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Consiglio di Stato, sez. IV, 30 luglio 2024, n. 6848

- 19 Settembre 2024

SOMMARIO: 1. Massima. 2. Svolgimento del processo. 3. Motivi della decisione. 4. Dispositivo.

Massima

Le sopravvenienze di fatto e di diritto rilevano e devono essere tenute in considerazione durante la fase procedimentale che va dalla presentazione dell’istanza fino all’emanazione del provvedimento conclusivo. Infatti, il principio tempus regit actum impone che al provvedimento amministrativo si applichi la normativa in vigore al momento della sua adozione, pertanto, nell’ambito del procedimento amministrativo volto al rilascio dell’autorizzazione unica ambientale chiesta dal concessionario per la realizzazione di un’opera pubblica non si applica la cornice normativa vigente al momento della stipula del contratto di concessione, bensì quella vigente al momento dell’adozione del provvedimento finale.  Ciò in ragione anche della autonomia che, in generale, il procedimento amministrativo nutre dal contratto stipulato, a maggior ragione quando trattasi di un contratto di durata. Tali considerazioni non contrastano con il principio di insensibilità delle gare pubbliche-procedure concorsuali alle sopravvenienze normative, in quanto principio di carattere relativo, non già di ordine assoluto ed inderogabile, che ammette specifiche deroghe.

Svolgimento del processo 

Le sopravvenienze di fatto e di diritto rappresentano un tema ordinamentale che coinvolge anche il diritto amministrativo, imponendo un bilanciamento tra i principi di economicità, efficienza e buon andamento con i principi di trasparenza, concorrenza, par condicio e affidamento delle posizioni giuridiche soggettive.

La soluzione che viene tradizionalmente utilizzata dalla dottrina e dalla giurisprudenza per determinare la disciplina giuridica applicabile in queste circostanze si fonda sul principio del tempus regit actum.

Tale principio, a seconda della situazione concreta che si verifica, può condurre ad esiti differenti ma pur sempre coerenti con la sua ratio.

È su tale ultima considerazione che sembra prendere forma il ragionamento dei giudici di Palazzo Spada nella sentenza in commento.

Venendo alla fattispecie in causa, nel giugno del 2014, la società appellante presentava presso il Comune una “proposta per la progettazione definitiva ed esecutiva della costruzione e gestione del cimitero comunale” a cui faceva seguito, nel gennaio 2015, l’approvazione del progetto preliminare e la nomina del promotore.

Nel maggio 2018, il Comune pubblicava il bando di gara a oggetto la “Progettazione esecutiva, direzione dei lavori e coordinamento sicurezza, la realizzazione dei lavori e la gestione dell’ampliamento del cimitero comunale” e la procedura veniva aggiudicata, nel dicembre 2018, alla società appellante, con efficacia del provvedimento di aggiudicazione da aprile 2019.

Seguiva approvazione del progetto definitivo e sottoscrizione del contratto di concessione nel dicembre 2019.

Al fine di realizzare un impianto di cremazione di salme e resti morali all’interno del cimitero, nel maggio 2020, l’appellante presentava istanza di autorizzazione unica ambientale (A.U.A.).

Tuttavia, nel giugno 2021, la Regione disponeva la sospensione del procedimento di autorizzazione di cui sopra, in quanto intervenuto l’art. 1, comma 61, della L.R.C. n. 27/2019 che disponeva la sospensione della realizzazione di nuovi impianti crematori.

Sicché il Comune, nel novembre 2021, disponeva la sospensione dei procedimenti di concessione, compreso quello per cui è causa.

A fronte di ciò, la società appellante impugnava, dinanzi al T.a.r. competente, sia la nota regionale di sospensione del procedimento per il rilascio dell’autorizzazione, sia la determina di sospensione del procedimento di concessione.

Nell’ottobre del 2022 il T.a.r. rigettava il ricorso, ritenendo applicabile la normativa regionale sopravvenuta in quanto entrata in vigore prima della conclusione del procedimento di A.U.A.

La società ricorrente proponeva appello contro la sentenza, chiedendone la sua riforma al Consiglio di Stato, articolando in 3 motivi.

In particolare, sosteneva che il T.a.r. avrebbe stravolto il principio del tempus regit actum, ritenendo applicabile una norma sopravvenuta al contratto stipulato precedentemente; avrebbe altresì errato nel non rilevare la violazione dell’art. 21-quater del l. n. 241/1990 per mancata previsione del dies ad quem, nonché la violazione del principio del contraddittorio procedimentale e l’incompetenza della Giunta a sospendere gli effetti del contratto di concessione; avrebbe escluso l’illegittimità della contestata sospensione anche per la parte del contratto, non toccata dalla normativa sopravvenuta, relativa all’ampliamento cimiteriale.

Si costituivano in giudizio il Comune e la Regione, contestando l’appello e chiedendone il rigetto.

In particolare, il Comune eccepiva l’improcedibilità del ricorso introduttivo e dell’appello in quanto l’appellante aveva presentato nuova richiesta di A.U.A. nel luglio 2023, esitata con parere favorevole della Giunta Regionale.

Inoltre, nelle more del giudizio, precisamente nel marzo 2024, intervenivano sia l’approvazione da parte della Provincia dell’A.U.A. per l’impianto di cremazione, sia il Piano regionale di coordinamento per il rilascio delle autorizzazioni ai crematori da parte di Comuni che prevedeva l’assentibilità di detto impianto crematorio.

