
SOMMARIO: 1. Massima. 2. Il fatto. 3. La decisione. 4. Conclusioni.
Massima
Con sentenza n. 2464 del 25 marzo u.s., il Consiglio di Stato si è pronunciato in tema di esclusione dalla gara per irregolarità previdenziale definitivamente accertata e connotata dai caratteri di gravità. Con tale pronuncia, il Consiglio di Stato ha avuto l’occasione per soffermarsi sui tratti distintivi che caratterizzano l’irregolarità contributiva grave e definitivamente accertata e quella fiscale avente i medesimi caratteri, relativamente alla quale è pendente la rimessione alla Corte costituzionale adottata dal Consiglio di Stato con l’ord. 11/09/2024, n. 7518.
Infatti, sono evidenti le peculiarità procedimentali che rendono meno rigida la disciplina delle violazioni contributive e meno stringente il meccanismo che traduce (al superamento della soglia di tolleranza) l’omesso pagamento in un effetto di espulsione automatica dalla gara, poiché tra l’uno e l’altro si aprono diverse possibilità delle quali il datore di lavoro può avvalersi per sanare (tramite rateizzazione, sospensione dei pagamenti, compensazioni con crediti, regolarizzazione nel termine dei 15 gg) la violazione contestatagli prima che questa sortisca l’emissione di un Durc negativo.
Il fatto
Il Consiglio di Stato, con la sentenza 2464 del 25 marzo u.s., si è pronunciato in tema di esclusione dalla gara per irregolarità previdenziale definitivamente accertata e connotata dai caratteri di gravità.
Nel merito, relativamente ad una gara volta alla stipula di un accordo quadro e suddivisa in cinque lotti indetta dall’ASL 2 Lanciano-Vasto-Chieti, a seguito dell’attivazione dei controlli post-aggiudicazione, l’Amministrazione Appaltante, rilevava nei confronti di ricorrente, la sussistenza di un’irregolarità sul versamento dei contributi INAIL, a seguito della quale ne scaturiva un procedimento in autotutela, all’esito del quale veniva confermata la sussistenza della violazione contestata.
Di conseguenza, l’Amministrazione adottava il provvedimento di annullamento dell’aggiudicazione sul presupposto della perdita da parte dell’aggiudicataria “del requisito ex art. 80 comma 4 del d.lgs. 50/2016”.
Di talché la società esclusa adiva il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo mediante ricorso integrato da successivi motivi aggiunti, sostenendo l’illegittimità del provvedimento di annullamento dell’aggiudicazione disposto nei suoi confronti.
Nello specifico, secondo la tesi di parte appellante, venendo in rilievo una ipotesi di omissione contributiva esigua e non definitivamente accertatala, S.A. non avrebbe potuto farne discendere un effetto di espulsione automatica dalla gara, potendo al più configurarsi l’ipotesi di una causa escludente facoltativa, attivabile attraverso una adeguata istruttoria e una compiuta motivazione circa la sussistenza dei presupposti di gravità della violazione contestata e della proporzione dell’effetto espulsivo rispetto sia alla minima entità del mancato versamento, sia all’incidenza che lo stesso assume sull’affidabilità dell’operatore economico.
All’esito del giudizio di primo grado, il TAR Abruzzo ha dichiarato improcedibili il ricorso introduttivo e i primi motivi aggiunti, mentre ha respinto come in parte infondati ed in parte inammissibili i secondi motivi aggiunti, affermando, per quel che in tal sede rileva, che:
i) “la violazione è grave ove superi le soglie richiamate dall’articolo 80 comma 4, così privando la stazione appaltante di discrezionalità in ordine alla determinazione della gravità”;
ii) “solo per le violazioni “non definitivamente accertate” non opera in caso di gravità la esclusione automatica” mentre “(…) una violazione può dirsi definitivamente accertata solo quando, alla scadenza del termine per la presentazione delle domande di partecipazione alla gara, siano trascorsi i tempi per contestare l’infrazione o siano stati respinti i mezzi di gravame contro la stessa”;
Dunque, parte soccombente impugnava la sentenza di primo grado, proponendo rituale appello innanzi al supremo Consiglio di Stato, sostenendo “l’illegittimità derivata dei provvedimenti impugnati per contrasto dell’art. 80, comma 4 del d.lgs. 80/2016 con i principi di proporzionalità e ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost.”, oltre alla “contraddittorietà, illogicità, irragionevolezza” della sentenza impugnata.
Inoltre, la ricorrente affermava la tesi secondo cui sarebbe “incostituzionale una disciplina normativa che preveda un’automatica esclusione per il superamento di una minima soglia di valore … senza correlarla al valore dell’appalto”.
L’Amministrazione si costituiva in giudizio con breve memoria difensiva, chiedendo il rigetto dell’appello proposto e la conferma della decisione impugnata.
