SOMMARIO: 1. Massima. 2. Svolgimento del processo. 3. Motivi della decisione. 4. Dispositivo.
Massima
Lo stesso fatto di cessione di sostanza stupefacente può essere ascritto contestualmente a diversi titoli di reato, quando, all’esito di una valutazione globale, emerge che le condotte di alcuni partecipi esprimono un diverso disvalore oggettivo e soggettivo. Dunque, impregiudicata l’attualità del principio di unicità del reato concorsuale, qualora il contributo di un concorrente si caratterizzi per un più tenue livello di offesa desunto dai mezzi, modalità e/o altri fattori, ben può ravvisarsi nei suoi confronti la qualificazione del fatto alla stregua del quinto comma dell’art. 73 t.u. stup.
Svolgimento del processo
La corte d’Appello di Roma, in parziale riforma della sentenza del locale Tribunale, ha rideterminato la pena con riferimento ad uno dei coimputati in complessivi anni tredici e mesi uno di reclusione, ritenuta la continuazione con i fatti di cui ad una precedente sentenza.
Le vicende che vengono in rilievo traggono origine da indagini per traffici di droga in una borgata di Roma. In tale ambito territoriale si accertava l’operatività di due diverse consorterie criminali tra loro connesse: da un lato l’associazione di cui all’art. 416 c.p. finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di reati, dall’altro lato un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (art. 74 t.u. stup.)
Avverso la sentenza di appello hanno proposto ricorso il procuratore Generale presso la Corte di appello di Roma e taluni imputati. Di interesse sono le doglianze di uno di questi ultimi, articolate in tre motivi di ricorso. In particolare, nel secondo motivo il ricorrente lamenta l’inosservanza o l’erronea applicazione della legge penale, nonché la mancanza, la contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione in relazione alla mancata riqualificazione delle condotte di spaccio in quella di cui al quinto comma dell’art. 73 t.u. stup. e la conseguente mancata declaratoria di intervenuta prescrizione. Nello specifico, richiama a sostegno l’indirizzo giurisprudenziale in base a cui, in tema di concorso di persone nel reato di cessione di stupefacenti, lo stesso fatto può essere ascritto a un concorrente ai sensi del comma 1 e all’altro ai sensi del comma 5, qualora il contesto complessivo nel quale si iscrive la condanna assuma caratteri differenziali per ciascun correo. Contesta, inoltre, il passaggio argomentativo della sentenza di appello nella parte in cui si argomenta che piccolo spaccio e reato associativo siano tra loro ontologicamente incompatibili (così come invece sostenuto dal giudice di appello).
Investita della questione, la Quarta sezione della Corte di cassazione ha rilevato la sussistenza di un contrasto giurisprudenziale circa la possibilità di disporre una diversa qualificazione giuridica del medesimo fatto storico sul presupposto che, in relazione a taluni coimputati, il singolo episodio si iscriva come reato-fine in un programma criminoso di stampo associativo. Di conseguenza, ha rimesso la questione alle Sezioni Unite.
Motivi della decisione
(…)
Le Sezioni Unite ricostruiscono dapprima gli orientamenti che si contendono il campo.
Secondo un primo orientamento, è ancora attuale il principio dell’unicità del reato concorsuale. In tal senso militano il dato letterale (art. 110 c.p.), la volontà del legislatore storico desumibile dalla Relazione del Guardasigilli al Progetto definitivo del codice Rocco, nonché l’interpretazione sistematica delle regole sulla compartecipazione criminosa quali ricavabili dagli artt. 116 e 117 c.p.
L’art. 116 prevede che il correo il quale non abbia avuto di mira né abbia materialmente perpetrato il reato più grave deve comunque risponderne, non potendosi consentire una differenziazione dei titoli di reato tra i diversi compartecipi. A sua volta, l’art. 117 c.p. prevede che anche l’extraneus che non si sia prospettato la possibilità di realizzare il reato proprio debba comunque risponderne.
Infine, con specifico riferimento alla fattispecie contemplata dall’art. 73 co. 5 t.u. stupefacenti, si evidenzia che la lieve entità si caratterizza per dati oggettivi e globali e non per le peculiarità soggettive di taluno dei concorrenti. Tali ultimi profili acquistano rilievo in un momento successivo, e precisamente in sede di commisurazione della pena (si pensi agli artt. 133 e 114 c.p. e alle disposizioni in tema di recidiva).
