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Cass. Civ., sez II, ud. 22 febbraio 2024 (dep. 12 giugno 2024), n. 16329

- 30 Luglio 2024

SOMMARIO: 1. Massima. 2. Svolgimento del processo. 3. Motivi della decisione. 4. Dispositivo.

Massima

Non si configura la fattispecie della donazione indiretta ove il donante versi soltanto una parte del prezzo del bene, poiché la corresponsione del denaro costituisce modalità alternativa di attuazione del risultato giuridico conseguito con l’attribuzione liberale dell’immobile soltanto nel caso in cui se ne versi l’intero ammontare. 

Svolgimento del processo 

In data 28.6.2007 A.C. conveniva in giudizio la sorella E.C., dinanzi al Tribunale, per chiedere la dichiarazione di apertura della successione della madre E. R., in virtù di testamento pubblico del 26.4.2004, che la nominava erede universale ed istituiva un legato in sostituzione di legittima in favore della sorella E.C., avente ad oggetto i beni mobili esistenti presso l’abitazione della de cuius.

Parte convenuta proponeva autonoma domanda nei confronti di parte attrice e della figlia S.S. chiedendo la nullità del testamento pubblico del 26.4.2004 per difetto di forma e per incapacità naturale della de cuius; in via subordinata, qualora il testamento fosse stato ritenuto valido, attesa la rinuncia al legato e l’attribuzione della quota di legittima, chiedeva la riduzione della donazione della liberalità disposta dalla de cuius in favore di S.S. avente ad oggetto la metà dell’appartamento.

Il Tribunale delle prime cure in, composizione monocratica, con sentenza non definitiva disponeva lo scioglimento della comunione ereditaria sulla base del testamento del 26.4.2004, attribuendo la quota di 2/3 a A.C.. e di 1/3 a E.C.; accertava la composizione della massa ereditaria e, con separata ordinanza, disponeva la remissione della causa sul ruolo per la stima dei beni ereditari

Avverso la sentenza non definitiva del Tribunale E.C. proponeva appello dinanzi alla Corte d’Appello.

La Corte d’appello, con sentenza del 9.6.2017, dichiarava la nullità della sentenza di primo grado ed esaminava i motivi di gravame.

Avverso la sentenza d’appello E.C. proponeva Ricorso per Cassazione fondato su tre motivi; A.C. resisteva con controricorso e proponeva ricorso incidentale sulla base di due motivi. S.S. non svolgeva alcuna attività difensiva.

Motivi della decisione

(…)

I motivi in virtù dei quali la Corte di Cassazione ha accolto con sentenza il ricorso principale possono essere così riassunti:

Con il primo motivo, la ricorrente censurava la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli articoli 606, 1418, 1421 e 490 c.c., in relazione all’articolo 360, comma 1, n. 3 cpc, asserendo che la Corte d’appello avrebbe erroneamente ritenuto che la rinuncia a far valere la nullità del testamento integrasse la conferma delle disposizioni testamentarie nulle, ai sensi dell’art.580 c.c.

La Suprema Corte riteneva il detto motivo infondato assumendo che, indipendentemente dalla nullità/annullabilità del testamento, risultava significativo il fatto che E.C. avesse espressamente rinunciato alla domanda di nullità del testamento e della donazione nella memoria ex at.183 c.p.c.

In virtù del principio dispositivo, difatti, la Corte d’appello non poteva statuire d’ufficio su una domanda alla quale la parte aveva rinunciato, poiché aveva preferito coltivare l’azione di riduzione per lesione della legittima, che presuppone la validità del testamento.

Con il secondo motivo, parte ricorrente prospettava la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2721, 2725, c.c., 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto che fosse stata provata la donazione indiretta della quota pari a un quarto dell’immobile sito in Milano, alla Via Tito Speri, 11 da parte della de cuius alla figlia E.C.

La Suprema Corte rigettava il secondo motivo, ritenendolo infondato avendo riguardo al principio per cui la censura, come nel caso di specie, che si risolve in una critica alla valutazione delle prove ed al ragionamento presuntivo, che è prerogativa del giudice di merito, risulta insindacabile in sede di legittimità.

Ed invero, la Corte distrettuale aveva tratto la prova della donazione indiretta da una serie di elementi desunti dalle dichiarazioni testimoniali e da una serie di presunzioni: aveva accertato che per l’acquisto dell’immobile era stato acceso un mutuo pari alla metà del prezzo e che l’appartamento era stato intestato a E.C.; aveva valorizzato le deposizioni delle sorelle P., le cognate di E.C., le quali avevano dichiarato che l’immobile era stato acquistato dal padre, sicché sussistevano precise indicazioni confermative del fatto che almeno la metà del prezzo era stato pagato dai genitori di E.C. e metà da parte dei genitori del marito.

Tali conclusioni erano state confermate dalla constatazione che, in relazione al mutuo acceso per l’acquisto della casa, non vi era prova del versamento di somme da parte dei genitori di E.C.

Infine, sulla base della documentazione allegata, la Corte d’appello aveva ritenuto che non fosse sufficiente la prova della redditività dell’impresa del marito della ricorrente, al fine di escludere che l’acquisto dell’abitazione fosse stato effettuato unicamente dal predetto in quanto i ricavi si riferivano al 1986 e non provavano la capacità di acquisto nei venticinque anni precedenti; al contrario, al contrario, la de cuius possedeva ingenti disponibilità di somme derivanti dalla vendita di tre appartamenti a Novara, oltre alla liquidità derivante dalla rendita da locazione.

Ancora, i giudici di legittimità stabilivano che potesse essere ammissibile la violazione dell’art. 116 c.p.c., solo ove si fosse allegato che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non avesse operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria.

Con il terzo motivo parte ricorrente denunciava la violazione e falsa applicazione degli artt. 809 c.c., 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per avere la Corte d’appello ricompreso nella massa ereditaria la quota di un quarto dell’immobile sito in Milano.

 La Suprema Corte riteneva il detto motivo fondato e, pertanto, lo accoglieva: ciò in quanto i giudici di legittimità avevano distinto l’ipotesi in cui l’immobile fosse interamente acquistato con denaro del disponente ed intestazione ad altro soggetto che il disponente intende beneficiare dall’ipotesi in cui il donante avesse pagato soltanto una parte del prezzo del bene.

La Suprema Corte rimarcava, così, principio di diritto alla stregua del quale non si può configurare l’ipotesi di donazione indiretta dell’immobile quando il donante paghi soltanto una parte del prezzo del bene, giacché la corresponsione del denaro costituisce una diversa modalità per attuare l’identico risultato giuridico-economico dell’attribuzione liberale dell’immobile esclusivamente nell’ipotesi in cui ne sostenga l’intero costo.

(…)

Dispositivo

La Corte accoglie il terzo motivo del ricorso principale ed il ricorso incidentale, rigetta i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello in diversa composizione.

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