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Consiglio di Stato, sez. V, 28 giugno 2024, n. 5750

- 3 Agosto 2024

SOMMARIO: 1. Massima. 2. Svolgimento del processo. 3. Motivi della decisione. 4. Dispositivo.

Massima

Il Consiglio di Stato, Sez. V, con la sentenza n. 5750, pubblicata in data 28 giugno 2024, ha confermato l’indirizzo giurisprudenziale, ormai radicato, secondo cui “l’accesso agli atti esercitato dal consigliere comunale ha natura e caratteri diversi rispetto alle altre forme di accesso, esprimendosi in un non condizionato diritto alla conoscenza di tutti gli atti che possano essere di utilità all’espletamento delle sue funzioni; ciò anche al fine di permettere di valutare – con piena cognizione – la correttezza e l’efficacia dell’operato dell’amministrazione, nonché per esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio e per promuovere tutte le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale”

Svolgimento del processo 

La sentenza in esame ha ad oggetto il procedimento che ha visto una consigliera comunale, la quale, in data 19 gennaio 2023, formulava istanza di accesso agli atti al fine di prendere visione ed estrarre copia della documentazione relativa «al concorso di cui alla Determinazione n. 124 del 08.06.2021, inclusi i Verbali della Commissione e le prove svolte dai candidati risultati vincitori; […] al concorso di cui al Bando prot. n. 5458 del 13.07.2021, inclusi i Verbali della Commissione e le prove svolte dai candidati risultati vincitori; […] al concorso di cui al Bando prot. 5459 del 13.07.2021, inclusi i Verbali della Commissione e le prove svolte dai candidati risultati vincitori».

Di talchè, avverso il silenzio serbato dall’Amministrazione comunale in ordine alla richiesta di accesso avanzata, la consigliera Comunale , proponeva ricorso di primo grado innanzi il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria che, con sentenza del 7 agosto 2023, n. 1120 lo respingeva, sull’assunto che la ricorrente non avrebbe titolo all’accesso, non avendo partecipato alle procedure; né avrebbe titolo per la sua qualità di consigliere comunale, posto che la conoscenza degli atti richiesti non sarebbe strumentale allo svolgimento delle funzioni connesse alla carica.

Di conseguenza la soccombente in primo grado, con il ricorso in appello di cui in epigrafe, proponeva gravame avverso la statuizione di prime cure riproponendo le medesime doglianze sollevate in primo grado.

All’esito dello svolgimento del processo di appello, alla camera di consiglio dell’8 febbraio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

(…)

Nel merito, parte appellante, reiterando le medesime ragioni poste a sostegno dell’unico motivo di ricorso di primo grado, censura la sentenza di primo grado nella parte in cui il giudice di prime cure ha erroneamente affermato la insussistenza del diritto di accesso sulla scorta dell’esercizio delle funzioni di consigliera comunale, ai sensi dell’art. 43 del d.lgs. n. 267 del 2000.

È bene sin da subito specificare che, la richiesta di accesso avanzata da parte appellante, aveva ad oggetto gli atti di tre procedure concorsuali finalizzate al reclutamento di posizioni lavorative a tempo indeterminato all’interno del Comune.

Bensì, secondo quanto analiticamente sostenuto negli scritti attorei, l’interesse dell’appellante alla conoscenza degli atti della procedura di reclutamento predette, è strettamente connesso alla funzione pubblica svolta dal consigliere comunale anche in termini di controllo delle attività che comportano una spesa a carico dell’ente, quale appunto le tre assunzioni a tempo indeterminato.

Pertanto, sulla base di tali presupposti fondanti, secondo la linea di parte appellante, la richiesta di accesso agli atti avanzata dalla consigliera comunale, non necessiterebbe di motivazione alcuna né sarebbe condizionata alla dimostrazione di un interesse personale del consigliere comunale.

Ebbene, in accoglimento della tesi riproposte in sede di gravame, il Consiglio di Stato, ribalta le statuizioni poste a fondamento della decisione di primo grado e accoglie il ricorso.

Con più precisione, il supremo consesso, richiamando il disposto di cui all’art. art. 43, comma 2, del d.lgs. n. 267 del 2000, a tenore del quale i consiglieri comunali e provinciali «hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge».

Sulla base della corretta interpretazione di tale norma e facendo concreta applicazione di principi già espressamente stabiliti dalla giurisprudenza amministrativa, il Collegio afferma che alla norma è costantemente attribuito un ampio significato, posto che l’accesso agli atti esercitato dal consigliere comunale ha natura e caratteri diversi rispetto alle altre forme di accesso, esprimendosi in un non condizionato diritto alla conoscenza di tutti gli atti che possano essere di utilità all’espletamento delle sue funzioni; ciò anche al fine di permettere di valutare – con piena cognizione – la correttezza e l’efficacia dell’operato dell’amministrazione, nonché per esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio e per promuovere tutte le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale (per tutte si veda Cons. Stato, V, 5 settembre 2014, n. 4525).

In ultimo: “sulla base di tali statuizioni, da un lato sul consigliere comunale non può gravare alcun particolare onere di motivare le proprie richieste di accesso, atteso che, diversamente opinando, sarebbe introdotta una sorta di controllo dell’ente, attraverso i propri uffici, sull’esercizio delle sue funzioni; d’altra parte dal termine «utili», contenuto nell’articolo 43 d.lgs. n. 267 del 2000, non può conseguire alcuna limitazione al diritto di accesso dei consiglieri comunali, poiché tale aggettivo comporta in realtà l’estensione di tale diritto di accesso a qualsiasi atto ravvisato utile per l’esercizio delle funzioni” (Cons. Stato, n. 4525 del 2014, cit.; IV, 12 febbraio 2013, n. 843).

In conclusione, il nesso strumentale si identifica, nella fattispecie di cui trattasi, con l’esigenza di conoscenza degli atti relativi a procedure di assunzione di pubblici dipendenti proprio al fine di eventualmente poter esercitare le funzioni di controllo (mediante interrogazioni, mozioni, interpellanze, ordini del giorno o altra iniziativa che il consigliere ritenga di proporre nel corso del suo mandato) nei confronti degli organi politico-amministrativi.

In conclusione, il Consiglio di Stato accoglie l’appello proposto e, per l’effetto, previa riforma della sentenza, ordina all’amministrazione comunale di Santa Severina di esibire i documenti richiesti dall’appellante con istanza d’accesso del 19 gennaio 2023, come sopra riferito, nel termine di trenta giorni dalla comunicazione della sentenza o dalla sua notificazione se anteriore. 

(…)

Dispositivo

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello proposto lo accoglie e, per l’effetto, previa riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado e ordina al Comune di Santa Severina di esibire i documenti richiesti dall’appellante con istanza d’accesso del 19 gennaio 2023, come riferito in motivazione, nel termine di trenta giorni dalla comunicazione della presente sentenza o dalla sua notificazione se anteriore.

In ultimo, compensa tra le parti le spese giudiziali del doppio grado.

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