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La qualificazione giuridica del mutuo solutorio – Cassazione a Sezioni Unite, 5 marzo 2025 n. 5841

- 11 Aprile 2025

SOMMARIO: 1. Massima. 2. Il fatto. 3. La decisione. 4. Conclusioni.

Massima

Le S.U. dissipano i dubbi circa la qualificazione giuridica e la legittimità del c.d. mutuo solutorio, non ritenendolo un contratto atipico, bensì una species del contratto di mutuo con le medesime caratterisitiche in termini di traditio rei e di modalità di conclusione del contratto stesso. Le somme di denaro dopo essere state poste correttamente nella disponibilità giuridica del mutuante con l’accredito in conto corrente – e aver costituito così il contratto di mutuo – vengono immediatemanete poste a ripianamento delle precedenti postizioni debitorie con la medesima banca, in virtù del suo carattere “solutorio”.

Il fatto 

La controversia in oggetto prendeva origine da un atto di opposizione avverso un decreto ingiuntivo ad opera del  debitore principale e del garante nei confronti di una banca. Essa ingiugneva loro il pagamento di una somma pari ad euro 50.742,86, oltre interessi e spese, quale saldo negativo di conto corrente garantito da ipoteca.

Nello speicifico, occorre rilevare che gli opponenti, avevano stipulato ben cinque contratti di mutuo con la medesima banca a partire dal 1990, di essiquattro erano ipotecari e uno chirografario. Gli opponenti inizialmente deducevano l’illegittimità del comportamento della banca per avere solo apparentemente erogato le somme concesse a mutuo, dato che esse erano state utilizzate per estinguere i mutui e le aperture di credito precedenti, senza – di fatto – mai uscire realmente dalle casse della banca, operando come una soorta di “giroconto” automatico.  Inolte – come conseguenza delle plurime capitalizzazioni di interessi – i due opponenti deducevano anche l’illegittima applicazione degli interessi anatocistici nonchè il superamento del tasso soglia per l’usura.

In estrema sintesi, sia il primo che il secondo grado di giudizio respingevano gli argomenti addotti dai due opponenti, al punto che questi ultimi decidevano di proporre ricorso per Cassazione articolando ben 9 motivi di ricorso avverso la decisione della Corte d’Appello di Bologna che aveva confermato la sentenza di primo grado. La Seconda Sezione Civile della Suprema Corte designata per la decisione in oggetto rimetteva, però, gli atti al Primo Presidente ai fini dell’assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite, per la definizione delle controverse questioni in materia di mutuo solutorio.

L’ordinanza interlocutoria poneva tre quesiti: la validità del mutuo solutorio sul quale verte in giuridisprudenza un contrasto relativamente alla possibilità di configurare una reale traditio delle somme mutuate quando le stesse siano contestualmente destinate a ripianare debiti pregressi. Il secondo quesito atteneva alla possibilità che il contratto di mutuo costituisse anche titolo esecutivo. La terza questione, subordinata alla risposta affermativa ai primi due questiti, poneva il dubbio se detta risposta potesse essere valevole anche nel caso in cui il ripianamento delle passività mediante le somme erogate in mutuo, con operazione di giroconto, fosse operata dalla banca autonomamente e immediatamente, cioè in assenza di un effettivo consenso o di relativi atti dispostivi del mutuatario.

La Suprema Corte nella Pronuncia in oggetto dà conto dei principali e opposti orientamenti sul mutuo solutorio, di fatto due. Il primo idoneo a dare una risposta affermativa alle questioni sopraesposte e dal quale si puòrricavare che: il mutuo solutorio, stipulato per ripianare la pregressa esposizione debitoria del mutuatario verso il mutuante, non è nullo perchè non è contrario né alla legge né all’ordine pubblico; l’accredito delle somme erogate sul conto corrente è idoneo e sufficiente ad integrare la traditio rei;di conseguenza, il perfezionamento del contratto di mutuo si ha nel momento in cui la somma mutuata, ancorché non consegnata materialmente, sia posta nella disponibilità del mutuatario medesimo (mediante, appunto, la disposizione all’interno de conto corrente delle somme); l’effettività della traditio è, in tal caso, dimostrata dal fatto che l’impiego per l’estinzione del debito già esistente porta in negativo il patrimonio del mutuatario; di fatto, il ripianamento delle passività, essendo una delle modalità di utilizzo delle somme mutuate, dimostra che il mutuatario ha potuto realmente disporre della somma. Il mutuo solutorio, secondo questo primo orientamento e alla luce del ragionamento svolto sino ad ora, non può essere qualificato come una mera dilazione del termine di pagamento del debito preesistente oppure come pactum de non petendo.