Nel giudizio di appello si sono costituite la Regione Abruzzo e la ASL 2 Lanciano-Vasto-Chieti, contestando quanto ex adversodedotto in fatto e in diritto, chiedendone la reiezione dell’appello proposto.
Respinta l’istanza cautelare, la causa passava in decisione all’udienza del 20 marzo 2025.
La decisione
Il Consiglio di Stato ha ritenuto la censura manifestamente infondata, laddove parte ricorrente pretende di assimilare e sottoporre ad un analogo scrutinio di costituzionalità – sulla traccia segnata dall’ordinanza C. Stato 11/09/2024, n. 7518 – due fattispecie in realtà differenti, sebbene entrambe contemplate dal comma 4 dell’art. 80 del D. Leg.vo 50/2016.
Infatti, la prima consiste in una violazione di natura contributiva, grave in quanto ostativa al rilascio del DURC, di cui al all’art. 8 del D. Min. Lavoro e Pol. Soc. 30/01/2015; la seconda (oggetto della controversia portata all’attenzione della Corte Costituzionale con l’ordinanza 7518/2024), attiene invece all’ipotesi delle gravi violazioni che comportano un omesso pagamento di imposte e tassesuperiore all’importo di cui all’art. 48-bis, D.P.R. 602/1973, commi 1 e 2-bis.
A questo punto, l’analisi del Consiglio di Stato si sofferma sulle differenze tra le due fattispecie.
Per quanto riguarda le irregolarità di carattere tributario la soglia di gravità è fissata dall’art. 48-bis, commi 1 e 2-bis, D.p.r. 602/1973; Invece, il criterio di gravità della irregolarità contributiva è individuato dall’art. 3 del DM 30 gennaio 2015, mediante un meccanismo che demanda all’Autorità previdenziale il potere di assumere le relative certificazioni Durc.
Premesso ciò, l’art. 3, comma 2, DM. 30 gennaio 2015 contempla svariate ipotesi (di rateizzazione, sospensione dei pagamenti, compensazioni con crediti, ecc…) in cui “la regolarità sussiste comunque”, pur in presenza del superamento della soglia fissa indicata nel comma 3.
Un’altra differenza, ad avviso del Consiglio di Stato, è ravvisabile nell’art. 4, comma, 1 e 2 del D. Min. Lavoro e Pol. Soc. 30/01/2015, a norma del quale è previsto un termine (di 15 gg.) che, ancorché non faccia immediatamente venir meno la regolarità, tuttavia, comportando l’inibizione delle verifiche durante la sua pendenza, concede all’impresa partecipante una possibilità di regolarizzazione che “in sostanza produce l’effetto – che premia la sollecitudine – di azzerare gli effetti della precedente situazione di irregolarità”.
Alla luce di quanto innanzi, per il Consiglio di Stato sono, quindi, evidenti le caratteristiche procedimentali che rendono meno rigida la disciplina delle violazioni contributive e che, inoltre, attenuano le conseguenze gravose derivanti da un’automatica esclusione dalla gara conseguente all’accertamento di siffatta ipotesi
Infatti, come abbiamo visto, il datore di lavoro può avvalersi di svariati rimedi per sanare la violazione contestatagli prima che questa si tramuti nell’emissione di un DURC negativo, e per la precisione attraverso la rateizzazione, la sospensione dei pagamenti, la compensazione con crediti, la regolarizzazione nel termine dei 15 gg.).
In ultimo, a supporto dell’insussistenza del lamentato vizio di incostituzionalità, il Consiglio di Stato rileva che mentre nella materia fiscale e nelle ricadute conseguenti che se ne traggono ai fini dell’ammissione nelle gare pubbliche, le istanze che entrano in conflitto sono solo due, quella privata dell’impresa inadempiente e quella pubblica (dell’erario e dell’Amministrazione aggiudicatrice), nel diverso caso dell’omissione contributiva sullo sfondo degli interessi implicati si aggiunge la posizione del lavoratore, quale parte indirettamente tutelata dai meccanismi sanzionatori e premiali che hanno l’effetto riflesso di incentivare il datore alla puntuale osservanza degli obblighi contributivi.
In ultimo, il Collegio di Stato osserva come la posizione del lavoratore attinge a beni di rilievo costituzionale (art. 36 Cost.), ma la sua vulnerabilità è tale da rendere oggettivamente appropriata l’esistenza di strumenti incentivanti l’adempimento spontaneo dell’obbligo contributivo. La stessa entità della violazione contributiva, anche laddove irrisoria rispetto alla capacità economica dell’impresa concorrente o al valore della gara, va quindi più compiutamente considerata nella prospettiva dell’incidenza che essa assume nella sfera di interesse della parte debole.
Conclusioni
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.