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Cass. Pen., sez II ud. 09 ottobre 2024 (dep. 30 ottobre 2024), n. 39990

- 9 Dicembre 2024

SOMMARIO: 1. Massima. 2. Svolgimento del processo. 3. Motivi della decisione. 4. Dispositivo.

Massima

Ai fini della consumazione del delitto di rapina occorre che il bene sottratto pervenga nella mas-sima disponibilità dell’agente, anche se ciò si realizzi entro un breve arco temporale e nel medesimo luogo in cui si sia verificata la spoliazione della res, e nonostante l’ipotesi per cui il soggetto attivo sia stato indotto ad abbandonare la refurtiva per l’intervento del titolare del bene o dell’autorità giudiziaria.

Svolgimento del processo 

La Corte di appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, ha confermato la decisione emessa dal GUP del Tribunale di Taranto con cui l’imputato era stato condannato per i reati di rapina aggravata e porto ingiustificato di armi.

Avverso quest’ultima sentenza, il difensore del ricorrente proponeva ricorso per cassa-zione sulla base di una serie di motivi.

Con il primo motivo, il legale dell’imputato contestava violazione di legge in relazione all’art. 628 c.p., in quanto la Corte territoriale errava nella configurazione del reato, ritenendo che si trattasse di rapina propria consumata, mentre tale fattispecie criminosa allude-va ad un tentativo di rapina propria.

Invero, nel caso di specie il prevenuto non aveva acquisito la materiale signoria e il possesso assoluto sul bene sottratto, così integrando gli estremi della forma tentata.

Quanto al secondo motivo, il difensore del ricorrente affermava che la natura lecita o illecita della detenzione dell’oggetto derivava dalla finalità del suo utilizzo, e quindi la fattispecie penale ex. art. 4, l. n. 110/1975 risulterebbe integrata solamente qualora il soggetto attivo impiegasse il relativo mezzo quale strumento effettivo di offesa.

Nel caso de quo il giravite, sebbene fosse nella disponibilità dell’imputato, non era stato utilizzato e quindi il fatto contestato non integrava la struttura tipica del reato, così delineandone l’insussistenza.

Motivi della decisione

(…)

I motivi analizzati dalla Suprema Corte possono così essere articolati:

Preliminarmente, il primo motivo di ricorso risulta infondato.

Con riferimento alla corretta ricostruzione del fatto, l’agente penetrava nel negozio e, brandendo un cacciavite, minacciava i proprie-tari, facendosi consegnare i beni.

Successivamente, mentre cercava di uscire dalla gioielleria, l’autore rimaneva inca-strato nelle porte di sicurezza, azionate pronta-mente dal titolare, e veniva così catturato dalle forze dell’ordine.

Orbene, nel caso di specie, erra la difesa del ricorrente a sussumere tale vicenda criminosa nel delitto tentato di rapina poiché, sulla base dell’esposizione dei fatti, l’agente era già entrato in possesso dei beni, così integrando il momento consumativo del reato.

Quanto alla fallita fuga dell’autore, terminata in virtù dell’intrappolamento dentro la porta girevole della gioielleria, ciò rappresenta un post factum, che si realizza quando il comportamento criminoso si è ormai verificato e incide soltanto sulla ritirata del rapinatore che vie-ne arrestato in fragranza ex. artt. 382 e 383 c.p.p. dal titolare del negozio, subito dopo aver commesso il fatto.

La decisione assunta dalla Corte territoriale risulta peraltro conforme a quel seguito orientamento giurisprudenziale secondo cui il momento consumativo della fattispecie penale di rapina è ravvisabile qualora i beni sottratti ricadano nella materiale disponibilità del prevenuto, anche se per un arco temporale ristretto e nel medesimo luogo in cui si sia verificata la spoliazione, e pure nell’ipotesi in cui l’agente sia co-stretto a lasciare le cose oggetto di spoliazione per l’intervento dell’Autorità giudiziaria (Cass. pen. Sez. II, 22.10.2013 n. 5512).

Nello stesso senso, un ulteriore e affine posizione giurisprudenziale ha ritenuto che ai fini della consumazione del reato di rapina la fa-se della sottrazione dei beni deve ricadere nell’esclusiva potestà dell’agente, anche nell’ipotesi in cui quest’ultima eventualità avvenga per un breve lasso temporale, nel mede-simo luogo in cui si sia verificata la spoliazione, e qualora il soggetto attivo sia costretto dalle circostanze ad abbandonare la refurtiva (Cass. pen. Sez. II, 14.3.2017 n. 14305)

Quanto al secondo motivo, le doglianze esposte dal legale del ricorrente sulla sussistenza del reato di cui all’art. 4, l. n. 110/1975 ripropongono le  stesse questioni già risolte dalla Corte territoriale, per cui l’impiego del giravite da parte dell’imputato era già stato qualificato come minaccioso dalla precedente decisione del giudice di merito e affette da palese irragionevolezza sembrano i rilievi formulati dal difensore del prevenuto, laddove si ritenga che la Corte d’Appello di Lecce non abbia fornito adeguata giustificazione sull’inclusione del giravite tra le armi improprie, nonostante i chiarimenti esposti sul punto dall’organo giudicante e ivi richiamati.

Da ciò deriva l’evidente genericità e inammissibilità del motivo ai sensi dell’art. 591, comma 1, lett. c., c.p.p., che ricorre non soltanto nell’ipotesi di indeterminatezza ma anche per l’assenza di nesso logico tra le argomentazioni della sentenza impugnata e quelle desunte dal motivo di appello.

(…)

Dispositivo

La Suprema Corte reputa non ammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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