Il secondo orientamento, contrario chiaramente al primo, definisce invece il mutuo solutorio come un’operazione meramente contabile di dare e avere sul conto corrente e idonea a dilatare le scadenze dei debiti pregressi con conseguente applicazione dell’art. 1231 c.c., determinando – così – i soli effetti del pactum de non petendo ad tempus, poiché viene modificato soltanto il termine per l’adempimento, senza alcuna novazione dell’originaria obbligazione del correntista, mancando peraltro l’animus novandi. Il titolo esecutivo, azionabile dall’istituto di credito a fronte di un inadempimento del mutuatario, dovrà, di conseguenza, ritenersi costituito dal mutuo originario e non dalla successiva modificazione di quel rapporto. Secondo questa impostazione dottrinale, sebbene per il perfezionamento del mutuo sia sufficiente la dazione giuridica delle somme, che può avvenire anche mediante accredito in conto corrente, resta necessario che il mutuatario acquisti la disponibilità delle somme, che chiaramente non si ha se la banca già creditrice, con dette somme, realizza il ripianamento del debito precedente. Senza l’effettivo trasferimento della proprietà delle somme e la loro disponibilità non vi sarebbe neppure l’obbligo di restituzione.

La decisione

Le Sezioni Unite statuiscono che il contrasto debba riassumersi asseverando il primo orientamento sopra citato. Il quesito posto in via principale è , infatti, relativo alla natura del c.d. mutuo solutorio, se esso sia atipico o se rientri nei medesimi schemi del contratto di mutuo classico. In tal senso, si è rilevato che sia la dottrina che la giurisprudenza prevalenti qualificano il mutuo come un contratto reale, il quale quindi si perfeziona con la traditio della res ed il conseguimento della disponibilità giuridica di essa da parte del mutuatario. Il versamento delle somme di denaro sul conto corrente è idoneo di per sé a intendere il contratto come perfettamente concluso, a prescindere dal successivo – ed eventualmente anche contestuale – impiego del medesimo denaro.

La Suprema Corte rileva che l’affiancamento del termine “solutorio” al contratto di mutuo, non è idonea a costituire una tipologia contrattuale atipica, ma ha natura meramente descrittiva poiché la banca mette effettivamente il denaro nella disponibilità del mutuatario accreditandolo sul suo conto corrente, indipendentemente dalla circostanza per cui, essendo essa già creditrice del medesimo soggetto, contestualmente preleva quelle stesse somme di denaro in virtù di un differente e precedente credito, per estinguerlo. Non si può qualificare il mutuo solutorio come pactum de non petendo in ragione della pretesa mancanza di un effettivo spostamento di denaro, perchè tale spostamento non solo sussiste, ma costituisce proprio il presupposto dell’operazione.

Conclusioni

In conclusione, la Corte di Legittimità con la Sentenza in oggetto ha chiarito le questioni controverse, pronunciando il principio di diritto secondo cui il perfezionamento del contratto di mutuo, con la conseguente nascita dell’obbligo di restituzione a carico del mutuatario, si verifica quando la somma mutuata sia posta nella disponibilità giuridica del mutuatario, sul suo conto corrente. Ciò è sufficiente e idoneo ad integrare la traditio rei tipica del contratto di mutuo. Non rileva, quindi, la circostanza per cui dette somme vengono contestualmente destinate a ripianare pregresse esposizioni debitorie nei confronti della medesima banca, poiché, il contratto di mutuo c.d. solutorio, in presenza dei requisiti previsti ex art. 474 c.p.c., costituisce titolo esecutivo valido ed efficacie, anche perché l’impiego, in tal senso, delle somme mutuate è frutto di atti dispositivi estranei alla fattispecie contrattuale.

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