Secondo un diverso orientamento, invece, va superato il dogma dell’unicità del reato concorsuale. Unico elemento comune indefettibile è il medesimo fatto storico (e non il medesimo fatto tipico), ben potendosi distinguere tra correi in base all’atteggiamento soggettivo e a dati inerenti alla condotta. A favore di tale indirizzo si richiama l’art. 112, ult. Co. c.p., la quale, non specificando le ragioni per cui uno dei partecipi è non imputabile o non punibile, sembra ammettere il concorso di persone anche nel caso della non punibilità relativa e della punibilità per un titolo di reato diverso che, unendosi a quello degli altri concorrenti, contribuisce a produrre la medesima offesa tipica. In tale direzione deporrebbero anche gli artt. 116 e 117 c.p.
Il primo introduce un’ipotesi di carattere eccezionale per raggiungere un risultato non realizzabile sulla scorta della generale disciplina del concorso di persone. In assenza del 116 c.p., infatti, il c.d. concorrente anomalo sarebbe chiamato a rispondere del diverso delitto per colpa, sempre che tale delitto sia previsto dalla legge come delitto colposo: in tal modo si avrebbe l’imputazione dello stesso fatto ai correi sulla base di titoli di reato eterogenei. Il secondo prevede una parificazione il cui fondamento risiede nella necessità di evitare che alcuni concorrenti siano puniti per un reato e altri per un diverso reato solo in ragione dell’interferenza di particolari qualità di uno di essi o di particolari rapporti di uno di essi con la persona offesa. Qualora invece il mutamento del titolo di reato dipende da circostanze diverse da quelle scolpite nell’art. 117 e il soggetto a carico del quale è configurabile la responsabilità per la fattispecie meno grave non ha consapevolezza degli elementi qualificanti la vicenda in modo peggiorativo per l’altro concorrente, la parificazione della responsabilità non può avvenire né ad opera dell’art. 117 né ad opera dell’art. 110 c.p. Potrà, in tale evenienza, venire in soccorso esclusivamente l’art. 116 c.p., qualora ne ricorrano i presupposti.
Pertanto, dalle due norme appena esaminate si ricava che, in caso di loro inapplicabilità, in ossequio al principio di personalità della responsabilità penale (art. 27, co. 1 Cost.), il titolo di reato dovrà, per ciascun correo, essere correlato al fatto a lui riferibile oggettivamente e soggettivamente.
Ne consegue che, in tema di concorso di persone nel reato di cessione di stupefacenti, il medesimo fatto storico può essere ascritto a un imputato ai sensi dell’art. 73, co. 1 o 4 t.u. stup. e a un altro a norma dell’art. 73, co. 5 t.u. stup., qualora il contesto complessivo in cui si colloca la condotta assuma caratteri differenti per ciascun coimputato.
In tal caso, allora, l’art. 110 c.p. svolge una funzione di disciplina: rende infatti applicabili ai concorrenti il regime delle circostanze del concorso e quello dell’estensione delle cause di giustificazione, essendo le condotte di alcuni partecipi già di per sé tipiche.
A questo punto, le Sezioni Unite prendono posizione circa la necessità di ritenere tuttora attuale il principio di unicità del reato concorsuale.
A sostegno di ciò richiamano i lavori preparatori del codice penale, il tenore letterale dell’art. 110 c.p. (“quando più persone concorrono nel medesimo reato”) e affermano che il concorso di persone sta ad indicare un concetto di relazione che deve essere integrato da un preciso termine di riferimento e che quest’ultimo è proprio il reato (in questo senso depongono anche le norme successive all’art. 110 c.p.: a titolo esemplificativo, “cooperazione nel delitto” nell’art. 113 c.p., istigazione “a commettere un reato” nell’art. 115 c.p.).
Tali norme devono comunque essere lette in un’ottica costituzionalmente orientata e, in particolare, aderente al principio di personalità della responsabilità penale, in modo tale da ricondurre la condotta dei singoli al loro effettivo disvalore.
Dopo aver ripercorso la giurisprudenza, di legittimità e costituzionale, in tema di principio di colpevolezza e di stupefacenti (inclusa un’analisi dell’evoluzione della disciplina dedicata a questi ultimi), le Sezioni Unite affermano che la soluzione della questione deve tener conto dei peculiari tratti caratteristici dell’art. 73 t.u. stup. Tale disposizione incriminatrice disciplina ben ventidue condotte alternative tra loro e in cui ognuno dei primi cinque commi contiene una norma a più fattispecie, atteso che negli stessi sono tipizzate modalità alternative di realizzazione di uno stesso reato, purché tenute in un medesimo contesto e con riferimento ad un medesimo oggetto materiale. In particolare, l’eventuale convergenza del primo o del quarto comma dell’art. 73 cit. con la disposizione del comma quinto sull’unico fatto configurabile determina un’ipotesi di concorso apparente di norme, conflitto che va risolto in favore del quinto comma laddove il fatto risulti di lieve entità.
