’art. 10, par. 5, di tale direttiva sancisce, inoltre, che ove, conformemente al paragrafo 1, l’atto di indagine richiesto nell’ordine europeo di indagine non sia previsto dal diritto dello Stato di esecuzione o non sia disponibile in un caso interno analogo, e ove non vi siano altri atti di indagine che consentano di ottenere lo stesso risultato dell’atto di indagine richiesto, l’autorità di esecuzione informa l’autorità di emissione che non è stato possibile fornire l’assistenza richiesta. L’autorità giudiziaria dello Stato di emissione non può, pertanto, demandare all’autorità giudiziaria dello Stato di esecuzione il compimento di un atto di indagine che non sia contemplato dalla lex fori, né tantomeno richiedere la trasmissione di prove che non avrebbero potuto formare di acquisizione in un procedimento penale interno.

La disposizione intende, infatti, evitare che le prove raccolte dall’autorità giudiziaria dello Stato di esecuzione, in conformità al proprio ordinamento, possano eludere i divieti di acquisizione probatoria stabiliti dalla legge processuale dello Stato di emissione, divenendo utilizzabili ai fini decisori.

– l’orientamento interpretativo sposato dall’ordinanza impugnata, secondo il quale le chat avrebbero natura di documenti di dati informatici, deve essere rivisitato. Nella giurisprudenza costituzionale (Corte Cost. 7 giugno 2023 n. 170), si è infatti ampliato il concetto di corrispondenza con argomentazioni inerenti a qualunque flusso di comunicazioni, in linea generale, quindi, lo scambio di messaggi elettronici.

La Corte ritenendo dunque necessario riesaminare la natura dell’attività svolta all’estero ed attribuire alla stessa la corretta qualificazione giuridica, ha disposto l’annullamento dell’ordinanza con rinvio affinché il Tribunale verifichi nuovamente l’utilizzabilità, nel giudizio cautelare, delle suindicate chat.

(…)

Dispositivo

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale del riesame per nuovo esame.

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