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Cass. Civ, sez. III (ud. 24.4.2024) 3 maggio 2024, n. 11950

- 17 Luglio 2024

SOMMARIO: 1. Massima. 2. Svolgimento del processo. 3. Motivi della decisione. 4. Dispositivo.

Massima

La responsabilità ex art. 2051 c.c. ha natura oggettiva – in quanto si fonda unicamente sulla dimostrazione del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, non già su una presunzione di colpa del custode – e può essere esclusa dalla prova del caso fortuito (che appartiene alla categoria dei fatti giuridici), senza intermediazione di alcun elemento soggettivo, oppure dalla dimostrazione della rilevanza causale, esclusiva o concorrente, alla produzione del danno delle condotte del danneggiato o di un terzo (rientranti nella categoria dei fatti umani), caratterizzate, rispettivamente, la prima dalla colpa ex art. 1227 c.c. o, indefettibilmente, la seconda dalle oggettive imprevedibilità e imprevedibilità rispetto all’evento pregiudizievole. In particolare, questi ultimi concetti vanno intesi non nel senso della assoluta impossibilità di prevedere l’eventualità di una condotta imprudente, negligente o imperita della vittima (che è, ovviamente, sempre possibile), ma nel senso del rilievo delle sole condotte “oggettivamente” non prevedibili secondo la normale regolarità causale, nelle condizioni date, in quanto costituenti violazione dei doveri minimi di cautela la cui osservanza è normalmente prevedibile (oltre che esigibile) da parte della generalità dei consociati e la cui violazione, di conseguenza, è da considerarsi, sul piano puramente oggettivo della regolarità causale (non quindi, con riferimento al piano soggettivo del custode), non prevedibile né prevenibile.  La P.A. che, pur avendo collocato una barriera laterale di contenimento per diminuire la pericolosità di un tratto stradale, non curi di verificare che la stessa non abbia assunto nel tempo una conformazione tale da costituire un pericolo per gli utenti ed ometta di intervenire con adeguati interventi manutentivi al fine di ripristinarne le condizioni di sicurezza, viola sia le norme specifiche che le impongono di collocare barriere stradali nel rispetto di determinati standard di sicurezza, sia i principi generali in tema di responsabilità civile.

Svolgimento del processo 

La vicenda sottesa alla decisione nomofilattica contempla un caso di un tragico incidente stradale, in cui si era verificato il decesso di una persona e un’altra era rimasta gravemente ferita.

L’istruzione probatoria aveva permesso di accertare che l’incidente si fosse verificato per l’elevata velocità mantenuta dalla persona deceduta che conduceva il veicolo, ma altresì dalla concausa costituita dall’anomalia della barriera guardrail in quello specifico tratto di strada – priva della parte terminale arrotondata e non continua – che era penetrata nell’abitacolo dell’autovettura provocando la morte dei due che occupavano i sedili anteriori.

In particolare: “In punto di fatto, è risultato accertato nel giudizio di merito che lo sfortunato “…E.E., procedendo lungo la tangenziale Sud, con direzione S-M, in prossimità dell’uscita n. (Omissis) per C, perdeva il controllo del mezzo a causa della velocità e, sbandando verso destra, collideva: dapprima, con lo spigolo destro, contro la parte terminale del primo tratto di guardrail, proseguendo la sua corsa lungo il varco esistente nella barriera guardrail, ed impattava con la fiancata sinistra, all’altezza della portiera anteriore sinistra, contro la parte iniziale del secondo tratto di guardrail, la cui lamiera penetrava all’ interno dell’abitacolo del veicolo, fuoriuscendo in diagonale all’altezza della portiera posteriore destra”.

Il giudice di primo grado respingeva la domanda attorea.

La Corte d’appello di Bologna, in parziale accoglimento dell’impugnazione, dichiarava la corresponsabilità a carico della convenuta Anas nella misura del 30% nella causazione del sinistro e la condannava a corrispondere al risarcimento del danno non patrimoniale.

Avverso la sentenza della corte territoriale ha proposto ricorso Anas S.pa.

Motivi della decisione

(…)

La Corte di cassazione rigetta il ricorso.

Sono due i motivi di interesse che meritano un’attenta analisi.

Con il primo motivo, il ricorrente riteneva che la sentenza di secondo grado fosse affetta da vizio motivazionale laddove è stato affermato che “doveva escludersi … che la causa remota, costituita dalla condotta di guida tenuta dal E.E. (velocità ed impatto contro il guardrail) fosse connotata da peculiarità tali da porsi come antecedente imprevedibile né da sola era idonea a determinare l’evento, che non si sarebbe verificato se, ove la barriera di protezione fosse stata continua ed in buono stato di manutenzione”.

Invero, per tesi del ricorrente era stato accertato che:

  • il sinistro si era verificato per colpa del defunto che viaggiava ad una velocità più che eccessiva (125/130 km/h in un tratto stradale in cui vigeva il limite dei 70 km/h);
  • come sostenuto dal giudice di prime cure, la velocità abnorme della vettura aveva assunto una esclusiva rilevanza causale rispetto all’evento “ed interrompe, come causa sopravvenuta, il nesso causale tra la ipotetica anomala installazione o interruzione della barriera di protezione e le tragiche conseguenze dell’evento stesso”;
  • il sinistro era avvenuto in un tratto rettilineo della tangenziale (quindi non pericoloso).

Per la Cassazione, il motivo non coglie nel segno.

 Il comportamento imprudente del conducente non è stato in grado di elidere profili di responsabilità dell’Ente convenuto.