Se, quindi, un soggetto realizza più condotte tra quelle alternativamente previste dall’art. 73 cit. si avrà un concorso apparente di norme. A diversa conclusione deve, tuttavia, pervenirsi in caso di realizzazione plurisoggettiva delle diverse ed alternative condotte in esame.
Secondo una giurisprudenza ormai consolidata della Cassazione, infatti, è possibile qualificare diversamente le condotte dei correi (in questa direzione, Cass., Sez. 4, n. 30233 del 07/07/2021, D’Agostino: “Soccorre la natura di reato a più condotte tipiche in cui si sostanzia l’ipotesi delittuosa disciplinata dall’art. 73 T.U. stup., cosicché si può ritenere possibile individuare distinti reati quante volte le differenti azioni tipiche siano distinti sul piano ontologico, cronologico, psicologico e funzionale. Solo in questo caso sarà possibile attribuire alle condotte poste in essere dai coimputati nell’ambito di un medesimo contesto una diversa qualificazione giuridica”).
Venendo dunque alla questione posta alla sua attenzione, il massimo organo nomofilattico ha sostenuto che lo stesso fatto può essere ascritto contestualmente a diversi titoli di reato, quando, all’esito di una valutazione globale, emerge che le condotte di alcuni partecipi esprimono un diverso disvalore oggettivo e soggettivo. Ne consegue che ben può darsi, qualora il contributo di un concorrente si caratterizzi per un più tenue livello di offesa desunto dai mezzi, modalità e/o altri fattori, la qualificazione del fatto alla stregua del quinto comma dell’art. 73 t.u. stup. Ciò non pone, ad ogni modo, in discussione l’attuale validità del principio di unicità del reato concorsuale: le norme di cui al primo e quarto comma, da un lato, e quelle di cui al quinto comma, dall’altro, sono tra loro in rapporto di specialità unilaterale ex art. 15 c.p. Più nel dettaglio, le prime due costituiscono norme generali e la terza costituisce norma speciale, in quanto contiene tutti gli elementi della prima e della seconda più uno o più requisiti propri e caratteristici dotati di funzione specializzante. Tratti propri e caratteristici della fattispecie di cui al quinto comma sono, invero, i mezzi, la modalità o circostanze dell’azione o la qualità o quantità delle sostanze che portano a ritenere il fatto di lieve entità.
In tal caso allora si versa al di fuori di un’ipotesi di concorso nel medesimo reato, essendosi in presenza di due diversi reati legati tra loro da un rapporto di specialità.
Nel caso di specie vengono in rilievo differenti mezzi, modalità o circostanze dell’azione di uno dei coimputati. Come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, per circostanze dell’azione vanno intese anche le circostanze soggettive e, in particolare, le finalità dell’azione delittuosa (per esempio, un’ipotesi di cessione occasionale) o lo stato di tossicodipendenza del reo che si pone in rapporto diretto con la condotta. Può essere altresì valutato, in questo caso in senso ostativo alla configurazione della fattispecie di lieve entità, se l’attività di spaccio sia stata svolta in un contesto di tipo organizzato. Proprio tale ultimo profilo viene in risalto nel caso concreto: l’episodio di spaccio per cui il correo risulta condannato è un’ulteriore manifestazione della sua perdurante e continua attività di smercio dello stupefacente per conto dell’associazione, elementi che non consentono di ritenere il coimputato un mero spacciatore al dettaglio.
Ad avviso delle Sezioni Unite è pertanto legittima la mancata qualificazione del fatto ai sensi del comma quinto: le cessioni rappresentano manifestazione effettiva di una più ampia e comprovata capacità dell’autore di diffondere in modo non episodico né occasionale sostanza stupefacente, non potendo la valutazione dell’offensività della condotta essere ancorata al solo dato statico della quantità volta per volta ceduta, ma dovendo essere frutto di un giudizio più ampio che coinvolga ogni aspetto del fatto nella sua dimensione oggettiva.
(…)
Dispositivo
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile Roma Capitale che liquida in complessivi euro quattromila, oltre che accessori di legge.