Con la sentenza in commento, il Consiglio di Stato ritiene infondato l’appello proposto.  

Motivi della decisione

(…)

Il Consiglio di Stato prescinde dalle eccezioni di improcedibilità sollevate dal Comune in virtù del principio della ragione più liquida e affronta direttamente la tematica della rilevanza delle sopravvenienze nel procedimento amministrativo, in relazione anche ad un contratto di concessione già stipulato.

In primis, viene evidenziato che gli impugnati provvedimenti di sospensione presuppongono l’applicabilità dell’art. 1, comma 61, della L.R.C. n. 27, entrata in vigore il 1.1.2020, con cui è stata disposta la sospensione alla “realizzazione di nuovi impianti crematori” fino a quando non fosse adottato dall’amministrazione competente il Piano regionale di coordinamento per il rilascio delle autorizzazioni regionali alla realizzazione di detti impianti, il cui scopo è riordinare la materia nel suo complesso anche in base alle caratteristiche territoriali e alla compatibilità ambientale.

Affermano i giudici di Palazzo Spada che alcun dubbio può sorgere nel caso in esame circa la rilevanza della norma sopravvenuta se si considera, da un lato, che l’istanza per l’A.U.A. è stata presentata dall’appellante successivamente alla sua entrata in vigore e, dall’altro, che il procedimento in contestazione ha una logica autonoma dal contratto stipulato – sebbene ad esso certamente collegata – e incide sugli effetti dello stesso.

E invero, secondo orientamento consolidato del Consiglio di Stato, in tema di sopravvenienze normative, occorre distinguere la fase precedente alla conclusione del procedimento, che si realizza con il provvedimento amministrativo, rispetto alla fase successiva, con la conseguenza che le sopravvenienze, siano esse di fatto o di diritto, debbono essere necessariamente prese in considerazione se intervengono durante la fase procedimentale, cioè prima dell’emanazione del provvedimento finale.

La tesi dell’appellante, basata su una interpretazione del principio del tempus regit actum ancorata alla normativa in vigore al momento della stipula del contratto di concessione, si pone in contrasto con la natura di durata del contratto e con la stessa ratio del principio in esame, che verrebbe violato da una ultrattività normativa illegittima.

Altresì non pertinenti al caso de quo risulterebbero le osservazioni dell’appellante circa l’applicabilità del principio di insensibilità delle sopravvenienze normative nelle procedure di gara e di concorso, come diretta esplicazione del principio del tempus regit actum (in tal senso, Ad.Plen. n. 9/2011).

Specificamente, la tesi dell’appellante non coglie nel segno in quanto, oltre a considerare assoluto il principio di insensibilità delle ius superveniens nelle gare pubbliche, considera equivalenti situazioni invece eterogenee.

Il Consiglio di Stato osserva, infatti, che nell’ambito delle gare pubbliche e dei pubblici concorsi ogni normativa sopravvenuta concernente valutazione di titoli o di votazioni o similari non trova applicazione nelle procedure di selezione già in corso, in quanto occorre considerare l’attività di gara/concorso nel suo complesso, ergo il bando come lex specialis, e non la sequenza di atti autonomi del procedimento, sempre che non sussistano particolari deroghe data la coincidenza dello ius superveniens con l’oggetto specifico del concorso ovvero una diversa scelta legislativa.

Detta fattispecie concreta si differenza dalla fattispecie per cui è causa.

Infatti, l’oggetto della normativa sopravvenuta in contestazione (realizzazione di impianti crematori) in ogni caso avrebbe determinato l’applicazione della stessa, riguardando una fase di attuazione di detti impianti, ergo incidente sull’oggetto specifico della procedura e sul contratto di concessione.

Inoltre, altro motivo, se non il principale, a determinare il rigetto dell’appello è la natura – di durata – del contratto di concessione già stipulato.

Infatti, la norma sopravvenuta ad un contratto di durata già stipulato laddove incida sul rapporto e sugli effetti dello stesso, e non sull’atto in sé cioè sulla sua validità, deve essere necessariamente applicata proprio in ragione del proprio tempus regit actum.

Viene osservato come a sostegno di tale interpretazione si ponga altresì la giurisprudenza civile di legittimità, come è stato sostenuto nelle pronunce in tema di sopravvenienze normative nei contratti di c.d. fideiussione omnibus, di leasing e di mutuo rispetto all’usura sopravvenuta.

Con riguardo alla denunciata violazione dell’art. 21-quater della l. 241/1990 per mancata previsione del dies ad quem nella sospensione del procedimento, il Consiglio di Stato osserva come, da un lato, essa non sia ravvisabile atteso che alla normativa regionale specifica in oggetto non si applica la l. 241/1990 e, dall’altro, la legge regionale ha circoscritto temporalmente la sospensione nella parte in cui ha stabilito che questa perduri fino all’emanazione del nuovo Piano di coordinamento per il rilascio delle autorizzazioni per la realizzazione degli impianti crematori.

Parimenti infondato è stato ritenuto l’ultimo motivo di appello in quanto la scelta della Amministrazione di sospendere l’intero contratto di concessione, e non solo la parte relativa alla realizzazione dell’impianto crematorio, è legittima e corretta al fine di non disarticolare il contratto e non incidere sul relativo oggetto.

(…)

Dispositivo

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull’appello, lo respinge. Compensa le spese di lite.

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