La corte di merito ne ha comunque tenuto conto: “avuto riguardo alla preponderante gravità della condotta di guida tenuta da E.E., considerata l’entità del superamento dei limiti di velocità consentiti nel tratto di strada“, teatro del sinistro, è stata affermata la corresponsabilità dell’ente convenuto, argomentando sul fatto che “La discontinuità del guardrail, costituito da due segmenti separati da un ampio varco di circa 8/9 metri e le caratteristiche della barriera di protezione in questione, priva in particolare di arrotondamento nella parte iniziale nel secondo tratto, hanno concorso in modo evidente nella causazione del sinistro: a causa dell’ interruzione della barriera stradale, questa non solo non è stata in grado di assolvere alla funzione contenitiva, ma è divenuta essa stessa causa diretta dell’evento mortale, determinando l’intrusione del segmento del secondo tratto di guardrail nell’abitacolo del veicolo“.

Ne discende l’affermazione del principio di diritto per cui: “La P.A. che, pur avendo collocato una barriera laterale di contenimento per diminuire la pericolosità di un tratto stradale, non curi di verificare che la stessa non abbia assunto nel tempo una conformazione tale da costituire un pericolo per gli utenti ed ometta di intervenire con adeguati interventi manutentivi al fine di ripristinarne le condizioni di sicurezza, viola sia le norme specifiche che le impongono di collocare barriere stradali nel rispetto di determinati standard di sicurezza, sia i principi generali in tema di responsabilità civile”.

L’ulteriore motivo di ricorso attiene alla corretta applicazione dell’art. 2051 c.c.

Per il ricorrente, la condotta di guida abnorme dell’autista deceduto doveva considerarsi quale evento non prevedibile secondo una valutazione prognostica ex ante, richiamando precedenti giurisprudenziali in forza di cui “per aversi responsabilità civile della p. a. nella manutenzione di una strada… occorre l’oggettiva imprevedibilità ed invisibilità del pericolo… e ciò rimane senz’altro escluso in presenza di una condotta abnorme dell’utente della strada, come… un errore di guida da atteggiarsi a fortuito, che altera il normale sviluppo della regolarità causale, tale da assumere efficienza causale esclusiva nella determinazione dell’evento dannoso“.

La Cassazione censura anche questo motivo.

In primo luogo, richiama la tralatizia giurisprudenza in tema di responsabilità ex art. 2051 c.c., in seno a cui nella responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione – anche ufficiosa – dell’art. 1227, comma 1, c.c., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost., sicché, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro.

Non vi è dubbio che la responsabilità del custode abbia natura oggettiva fondandosi unicamente sulla dimostrazione del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, non già su una presunzione di colpa del custode.

La responsabilità può essere esclusa:

  • dalla prova del caso fortuito (che appartiene alla categoria dei fatti giuridici), senza intermediazione di alcun elemento soggettivo;
  • dalla dimostrazione della rilevanza causale, esclusiva o concorrente, alla produzione del danno delle condotte del danneggiato o di un terzo (rientranti nella categoria dei fatti umani), caratterizzate, rispettivamente, la prima dalla colpa ex art. 1227 c.c. (bastando la colpa del leso: Cass. n. 21675/2023) o, indefettibilmente, la seconda dalle oggettive imprevedibilità e imprevenibilità rispetto all’evento pregiudizievole.

Questi ultimi concetti vanno intesi non nel senso della assoluta impossibilità di prevedere l’eventualità di una condotta imprudente, negligente o imperita della vittima, ma nel senso del rilievo delle sole condotte “oggettivamente” non prevedibili secondo la normale regolarità causale, nelle condizioni date, in quanto costituenti violazione dei doveri minimi di cautela la cui osservanza è normalmente prevedibile (oltre che esigibile) da parte della generalità dei consociati e la cui violazione, di conseguenza, è da considerarsi, sul piano puramente oggettivo della regolarità causale (non quindi, con riferimento al piano soggettivo del custode), non prevedibile né prevenibile.

Pertanto, la sola condotta imprudente dell’autista è in grado di elidere profili di responsabilità dell’Ente gestore?

La risposta è negativa.

La Corte d’appello ha ritenuto come non potesse essere qualificata abnorme la condotta del conducente che impatta violentemente contro il guardrail, il quale è funzionalmente posto ad attutire le conseguenze degli impatti violenti.

In altre parole, era una condotta gravemente imprudente ma non di per sé imprevedibile per l’Ente gestore della strada.

Inoltre, in sede di consulenza tecnica d’ufficio era stato stabilito come fosse più probabile che non che l’autovettura non potesse sfondare un guardrail in buono stato di manutenzione e continuo, per cui “diverse sarebbero state le conseguenze derivanti dall’urto contro una barriera integra e in buono stato di manutenzione

Ma vi è di più.

E’ stato accertato che “la mancanza di continuità della barriera guardrail nel tratto di strada interessato ha consentito il verificarsi del sinistro, aggravando in concreto le conseguenze dannose, ponendosi, dunque, come condizione necessaria dell’evento” e, dall’altro, è stato escluso che “la causa remota, costituita dalla condotta di guida tenuta dal E.E. (velocità ed impatto contro il guardrail), fosse connotata da peculiarità tali da porsi come antecedente imprevedibile né da sola era idonea a determinare l’evento, che, non si sarebbe verificato, ove la barriera di protezione fosse stata continua e in buono stato di manutenzione”.

Le ragioni della Corte di appello sono quindi immuni da vizi.

(…)

Dispositivo

Per tali motivi, la Corte rigetta il ricorso.

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